domenica 15 maggio 2011

Accesso a Internet nella Costituzione. Una proposta legislativa



Nel corso degli ultimi anni la dimensione della “policy” nella gestione tecnica della rete delle reti è diventata sempre più centrale nelle sedi politiche internazionali come nei contesti nazionali, nel tentativo di allineare i tempi delle decisioni politiche con la crescita tumultuosa della società della conoscenza.

Come da più parti è stato osservato, non è possibile misconoscere le enormi potenzialità legate a Internet in termini di diffusione di conoscenza come non è possibile, per altri versi, esimersi dalla regolazione democratica e trasparente del’intero sistema di garanzie e diritti che la rete richiede.
Nei mesi scorsi, presso la sede italiana dell'Internet Governance Forum (1) che annualmente riunisce attorno a tavoli di lavoro tematici i diversi soggetti (cittadini, enti locali, università e imprese) coinvolti nell'utilizzo e nello sviluppo della rete, è stato presentato il testo di un articolo di modifica della Costituzione italiana, l’art. 21 bis, che espande e precisa il senso della libertà d’espressione e del diritto all’informazione alla luce delle profonde modifiche tecnologiche introdotte dalle reti di telecomunicazione e, in particolar modo, del ruolo di Internet per la conoscenza e l’informazione.

Questo il testo dell’articolo proposto, frutto di un accurato lavoro che ha coinvolto anche il linguista professor Tullio De Mauro: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”.

Per chi ha dimestichezza con la Costituzione si vede che si tratta di un intervento di tutto rispetto, visto che va a incidere sulla Prima Parte della Carta Costituzionale, quella dei diritti e doveri dei cittadini.
Essendo una materia ancora da plasmare, il dibattito tra gli stakeholders e gli esperti si è fatto abbastanza serrato e non sono mancate critiche e distinguo. Prima di affrontarle, è bene capire qual è la ratio di una norma di rango costituzionale come questa.

La collocazione nell’alveo dell’art. 21, infatti, “trasformerebbe” Internet in un diritto fondamentale, una precondizione tecnologica necessaria per la completa applicazione della libertà d'espressione e del diritto ad essere informati, a loro volta condizioni fondamentali per il pieno esercizio della cittadinanza.
Per rendere effettivo questo “complesso” di diritti, diventa indispensabile un intervento pubblico finalizzato a intervenire sul digital divide, il divario digitale.

Com’ è noto il divario digitale ha fondamentalmente due aspetti, uno tecnologico ed uno formativo. Con il primo aspetto si individuano le difficoltà nelle possibilità di accesso alla rete tra cittadini italiani più o meno serviti da connessioni a banda larga; con il secondo aspetto si individua la capacità degli utenti di essere più o meno in grado di utilizzare proficuamente le risorse informative e conoscitive offerte dalle reti di comunicazione.

Come si diceva, le reazioni a questa proposta non sono mancate. Tra i più severi critici coloro che considerano questo tipo di norme come una forma di interventismo statale, inefficace per la natura transnazionale delle reti e pericoloso per le libertà democratiche. Altri l’hanno criticata per la sostanziale inutilità, poiché la lettura combinata degli artt. 21 e 3 della Costituzione sarebbe più che sufficiente a tutelare la libertà di accesso alla Rete.

Per concludere, va detto che la costituzionalizzazione di Internet avrebbe il pregio di offrire una cornice generale alla legislazione ordinaria, evitando i rischi di normative scollegate tra di loro e in contraddizione con i principi democratici fondamentali. Questo tipo di tematiche, però, stenta a trasformarsi in un argomento di dibattito centrale per l’opinione pubblica, come se in fondo si trattasse di mere questioni tecniche che non incidono profondamente sul concreto esercizio dei diritti di cittadinanza e sullo sviluppo degli individui e della società nel suo complesso.
Dovrebbe essere sempre più chiaro, però, che Internet riguarda o riguarderà tutti.



NOTE
1) Vedi http://www.igf-italia.it/. La proposta è stata elaborata dal giurista Stefano Rodotà, attento conoscitore delle problematiche apportate da Internet alle società democratiche. La proposta è approdata in Parlamento ed è contenuta nel disegno di legge 2485 presentato da 16 senatori. La rivista Wired Italia ha lanciato da qualche tempo una petizione online sull’argomento: http://mag.wired.it/news/diritto-internet2911.html.

Tratto da:
Rivista Lavoro e post mercato n. 104

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