domenica 12 settembre 2010
Le rotte dei nuovi schiavi. Il caso Rosarno
Nei due interventi precedenti (n° 81 e 83 di LPM) abbiamo cercato di richiamare l'attenzione sulla mancanza di scrupoli di un sistema economico che agisce e prospera nella completa illegalità.
Ma non vi è solo un sistema economico che rifiuta ogni regolazione di carattere legale, in spregio ad ogni norma, giuridica ed etica.
Come ha mostrato il caso Rosarno, il mancato riconoscimento dei più elementari diritti umanitari, oltre a saldarsi strettamente a quei settori dell'economia che operano nella più totale illegalità sfruttando il lavoro dei diseredati immigrati, diventa ulteriore fonte di guadagno anche per la criminalità organizzata.
Gli allarmi lanciati dagli osservatori più attenti sulla potenza economica della 'ndrangheta, oltre che sulla sua pericolosità e capacità di infiltrazione nelle iniziative economiche legali sono spesso caduti nel vuoto, tacciati di allarmismo e di sterile professionismo antimafioso. (6)
Possiamo introdurre a questo proposito un invito ad una maggiore attenzione?
In fondo, possiamo considerare l'esemplarità della situazione di Rosarno come una sorta di laboratorio sociale in cui si vedono alcune dinamiche che molto spesso l'opinione pubblica non vuole o non sa cogliere.
La prima, l'abbiamo detto, è quella di una funzionalità di fatto del mercato delle braccia di molti immigrati, soprattutto nei settori in cui lo sfruttamento del fattore della forza lavoro è preponderante rispetto all'impiego di capitale o di macchine, come nell'agricoltura o nell'edilizia o nella manifattura.
La questione di questa sorta di neo schiavitù sembra ben accetta da molti e rubricata spesso come questione di mero ordine pubblico, quando i fenomeni di sfruttamento, di rifiuto dell'estensione dei diritti elementari e di mancata integrazione rendono evidente il problema.
La seconda dinamica, in un cerchio più largo, riguarda la cosiddetta società civile, che non ignora del tutto il problema ma ne trae un qualche beneficio, vendendo beni e servizi ai poveri sventurati che ne hanno bisogno, salvo poi invocare la mano di ferro o attribuire loro tutte le malefatte possibili.
La terza dimensione riguarda diversi settori della Pubblica amministrazione e organi istituzionali che invece di intervenire per attenuare o contrastare lo sfruttamento, dimostrano il loro disinteresse nei confronti di soggetti che evidentemente non hanno alcun santo protettore.
Una quarta dinamica, del tutto sconosciuta ai più, riguarda il ruolo della criminalità organizzata.
La 'ndrangheta all'opera in quel di Rosarno non solo taglieggia, traffica, uccide, minaccia, ricatta, inquina ma estrae valore anche dalla necessità di una massa di disperati che cerca di procacciarsi in qualche modo di sopravvivenza.
Vogliamo provare a disegnare il circuito del valore aggiunto estratto dalle 'ndrine, a riprova dello spirito di intrapresa delle cosche?
Il primo passaggio è quello del possesso della terra. Gli agrumeti e gli uliveti della zona, nelle poche zone fertili per un'agricoltura redditizia, sono passati di mano alle cosche più agguerrite, con i consueti metodi delle minacce e delle compravendite forzate.
Il secondo passaggio è quello degli introiti derivanti dai contributi della Ue all'agricoltura. Come forse non è noto, si è passati dai contributi versati in base ai raccolti effettuati a quelli legati al possesso della terra e al numero di ettari di coltura posseduti. Facile immaginare chi rastrella questi contributi.
Il terzo passaggio è far figurare come braccianti agricoli migliaia di persone che fanno finta di lavorare nella terra e versano da sé i contributi per poi recuperarli ad abundantiam con un welfare piegato all'illegalità e guadagnandoci i sussidi di disoccupazione e gli assegni di maternità e quant'altro.
Il quarto passaggio riguarda gli immigrati, impiegati davvero nella raccolta ma del tutto assenti nelle statistiche ufficiali. In cambio di turni di lavoro massacranti e di pochi euro l'ora, si offre loro, facendoseli pagare a caro prezzo, alloggi fatiscenti, servizi di trasporto per i luoghi di raccolta e taglieggiamenti da parte dei caporali che ingaggiano le braccia. Il risultato è ampiamente positivo per un network di criminali che non esitano a passare a vie di fatto per far abbassare la testa a tutti coloro che cercano di ribellarsi a questo stato di cose.
Alle solite categorie che individuano i proventi delle cosche, oltre al traffico di droga e di armi, di gran lunga le voci più importanti, insieme ai racket, al gioco illegale, al traffico di esseri umani per la prostituzione e al riciclaggio di enormi quantità di denaro, va aggiunta anche la categoria dello sfruttamento al limite dello schiavismo di migliaia di immigrati che vendono l'unica cosa che possiedono: le braccia per lavorare.
Si tratta di una voce che comparata alle altre non offre molti introiti, ma non mettiamo limite all'inventiva delle 'ndrine. I “piccioli” non hanno odore e non hanno confine, come hanno imparato a loro spese i tedeschi dopo la strage di Duisburg.
E infine l'ultimo e più pericoloso aspetto, meno visibile e meno misurabile: fare percepire alle popolazioni residenti la propria forza e la propria impunità nel controllo del territorio.
NOTE
6)Vedi ad es. http://www.crimelist.it/index.php?option=com_content&task=view&id=686&Itemid=371. La fonte principale di riferimento rimane la Relazione finale della Commissione Parlamentare Antimafia del marzo 2008.
Tratto da Rivista Lavoro e PostMercato n° 84
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