mercoledì 28 gennaio 2009

Usi e significati del termine globalizzazione (prima parte)




Tra le tante parole nuove che tentano di dare un qualche senso ai tempi che stiamo vivendo, la parola globalizzazione merita certamente un posto d'onore. Questa parola, balzata prepotentemente all'attenzione di analisti, giornalisti, economisti, politici, è entrata con grande velocità anche nel linguaggio comune.
Per quanto le sue capacità esplicative siano limitate – e alcuni analisti avvertono della scarsa rilevanza euristica del termine -, questo concetto ha scavalcato i più appartati scambi accademici ed è entrato prepotentemente nel dibattito pubblico più ampio, così che nel lessico corrente sta ad indicare processi che investono il mondo intero, appunto nella sua globalità, alludendo al contempo anche alla cifra complessiva che connota la contemporaneità.
Se c'è un'immagine, dunque, che sembra avere la capacità di contrassegnare i tempi che stiamo vivendo, vale a dire quella di un'era globale che coinvolge l'intero pianeta, quella della globalizzazione sembra in grado di suggestionare sia molti teorici che l'opinione pubblica meno avvezza alle raffinate analisi e ai grandi affreschi storici.
Quello che tenteremo con questo intervento è di tracciare una prima road map per orientarci tra i vari significati che il termine ha via via assunto in ambiti disciplinari diversi, al fine di vedere se e in quali termini esso possa essere utile a fornire un'immagine condivisa per la nostra epoca.

Una prima definizione generica di globalizzazione
Una prima, approssimativa, definizione vede la globalizzazione come un processo storico, iniziato da qualche decennio nell'Occidente opulento, di progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali sino ad un livello di tale ampiezza che tendenzialmente arriva a coincidere con l'intero pianeta.
La crescita esponenziale di interrelazioni globali comporta anche interdipendenza globale, per cui può accadere che eventi che si verificano in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni anche in un altro angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi.
Più nel dettaglio, la globalizzazione comprende al suo interno un insieme di fenomeni di elevata intensità e rapidità su scala mondiale, in campo economico, sociale, culturale e ideologico, tendenti a superare le barriere materiali e immateriali (giuridiche, culturali, simboliche) alla circolazione di persone, cose, informazioni, conoscenze e idee.
Pur essendo prevalentemente riferita al campo economico, i fenomeni che vi sono generalmente associati al termine globalizzazione non sono solo economici. Essa ha a che fare sia con le relazioni economiche e finanziarie che con le comunicazioni e l'informazione.
La gran parte degli analisti che si sono cimentati nella ricostruzione degli eventi all'origine del fenomeno della globalizzazione, collocabile per la sua genesi intorno alla fine del 1980, hanno ipotizzato che alcuni eventi storici siano in qualche modo collegabili all'affermazione e all'accelerazione dei processi di interrelazione sistemica tra società ed economie sino ad allora differenziate:
- un ciclo politico-economico nei paesi capitalisti di forte ampliamento della sfera economica privata e un forte ridimensionamento dell'intervento diretto della mano pubblica sia per ciò che riguarda le economie nazionali che le relazioni economiche internazionali;
- la crisi irreversibile e la fine dei sistemi socialisti in Europa orientale, e in particolare del paese guida del sistema socialista mondiale, l'Unione Sovietica;
- la rapida crescita e diffusione di nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni sia nelle attività economiche che nella vita quotidiana, in grado di ridurre drasticamente i tempi, i costi e altri ostacoli tecnici delle comunicazioni a grande distanza.

Tuttavia, in senso strettamente economico-finanziario, la globalizzazione è più precisamente un processo di integrazione economica mondiale, e si manifesta con l'eliminazione di barriere di natura giuridica, economica e/o culturale, alla circolazione di persone, cose e beni economici.
Accanto all'eliminazione delle barriere materiali ed immateriali, con la globalizzazione si assiste, inoltre, all'ampliamento su scala internazionale delle opportunità economiche (aumento di investimenti, produzione, consumo o risparmio in altre realtà economiche), in particolare in relazione alle condizioni di prezzo o di costo.
I settori economici più strutturalmente modificati da questi processi sono quelli legati al commercio internazionale e ai mercati finanziari. In particolare proprio i mercati finanziari, per la loro forma organizzativa e per la particolare natura dei titoli trattati, sono maggiormente sensibili e facilitati nella ricerca di opportunità economiche vantaggiose, e nel contempo hanno potuto sfruttare al massimo grado le innovazioni telematiche per soddisfare queste esigenze.
Una delle conseguenze che i critici più radicali della globalizzazione hanno ritenuto pericolosa, riguarda proprio l'applicazione pedissequa dei principi del liberismo economico, cioè di quel principio che vede nei processi autoregolativi del mercato il miglior sistema di distribuzione della ricchezza, poiché esso porterebbe con sé il miglior rapporto tra fattori produttivi, costi e prezzi finali. Ma considerare il mondo come un unico mercato, in cui astrattamente calare le dottrine iperliberiste del laissez faire, interpretandolo appunto solo come un mercato e come fattore produttivo, significa non tenere conto della diversità delle legislazioni nazionali in tema di tutela del lavoro, della sicurezza, dell'ambiente, ecc.
Le conseguenze di questi processi di sfruttamento sono state un gioco al ribasso in termini di rispetto del lavoro e di salari dignitosi, la delocalizzazione massiccia verso paesi che offrono lavoro a basso costo, scarsi controlli ambientali, nessuna sindacalizzazione e regimi fiscali sgangherati o corrotti. In definitiva, un nuovo sistema di colonizzazione per via economica e non più per via militare; molto più conveniente in termini di accumulazione della ricchezza ma senza gli “effetti collaterali” dell'occupazione militare.

(continua)

sabato 24 gennaio 2009

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato

Lavoro e Post Mercato
Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro

vedi la rivista completa

Rivista n. 54 - del 16-01-2009

Sommario

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Argomento: Laboratorio sociale

Olanda anno domini 2009: italiani? “pagliacci di pasta".

In questi giorni viene trasmesso nelle reti televisive della civilissima, multietnica ed europea Olanda (ricordiamo che i Paesi Bassi furono nel 1957 uno dei sei paesi fondatori dell’allora Comun...

La Redazione (D.P.)


continua...
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Argomento: Rete sociale

Pubblicato il decreto mille proroghe. Importanti novità per il Terzo Settore

Grandi novità con il Decreto Legge 30 dicembre 2008 , n.207 -cosiddetto milleproroghe-pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2008, n.304: "Proroga di termini previsti da disposizioni...

Rita Schiarea

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Argomento: Rete sociale

Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio dell'assistenza domiciliare.

Istituito con il Decreto 17 dicembre 2008-pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.6 del 9 gennaio 2009 il sistema informativo per il monitoraggio dell’assistenza domiciliare
Tale sistema si inseri...

Diego Piergrossi


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Argomento: Evoluzione normativa

Emergenza edilizia scolastica: l'INAIL finanzia progetti di ristrutturazione

Dell’emergenza dell’edilizia scolastica italiana ci si accorge solo davanti ala notizia di tragedie sfiorate o realizzate: dicembre 2008, Biella, crolla l’intonaco di un Istituto tecnico recentemente ...

Pierfrancesco Viola


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Argomento: Evoluzione normativa

Università,Studio e Ricerca convertito in Legge il Decreto 180/2008

E’ stato convertito in Legge -la n.1 del 9 gennaio 2009-, con modificazioni, il Decreto Legge 10 novembre 2008, n. 180 recante: «Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del ...

Giuseppe Formichella

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Argomento: Etica e lavoro

Vizi privati e pubbliche virtù. Quale rapporto tra economia ed etica?

La drammatica crisi finanziaria ed economica globale, che ha il suo epicentro negli Stati Uniti ma che sta via via interessando tutti i sistemi economici mondiali, ha causato una stupefacente conversi...

Antonio M. Adobbato


Argomento: Approfondimento

Usi e significati del termine globalizzazione (prima parte)


Tra le tante parole nuove che tentano di dare un qualche senso ai tempi che stiamo vivendo, la parola globalizzazione merita certamente un posto d'onore. Questa parola, balzata prepotentemente...

Antonio M. Adobbato

domenica 18 gennaio 2009

Come usare le bacchette o chopsticks




Come usare i bastoncini”, “Come usare le bacchette”, “Come fanno i cinesi a mangiare con i chopsticks”? Quante volte ci siamo fatti questa domanda? Anche chi di noi ostenta disinvoltura con le bacchettine, per l’assidua frequentazione del ristorante cinese sotto casa, se l’è domandato spesso. Chiedendosi se quello che aveva imparato “da autodidatta” corrispondesse al vero modo di mangiare “all’orientale”. Vogliamo togliervi una volta per tutte questa curiosità, illustrandovi con questa guida passo passo come potrete sfoggiare un’elegante disinvoltura usando le bacchette cinesi.

I Chopsticks (come si chiamano le bacchette in inglese) sono una coppia di bacchettine di legno di ugual misura. E sono usate come utensile tradizionale da cucina generalmente in Cina, Corea, Giappone, Taiwan e Vietnam. Probabilmente l’uso risale alla Cina antica e l’uso di bastoncini di legno è comune anche in alcune aree del Tibet e del Nepal, quelle più prossime all’etnia cinese Han.

Le bacchette sono comunemente di legno di bamboo o di plastica, ma ne esistono tipi in metallo, avorio, osso e diverse tipologie di legno. Tradizionalmente si reggono con una sola mano, tra il pollice e le dita, e vanno mosse per raccogliere pezzetti di cibo.

Il termine inglese “chopstick” sembra derivi dal Chinese Pidgin English, in cui la parola “chop chop” significa “veloce”. In cinese mandarino le bacchette si chiamano kuàizi 筷子. 筷 è una parola formata da una parte fonetica “快”, che significa veloce, e una parte semantica, 竹, che significa bamboo.



Tenete il primo bastoncino con il dito medio e il pollice. Stringete un po’ la mano per avere una presa salda. Cercate di poggiare la testa del bastoncino nell’incavo formato tra il pollice e l’indice. Appoggiate la parte più sottile del bastoncino sulla cima del dito anulare, e tenetelo in posizione don la punta del medio. (Suggerimento: provate a tenere le bacchette come terreste una penna per scrivere. Dovreste farlo con il vostro dito anulare o medio, accompagnati dall’indice. Posizionate la prima bacchetta e sollevate l’indice e il medio in modo da poter tenere anche la seconda.)



Afferrate la seconda bacchetta con il dito indice. E mettete il pollice sopra il nuovo bastoncino. Aggiustate l’impugnatura usando anche il medio in modo da trovare la posizione più confortevole. Cercate di sistemare il percorso dei vostri chopstick in modo che le parti più sottili possano incontrarsi. Evitando che si incrocino senza toccarsi o che non si riesca a “pinzare” il cibo con la forza sufficiente per tenere un boccone tra le due estremità.


Reggetele in modo saldo. Le bacchette non dovrebbero muoversi mentre tentate raccogliere il cibo. Dovreste tenere ferma la prima bacchetta (quella in basso), mentre muovete la seconda in su e giù col dito indice, usando il pollice come un perno. Quella in altro dovrà rimanere attaccata all’indice, dalla punta e per tutta la prima falange del dito. Il movimento della bacchetta è creato distendendo e piegando l’indice per aprire e chiudere la presa. Accompagnato da una leggera flessione del pollice. (Nota: esistono delle piccole variazioni nei modi in cui può essere tenuto il bastoncino in alto. L’importante è che quello in basso sia tenuto fermo. Trovate l’impugnatura più adatta alla vostra mano).


Fate pratica nell’apertura e nella chiusura delle bacchette. Cercate di evitare che le punte dei vostri bastoncini si incrocino “ad X”: questo renderebbe molto complicato la presa del cibo
Prendete il cibo alla giusta angolazione. Quando il piatto è troppo lontano il cibo è difficile da raccogliere (il cibo orientale, poi, è così maledettamente scivoloso). Un angolo di 45 gradi dovrebbe essere ottimale. Se la presa è precaria, poggiate il vostro boccone e raccogliete di nuovo.
Ed ecco alcuni suggerimenti supplementari:
• La differenza tra un dilettante del cibo orientale e una persona cosmopolita e raffinata passa su quanta disinvoltura avete con le bacchette. Non le tenete troppo in basso, sarete costretti ad immergere le dita nel cibo. Non le tenete troppo in alto, troppo sforzo per un neofita.
• A volte tenere i bastoncini paralleli, potrà aiutarvi a raccogliere il cibo come una palettina. Usatelo per raccogliere il riso.
• Questo è il modo di tenere i chopstick. In realtà sarete bravi solo una volta che sarete in grado di raccogliere il cibo e portarlo alla bocca senza problemi.
• Portatevi le bacchette a casa ed esercitatevi a raccogliere oggetti: una penna, una nocciolina. E provate a cenare senza usare le posate tradizionali.
• Usate una pressione moderata sui pezzetti di cibo. Ferma, ma leggera. Troppa forza potrebbe far schizzare via il boccone lontano.
• Siate pazienti. E ricordate che potrete sempre chiedere un cucchiaio o una forchetta per aiutarvi.
• I bastoncini di legno (quelli di bamboo in particolare) sono i più semplici per cominciare, a causa del loro “grip” all’estremità. Le posate di plastica o di altri materiali sono molto più scivolose. Quelle di metallo (preferite dai coreani) sono le più difficili.

E per finire, qualche piccola avvertenza:
1. Non infilzate il cibo nel piatto, lasciando i bastoncini in verticale, è un insulto al cuoco e un segno di lutto. Quando avete finito di usare le posate, mettetele nel piatto parallele su un lato (anche incrociate sono da evitare decisamente).
2. Non passate il cibo al vostro vicino con le bacchette. Anche in questo caso si cerca di evitare l’analogia con una cerimonia funeraria giapponese, in cui i membri della famiglia si passano il cibo. Se dovete passare un alimento ad un commensale, usate un piatto intermedio e servitevi di utensili per l’operazione. In alternativa, potreste “rovesciare” le bacchette rispetto l’uso comune.
3. L’etichetta in Cina permette di sollevare una ciotola di riso con la sinistra per avvicinarla alla bocca. Ma questa pratica in Corea, per esempio è davvero segmo di maleducazione! La regola è: date sempre un’occhiata a quello che succede intorno. Per l’etichetta giapponese date uno sguardo a questa interessante risorsa

da http://www.gingerandtomato.com/vivere-cucina/come-usare-mangiare-bacchette-bastoncini/

mercoledì 14 gennaio 2009

Forme moderne di esclusione sociale: il caso del digital divide (divario digitale)



L'espressione digital divide, circolata negli ultimi anni, ha una storia tutto sommato breve ma a suo modo significativa.
Questa locuzione, che sta ad indicare la “distanza” - o addirittura l'esclusione - economica, culturale e sociale che si può creare a partire dalla diversità delle risorse a disposizione per l'accesso alla Rete, acquista una rilevanza davvero notevole solo se riflettiamo su quanto Internet renda possibile l'accesso a tecnologie fino a poco tempo fa alla portata di pochi eletti e che adesso sono disponibili per tutti, e su come la Rete offra oggi inedite possibilità di comunicazione, di cooperazione, di condivisione dei saperi, di innovazione e di divertimento.(1)

Queste innumerevoli tecnologie, per essere davvero a disposizione di tutti, dipendono però dal grado di apertura della Rete e a sua volta l'apertura e l'accessibilità dipendono dagli standard tecnici che via via si impongono e dalle leggi che ne regolano il funzionamento.
Le regole di uso della Rete, attualmente, vedono un inasprimento degli aspetti repressivi delle norme e la creazione di specifici standard tecnologici che tendono a limitarne l'apertura e la facilità di accesso, attraverso l'uso di software proprietario con rigidi criteri di usabilità. (2)

Se alla scarsità sull'offerta creata per via artificiale dalle leggi e dai dispositivi tecnici aggiungiamo anche la diseguale distribuzione delle risorse dal lato della domanda, cioè dai fruitori di Internet, si potrà intuire quanto la libertà d'accesso alla rete possa essere sostanzialmente condizionata dalle disuguaglianze di reddito a disposizione, dall'analfabetismo informatico e dalla carenza o scarsità di infrastrutture tecnologiche adeguate. (3)

La situazione in Europa

Qualche mese fa, è stato pubblicato un importante documento della Commissione Europea che presenta i risultati di un'indagine di medio termine intorno allo stato di avanzamento delle politiche europee contro il digital divide – inserite nel più generale progetto denominato i2010. (4)

In esso è possibile ritrovare dati e informazioni provenienti da altri studi svolti dall’Unione su tutti i paesi membri e ci consente di mettere a fuoco alcuni elementi di esclusione sociale per un gran numero di cittadini.
I punti che ci sono sembrati più interessanti sono i seguenti:

Il 2007 è stato un anno importante per la diffusione di Internet in Europa; è stata superata la fatidica soglia del 50% (esattamente il 51%) dei cittadini “connessi”, cioè utenti che navigano in Rete con una qualche regolarità. Tuttavia, come spesso accade, il dato medio europeo nasconde molte differenze fra i diversi stati membri. Secondo uno studio Eurostat citato nel report, in Italia risulterebbe che circa il 34% della popolazione si connette regolarmente a Internet, con una crescita nel periodo 2005-2007 di circa il 6%.
Un dato che non cresce in maniera così rapida come si vorrebbe, anche per ragioni infrastrutturali, è la diffusione della banda larga. Si è infatti notato che fra i fattori che incoraggiano un uso frequente e maturo, qualitativamente diverso, di Internet, vi è l’utilizzo della banda larga, alla cui diffusione è dedicata buona parte del documento che stiamo analizzando.
La penetrazione sulla popolazione della banda larga nei paesi europei è solo del 20% della popolazione in Europa. I paesi con la maggior penetrazione di banda larga sono i paesi nordici, attorno al 30%. L’Italia si colloca sotto la media europea, con solo il 17,3%. Come si vede, siamo ben lontani da cifre da piena inclusione e si può affermare che la diffusione della banda larga nel nostro paese riguarda solo una minoranza.
- Avere o non avere accesso a Internet veloce influenza significativamente i modi d’uso della Rete e dei suoi servizi. Le differenze nell’uso di internet con e senza banda larga non riguardano tanto i servizi più semplici e che richiedono meno banda, come la posta elettronica, ma i servizi avanzati come il download di giochi, musica e film, o l’Ip TV.
Le differenze riguardano anche i modi d’uso all’interno di paesi che hanno livelli d’accesso elevati, laddove possono verificarsi forti disuguaglianze fra territori diversi e il documento evidenzia che differenze davvero rilevanti permangono tra categorie socioeconomiche diverse.
Queste differenze influiscono sul ritmo di sviluppo economico della società, strutturalmente associato all’uso delle tecnologie Ict . e se non si riesce a garantire a tutti non solo la possibilità dell’accesso, ma la possibilità di usare internet in maniera matura, come detto, i rischi di sviluppo diseguale aumentano enormemente.
A incidere sulla diffusione della banda larga vi sono ragioni anzitutto infrastrutturali, con i vari paesi dell'Unione che hanno politiche di sviluppo differenziate e con un'ottica ancora legata alle Reti nazionali. Le tecnologie sono ancora in evoluzione e, specialmente quelle mobili, potranno ancora disegnare un impatto della Rete sulla società che non riusciamo adesso a immaginare pienamente, ma è ragionevole attendersi cambiamenti significativi per le nostre abitudini; senza politiche di inclusione, però, il differenziale fra “alfabetizzati” informatici e “non alfabetizzati” rischia di aumentare.
Le politiche adottate in questo settore mostrano un panorama di luci ed ombre. Alcune sembrano funzionare bene, come ad esempio per l'e-governement. Altre azioni evidenziano un sostanziale fallimento, come quello sull'accessibilità per i cittadini disabili. In Europa solo il 5% dei siti si può definire accessibile, nonostante “La carta di Riga” fissasse come obiettivo il 100% entro il 2008. (5)

La situazione italiana

Nel contesto delle azioni comunitarie progettate per ridurre le disuguaglianze dovute allo sviluppo diseguale della società dell'informazione, l'Italia conserva una sua specificità marcata, dovuta soprattutto ad alcuni problemi storici.
In primo luogo, la grande differenza di accesso alla Rete tra Sud e Nord del Paese.
In secondo luogo, l'assenza di una infrastruttura tecnica che raggiunga i centri piccoli e le località distanti dai grandi centri urbani.
Con il piano eEurope 2002, il Governo italiano ha elaborato un programma pluriennale per superare i cronici problemi infrastrutturali del nostro Paese in termini di facilità e di economicità di accesso alla Rete. Nonostante i passi avanti compiuti, tuttavia, molti studiosi concordano nel ritenere che il vero problema del divario digitale si manifesta soprattutto sul piano della carenza infrastrutturale.
Milioni di cittadini sono esclusi dal collegamento veloce ad Internet, dalla cosiddetta banda larga. Tecnicamente, si definisce banda larga un accesso posizionato intorno ad un valore soglia di circa 1 Mbit/sec.
A questo livello di accesso, la copertura del territorio è costantemente sotto la media europea mentre in alcuni Stati si può già affermare che si è vicini alla copertura pressoché completa.
E' vero, peraltro, che questa copertura è assicurata con un mix tecnologico che in Italia stenta ad affermarsi, dato che solo negli ultimi tempi sembra prendere piede il ricorso alle reti wireless.
La recente disponibilità della tecnologia WIMAX, in grado di superare alcuni problemi strutturali delle reti wifi (come ad esempio l'impossibilità di ricevere il segnale se il ricevente si muove al di sopra di una certa velocità), potrebbe aiutare a risolvere in modo definitivo il problema dell'accesso alla Rete di privati, imprese, ricercatori, scuole, università, ecc. (6)

Oltre un anno fa, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha aperto una Consultazione pubblica sull’introduzione di tecnologie di tipo Broadband Wireless Access (BWA) e nel mese di ottobre 2007 si è tenuta un'asta per la vendita di concessioni delle frequenze ancora libere.
L'asta prevedeva delle concessioni provinciali o regionali di durata decennale, con l'assegnazione ad un WiSP di un'esclusiva del servizio su un determinato territorio.
L'asta si è conclusa nel febbraio del 2008 con l'assegnazione di tutte le licenze, con un incasso per l'erario di circa 136 milioni di euro. (7)
Si spera che l'uso di questa tecnologia possa, se non risolvere l'annoso problema del divario digitale nel nostro paese, almeno alleviarne gli effetti più perversi e porre rimedio alla difficoltà di accesso a quel gigantesco collettore di idee e informazioni che è diventata Internet in questi ultimi anni.



Note

(1)Il termine digital divide è stato usato per la prima volta dall'amministrazione Clinton per indicare la disomogeneità dell'accesso e della fruizione dei servizi informatici della popolazione statunitense. Sull'importanza di Internet per l'economia e la cultura nelle società contemporanee, si veda il fondamentale lavoro di M. Castells, La nascita della società in rete. Egea, Milano, 2000.
(2)E' il caso dei DRM, Digital Right Managements, veri e propri lucchetti digitali predisposti dalle Società produttrici di contenuti audio, video, giochi, ecc. che limitano o impediscono l'accesso a determinati contenuti o prodotti.
(3)In assenza di interventi, il digital divide potrebbe incrementare le già esistenti diseguaglianze di tipo economico. Si pensi a quanto possa incidere in termini di mancato sviluppo la mancanza di reti infrastrutturali di comunicazione per i paesi in via di sviluppo o per interi continenti, come nel caso dell'Africa. Per la gran parte dei paesi poveri, l'assenza o la scarsità di reti di telecomunicazione aumenta in modo drammatico la distanza dai flussi delle informazioni, delle conoscenze e in definitiva della ricchezza connessa al settore delle comunicazioni. Per questi motivi è stato proposto un ambizioso piano delle Nazioni Unite per colmare questo gap. Vedi http://www.un.org/millennium/sg/report/summ.htm. Nel discorso del Millennio dell'allora Segretario K. Annan, si trovano alcune indicazioni sulla diffusione delle ICT nei paesi poveri.
(4)Vedi COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS - Preparing Europe’s digital future -i2010 Mid-Term Review -Volume 1: i2010 — Annual Information Society Report 2008 -Benchmarking i2010: Progress and Fragmentation in the European Information Society. Si trova all'indirizzo:
http://ec.europa.eu/information_society/eeurope/i2010/docs/annual_report/2008/sec_2008_470_Vol_1.pdf.
(5)Vedi http://ec.europa.eu/information_society/events/ict_riga_2006/index_en.htm
(6)Il WiMAX (acronimo di Worldwide Interoperability for Microwave Access) è una tecnologia che consente l'accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga e senza fili. L'acronimo è stato definito da WiMAX Forum, un consorzio formato da più di 420 aziende. Questa tecnologia supporta velocità di trasmissione di dati condivisi fino a 70 Mbit/s in aree metropolitane.
(7)Vedi http://www.comunicazioni.it/ministero/ufficio_stampa/comunicati_stampa/pagina179.html
Per sottolineare l'urgenza del problema del divario digitale, sentita dalle fasce di popolazione più attente alla disponibilità e diffusione delle tecnologie più avanzate, citiamo una battagliera associazione che sul suo sito aggiornatissimo diffonde analisi e proposte sul fenomeno del DD nel nostro paese: http://www.antidigitaldivide.org/index.php?module=CMpro&func=listpages&subid=2
Tra le altre cose, si è fatta promotrice di una campagna per l'abolizione del Canone Telecom e per la riduzione delle tariffe per la connessione ADSL.
Per vedere la copertura territoriale dell'ADSL si veda il portale Alice all'indirizzo: http://adsl.alice.it/assistenza/anti_digital_divide.html

sabato 10 gennaio 2009

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato n° 53

Lavoro e Post Mercato
Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro



Rivista n. 53 - del 01-01-2009

Sommario

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Argomento: Laboratorio sociale

Nuovi "progetti" per le minoranze linguistiche

La Direzione Generale del Ministero dell'Istruzione e della Ricerca, ha approvato il 'Piano di interventi e di finanziamenti per la realizzazione dei progetti presentati dalle istituzioni scolastiche ...

La Redazione (R.S.)


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Argomento: Laboratorio sociale

"Bonus famiglia": destinatari ed istruzioni operative

Il bonus, il cui ammontare può variare da 200 fino a 1.000 euro in considerazione sia del reddito sia dei componenti del nucleo familiare, può essere richiesto dai cittadini residenti, lavoratori e pe...

Diego Piergrossi


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Argomento: Rete sociale

Forme moderne di esclusione sociale: il caso del digital divide (divario digitale)

L'espressione digital divide, circolata negli ultimi anni, ha una storia tutto sommato breve ma a suo modo significativa.
Questa locuzione, che sta ad indicare la “distanza” - o addirittura l'...

Antonio M. Adobbato


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Argomento: Formazione

Dismissioni d apparecchiature elettroniche (PC) ed obblighi di sicurezza

Pc da rottamare: indicazioni dal Garante per la Privacy


Il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato un provvedimento, pubblicato nella GU n. 287 del 9 dicembre 200...

Giuseppe Formichella



Argomento: Formazione

Dati personali ed investigazioni difensive: al via il Codice per il trattamento

Novità in Gazzetta Ufficiale in tema di trattamento dei dati nel delicatissimo ambito delle investigazioni difensive: è stato publicato in data 24 dicembre 2008 (GU n.300/2008) il Decreto Ministeriale...

Rita Schiarea


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Argomento: Evoluzione normativa

Misure urgenti in materia di semplificazione normativa

Importanti novità in materia di semplificazione normativa: dal 22 dicembre 2008 è in vigore il Decreto Legge n. 200 (appunto del 22 dicembre 2008) recante "Misure urgenti in materia di semplific...

Alba Caiazzo

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Argomento: Evoluzione normativa

Modello per il credito di imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo

Il formulario può essere presentato a partire dalle ore 10:00 del 28 gennaio 2009, utilizzando il software denominato "CREDITOFRS" che sarà reso disponibile gratuitamente a partire dal 22 ge...

Pierfrancesco Viola

sabato 27 dicembre 2008

Come combattere le paure planetarie (seconda ed ultima parte)


Altro aspetto che il summit ha cercato di analizzare è quello relativo ai processi di globalizzazione in corso, soprattutto a partire dai flussi economici, di immigrazione e multiculturali nei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo.

A questo proposito, Bill Emmott, economista inglese, ha osservato che gli eventi che si sono verificati negli ultimi tempi nei mercati internazionali hanno ulteriormente amplificato sui media un sentimento di paura per i processi della globalizzazione. Ciò significa che i processi di globalizzazione sono la causa delle crisi dei mercati finanziari? A parere di Emmott, i fenomeni attuali sono intrinseci al capitalismo e non sono generati dalla globalizzazione; ciò che è cambiata, invece, è la percezione di questi fenomeni, dato che si rimane spesso ancorati a livello locale o nazionale. Da paladino del liberismo, conclude che la globalizzazione produce e diffonde benessere con grande rapidità, ma le turbolenze del capitalismo sono dovute ai suoi meccanismi interni, solo parzialmente correggibili.

A Emmott sembra rispondere Cristine Loh, Cina, capo dell'ufficio esecutivo del Civic Exchange, che auspica lo sviluppo di sistemi di collaborazione per incrementare le possibilità di dialogo tra tutte le nazioni. A questo proposito, sostiene la diplomatica cinese, è indispensabile riprogettare molte delle organizzazioni internazionali coinvolgendo anche i paesi emergenti. Daniel Bell, uno dei primi teorici della globalizzazione, che attualmente insegna in Cina, nel suo intervento al summit, ha argomentato come proprio in Cina si sia scelta una strada completamente diversa rispetto all'Occidente per contrastare l'ansia, dato che si sta operando per il ritorno alla tradizione confuciana vista come rimedio significativo nel processo di “detotalitarizzazione” che sta vivendo il gigante asiatico.

Un altro prestigioso economista, Jacques Attali, francese, avanza il sospetto che si sia passati da un'economia dell'ottimismo e della crescita ad un'economia della paura; questa paura, sostiene Attali, è il portato di una precisa scelta storica, l'adesione ad un modello di crescita centrato sul mercato, fisiologicamente basato sulla libertà, ma anche sulla precarietà e sul rischio. Anche la crisi attuale è inevitabilmente connessa con la paura, dato che le dinamiche psicologiche e i sentimenti sociali influenzano nel profondo le dinamiche economiche.

Ashis Nandy, sociologo e psicologo del Center for the Study of Developing Societies, India, concordando con le analisi di Attali, nota però che anche in questo caso si è verificata un certa autoreferenzialità dell'Occidente e che quando si è parlato dell'era dell'ansia, a partire dalle celebri analisi di E. Fromm, con il suo individualismo e l'avvento di una civiltà urbano-industriale, la parola timore riconduceva alla paura della solitudine, dell'alienazione, dell'anonimato, della perdita della consapevolezza. Coloro i quali parlavano di queste paure non prendevano in considerazione le paure meno rispettabili che si percepivano nelle terre più lontane dall'Occidente, come la fame, la perdita di dignità, dell'identità, l'umiliazione: erano considerati come sottoprodotti, come conseguenze di una fase storica ormai superata.

Per Gary Becker, premio Nobel dell'economia, tra le altre cose quello di cui si ha paura oggi è la disoccupazione dovuta all’utilizzo della manodopera in Cina o in altri Paesi in via di sviluppo e il dilagare della crisi dei mercati finanziari. Per Becker, il fattore centrale su cui puntare è la formazione: l’ignoranza porta alla paura e al disorientamento. Le persone devono credere nel ruolo dell’istruzione e della formazione professionale, per rendersi utili alla società e al superamento delle ansie contemporanee.

Infine, tra i traguardi che il Summit si è posto c'è anche quello di immaginare quale potrebbe essere l'evoluzione futura del concetto della paura, soprattutto in relazione al ruolo che la tecnica e la scienza giocano nell'alimentarla o nel contrastarla.

Due ci sono sembrati gli interventi più interessanti: quello di A. Giddens, teorico della terza via, saggista e politologo e quella di E. Boncinelli, scienziato di grande notorietà.
Il primo, prendendo ad esempio i rischi dovuti al global warming, nota come gli atteggiamenti di reazione al problema siano sostanzialmente di tre tipi: gli scettici verso il rischio, i profeti di sventura e gli scienziati.
Gli scettici dicono che non c'è un rischio per l'umanità e sostengono che non è il caso di preoccuparsi. Poi c'è la visione dei profeti di sventura: più il gas serra resta nell'atmosfera, maggiori saranno i danni. Questo è l'atteggiamento più frequente nell'opinione pubblica. Si tratta di una visione convenzionale, influenzata dal movimento verde. C'è di fatto un terzo gruppo di opinionisti: i radicali. Loro non sono giornalisti, osservatori casuali, ma sono scienziati. Secondo questo gruppo, il fenomeno del surriscaldamento globale è inquietante e procede velocemente. Non seguirà un percorso graduale, una crescita esponenziale, ma sarà improvviso, con conseguenze drammatiche.
Uno dei motivi per cui si ha paura è che molti fraintendono la natura del rischio, come nei comportamenti paradossali seguiti all'attacco alle Twin Towers: la reazione a quegli attacchi è stata di smettere di volare; il risultato è che si è preferita la macchina e quindi ci sono stati molto più incidenti stradali, con vittime che prendendo l'aereo si sarebbero forse salvate. In definitiva, conclude Giddens, la percezione del rischio non è comparabile con il rischio reale.
C'è poi il tema dell'amplificazione delle paure da parte della politica e dei media. I politici le amplificano per il proprio tornaconto.
Come si risponde al rischio in modo proficuo, si chiede Giddens? Introducendo più politica, una migliore politica, oltre gli schemi consueti e a cui siamo abituati. Bisogna abbandonare la solita politica che non ci farà considerare il cambiamento climatico come problema primario. Il cambiamento climatico non rientra in una categoria di destra o di sinistra. Occorre una visione radicale, che sarà la chiave della politica del futuro.
Per Boncinelli, dell'università Vita-Salute di Milano, le promesse mirabolanti del positivismo ottocentesco non sono state mantenute e la scienza non ha garantito a tutti felicità e saggezza. Provoca invece, la scienza, un crescente timore se non addirittura paura ma la paura, dice lo scienziato, è la peggiore ricetta. La scienza è molte cose insieme: primo, non è definitiva ma è affidabile ed è fonte di molte applicazioni pratiche ed utili; chi ieri nasceva miope era handicappato, oggi no. In secondo luogo è – o dovrebbe far parte a pieno titolo del processo culturale – ma in Italia accade raramente. In terzo luogo, è una forma mentis che aiuta lo spirito critico e che aiuta a giudicare ed a essere giudicati. Poi, riferendosi al suo campo specifico di interesse, molto resta ancora da fare e da studiare, dice Boncinelli. Noi conosciamo del nostro patrimonio genetico solo il 3% e il resto deve essere ancora studiato e compreso. C'è ancora molto da conoscere; chi agita la paura è perchè spesso ha solo l'intenzione di esercitare un controllo sociale e di mantenere intatto il suo potere.

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Bibliografia essenziale

Bauman Z., Modus Vivendi. Inferno e utopia nel mondo liquido,Laterza, Bari, 2007

Becker G. S., Il capitale umano, Laterza, Bari, 2008

Bell D.A., China's New Confucianism: Politics and Everyday Life in a Changing Society, Princeton University Press, Priceton, 2008

E. Boncinelli, E. Severino, Dialogo su etica e scienza, Editrice San Raffaele, Milano, 2008

Castel R., La discriminazione negativa. Cittadini o indigeni? Quodlibet, Macerata, 2008

Furedi F., Invitation to Terror, Continuum Press, London, 2007

Furedi F., Politics of Fear, Continuum Press, London, 2005, second edition, Continuum Press, 2006

Giddens A., L' Europa nell'età globale, Laterza, Bari, 2007

Hillman J., Un terribile amore per la guerra, Adelphi, Milano, 2005

Maffesoli M., La trasfigurazione del politico. L'effervescenza dell'immaginario postoderno,Bevivino, Milano, 2008

Nandy A., Time Warps: The Insistent Politics of Silent and Evasive Pasts, Permanent Black, Delhi, 2001;

Natoli S., La mia filosofia. Forme del mondo e saggezza del vivere, ETS, Pisa, 2008

martedì 23 dicembre 2008

Rapporto Caritas sulla povertà e sull'esclusione sociale in Italia


Lo scorso 17 ottobre, come si fa da ormai 16 anni, si è celebrata la Giornata Mondiale della Povertà.
L'origine di questa ricorrenza risale a qualche anno prima, al 1987. In quell'anno, migliaia di persone si riunirono in un locale parigino – la città della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo - per ricordare al mondo le persone che soffrono la fame e che sono in condizioni di povertà.
Qualche anno dopo, nel dicembre del 1992, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, proclamò il 17 ottobre come la la ricorrenza dedicata alla Giornata Mondiale di lotta alla povertà.
E' importante sottolineare che l'organismo promotore sia l'ONU, perché solo con una visione globale, planetaria, si può comprendere il fenomeno della povertà e della sua estensione.

Pensare globalmente ed agire localmente, si è detto spesso in passato; questa ricorrenza, se non vuole rischiare di essere la solita celebrazione un po' retorica, va concepita non solo come la somma delle pur lodevoli azioni tese al contrasto delle situazioni che emergono come le più gravi e problematiche ma come l'occasione preziosa per operare un serio ripensamento della distribuzione delle risorse, anche in relazione alla considerevole diminuzione dei flussi di donazioni che provengono dal settore privato. (1)

In occasione della giornata mondiale della povertà, è stato presentato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Zancan anche il nuovo Rapporto sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia.
Si tratta di un appuntamento ormai ricorrente e riguarda uno dei pochi osservatori privilegiati nel nostro paese sulla distribuzione delle risorse di assistenza per le fasce più a rischio della popolazione italiana.
Le cifre sono impressionanti e testimoniano una persistenza del fenomeno della povertà nel nostro paese e il sostanziale fallimento delle politiche di intervento assistenziale. Secondo questo nuovo Rapporto, è da considerarsi povero il 13% della popolazione italiana (7,5 milioni di persone), dovendo sopravvivere con meno della metà del reddito medio italiano, vale a dire con meno di 500-600 euro al mese. Ma ci sono almeno altrettante persone che sopravvivono con poco di più e che superano la soglia di povertà di una cifra compresa tra 10 e 50 euro al mese. Quindici milioni in tutto. E l’Italia, ci dice questo Rapporto, è diventato un paese dove le disuguaglianze si approfondiscono progressivamente e dove la «mobilità sociale» non esiste.
A tal punto che è il cosiddetto working poor ad essere diventato una realtà nel nostro paese; in una grossa ricerca commissionata dalla CGIL, e che ha coinvolto circa 100 mila lavoratori, oltre il 40% degli intervistati è sulla soglia della “povertà relativa” , soglia che l'ISTAT posiziona intorno ad un reddito disponibile di 1200 euro per un nucleo familiare di tre persone.
Le fasce di popolazione a maggior rischio sono oggi le persone non autosufficienti e le famiglie con più figli.
Avere più figli, in Italia, espone ad un maggior rischio di povertà, visto che nel nostro Paese è da considerarsi ufficialmente povero circa il 30% delle famiglie con 3 o più figli. La metà delle famiglie che si trova in questa situazione, peraltro, è concentrata al Sud. Se pensiamo alle scarse opportunità offerte a questi bambini e ragazzi, si vedrà che la situazione rischia di diventare drammatica. (2)

Operando un semplice raffronto con altri Stati europei, si vede che altrove accade esattamente il contrario, dato che la mano pubblica provvede alle famiglie numerose: più figli si hanno, minore è il tasso di povertà.
La situazione degli anziani non autosufficienti è più difficile soprattutto al Nord. Secondo gli ultimi dati disponibili, dal 2005 al 2006 la percentuale di poveri con 65 anni e più sul totale dei residenti (povertà cosiddetta relativa) è passata da un valore di 5,8 a 8,2.

Perché non si riesce a incidere su questi fenomeni, nonostante la conoscenza dei dati e degli studi sull'argomento? Secondo questo rapporto, ciò è dovuto a due cause principali, oltre all'insipienza degli interventi: la scarsità delle risorse e il loro cattivo utilizzo.
Presa nel suo complesso, la spesa per la protezione sociale in Italia è sotto la media Ue sia in termini di incidenza sul PIL ,sia in termini di spesa pro capite.
Nel complesso dei Paesi Europei, prendendo a riferimento l'Europa a 15, l'Italia è il paese europeo in cui i trasferimenti di risorse hanno il minor impatto nel ridurre il fenomeno della povertà, mentre altri paesi sono in grado di abbatterla della metà.
Poiché i trasferimenti monetari costituiscono la voce principale di spesa, il Rapporto suggerisce di percorrere una strada alternativa a quella praticata finora. Invece di affidare ai trasferimenti monetari il compito di intervenire sulle situazioni di bisogno, occorrerebbe invece aumentare le forme di aiuto attraverso i servizi, oltre che a decentrare la spesa sociale.(3)

Un elemento di particolare interesse del Rapporto che stiamo qui presentando sinteticamente, riguarda l'uso di indicatori per il confronto sulle diverse dimensioni della povertà e sulla comparazione operata tra diverse regioni. (4)
L'analisi comparativa ha mostrato con sufficiente precisione la conferma del divario tra Nord e Sud, pur in presenza di una certa eterogeneità all'interno delle diverse aree. In Sicilia, ad es., ha inciso favorevolmente la spesa per assistenza domiciliare, mentre in Sardegna lo sviluppo dei servizi sociali ha posizionato la Regione in alto nella graduatoria.

Nel caso della povertà infantile, troviamo la consueta polarizzazione Nord-Sud, con lo svantaggio maggiore del Sud rispetto a tutti gli indicatori, e in particolare rispetto alla disoccupazione femminile di lunga durata, alla condizione abitativa e alla mortalità infantile. Complessivamente, solo il Lazio ha avuto significativi miglioramenti nell'affrontare le situazioni di maggior disagio.

Le politiche di lotta al rischio di esclusione e le misure anti-povertà non sono un ambito di esclusiva pertinenza del governo centrale e per questo si è provveduto ad un monitoraggio sulla pianificazione sociale decentrata. Le strategie messe in atto dai sistemi amministrativi locali, relativamente a questo aspetto così in sofferenza del nostro welfare, vedono in prospettiva l'integrazione tra sistemi locali e una diminuzione di trasferimenti alla persona.
Tuttavia, ci sono territori in cui resta fuori da questa cornice di programmazione una discreta parte dei finanziamenti finalizzati alla gestione di azioni di welfare ed altri invece in cui il piano riveste una effettiva centralità e capacità di catalizzazione delle dotazioni finalizzate alle politiche sociali.

Le tipologie di servizio che più immediatamente possono riferirsi alla lotta all’esclusione possono identificarsi con i sussidi economici e con gli interventi volti a contrastare le emergenze sociali più acute, entrambi presenti in più di sei piani su dieci. (5)

Dalla varietà delle situazioni e delle strategie di intervento emerge la necessità di rivedere il nostro sistema di Welfare anche relativamente a questo settore, mentre si è sempre privilegiato, e più volte si è intervenuti, sul sistema previdenziale.

Se a questi dati si aggiunge la radicale trasformazione dei bisogni sociali negli ultimi decenni relativamente alla composizione demografica della popolazione, al suo invecchiamento progressivo, alle politiche di riduzione dei deficit pubblici anche con i tagli draconiani agli interventi, si vede quanto sia necessario immaginare un nuovo sistema di protezione sociale per le persone più in difficoltà e quanto sia indispensabile un riorientamento generale nell'acquisizione e nella distribuzione delle risorse.

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NOTE

(1)Qualche tempo fa il New York Times ha riportato la notizia, apparsa sul sito di Givin Usa Foundation, che riportava alcune stime su una drastica contrazione delle donazioni da parte dei privati. V. http://www.givingusa.org/gusa/mission.cfm.
Il 2010, su decisione del Consiglio dell'Unione Europea, sarà l'anno della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, con l'obiettivo di riconoscere i diritti e la capacità delle persone escluse di svolgere un ruolo attivo nella società, di ribadire la responsabilità di tutti gli attori sociali nella lotta contro la povertà, di promuovere la coesione sociale e diffondere le buone pratiche in materia di inclusione.
(2)Vedi il nostro intervento sul n° 42 di Lavoro e Post Mercato del 16/7/08, “La condizione dei minori in Italia – Pubblicato il 4° rapporto del gruppo CRC.: http://www.lavoropostmercato.org/rivista.php?arg=3&art=383
(3)Per servizi si possono intendere forme strutturate di aiuto che vanno dagli interventi domiciliari a interventi intermedi o territoriali, come i centri diurni o i servizi educativi, a interventi residenziali, come le case famiglia, le residenze per persone non autosufficienti ecc. Per un esame più dettagliato delle proposte concrete, invitiamo a leggere direttamente il Rapporto, soprattutto in relazione alla possibilità di riallocare le risorse senza per questo aumentare la spesa pubblica.
(4)Questo confronto è stato reso possibile dall'uso degli indicatori elaborato dal Consiglio Europeo di Laeken-Bruxelles nel dicembre 2001 e poi diventati il punto di riferimento nell'analisi e nelle ricerche sull'esclusione sociale. Sono 18 indicatori statistici, suddivisi in primari e secondari, e prendono in esame, per citarne alcuni, i redditi disponibili dopo i trasferimenti pubblici, la loro distribuzione, il tasso di disoccupazione, la speranza di vita alla nascita, l'auto percezione dello stato di salute, ecc. Le definizioni esatte di questi 18 indicatori sono riprese in allegato al rapporto del Comitato della protezione sociale: http://europa.eu.int/comm/employment_social /soc-prot/soc-incl/indicator_fr.htm. Due "statistiche in breve" (8/2003 et 9/2003) recentemente publicate da Eurostat, l’ufficio statistico dell’UE.
(5)Per quanto concerne i trasferimenti monetari, il primato di una maggiore diffusione è detenuto dalle zone del Veneto (82,4%), dell’Emilia Romagna (80,8%) e della Liguria (77,8%). Superiore al dato medio anche la situazione degli ambiti lombardi (72,7%), abruzzesi (72%), e toscani (71,4%). Tra i dati disponibili per le aree meridionali, si può cogliere la netta diversificazione tra il dato pugliese, in linea con la media nazionale, e quello lucano, che fa registrare la percentuale più bassa (16,7%).