mercoledì 12 novembre 2008

Quanto vale una laurea? Curriculum ed esperienze di lavoro



La forma moderna che hanno preso le autobiografie professionali, in specie i curriculum vitae , di cui esistono ormai mitiche versioni on line, mette in luce come negli innumerevoli esemplari di CV che circolano per le aziende si strutturi in modo del tutto peculiare il legame tra una pletora di titoli e una desolante mancanza di esperienza. (1)

Anche non prendendo molto sul serio la paradossale domanda sul mercato di giovani laureati a cui si chiedono esperienze degne di manager di alto profilo, e a cui si offrono al massimo degli stages non retribuiti , come se la retribuzione non fosse un argomento abbastanza nobile per parlarne, di stages non retribuiti c'è una richiesta altissima, per la nota legge della scarsità in economia: visto che di lavoro vero e retribuito ce n'è poco, ci si accontenta con un surrogato. Poi si propala la notizia che c'è una relazione tra lo stage e l'occupazione e voilà, il gioco è fatto: ci si è assicurati quel che un tempo si chiamava forza lavoro qualificata a un prezzo quasi irrisorio.

In tutto ciò risalta la risposta che i giovani laureati offrono alla richiesta di esperienza con una specie di mossa del cavallo, vantando un impressionante accumulo di titoli e di specializzazioni.
Siccome non si sa cosa può andar bene, oltre alla laurea e ai post laurea, ci si mette dentro il servizio militare, la patente di guida (regalata dalla nonna), lo stage estivo presso il villaggio turistico e via elencando. Poiché spesso si ritiene che essere laureati e specializzati sia sempre troppo poco, si infiocchetta la “proposta di collaborazione” - eufemismo socialmente accettato al posto di assunzione o contratto a tempo indeterminato - con una auto attestazione di “particolari attitudini relazionali” o con la dichiarazione “arma fine di mondo”, che si spera possa fare breccia nel gelido cuore dei selezionatori, quando si dichiara di prediligere i lavori di gruppo (scrivendo rigorosamente team working, locuzione magica) ma di essere anche pronti ad assumere su di sé il cilicio dell'autonomia....

Quando poi si va a spulciare nel catalogo delle lauree, dei master e delle specializzazioni che i candidati offrono speranzosi per non farsi cestinare al primo colpo d'occhio, risalta la difficoltà a specializzarsi realmente in un definito settore di lavoro. Si procede per tentativi ed errori, in un itinerario della speranza o della paura e non in quello irregolare e confuso di una creatività che cerca faticosamente se stessa.

In questo sistema i tentativi di specializzazione professionale non servono per stare sul mercato, evidenziando il circolo vizioso del regime del lavoro professionalizzato nel nostro paese, dove contano e comandano gli ordini e le corporazioni professionali, le caste sconosciute e non stigmatizzate quanto quelle politiche o sindacali. Si può qui vedere, quasi allo stato nascente, come ci siano moltitudini di persone che si affacciano sul mercato del lavoro vantando nei loro curricula un grado di specializzazione, e di varietà di competenze, di gran lunga maggiore della generazione che li ha preceduti; tuttavia, esso non basterà loro per garantirsi un tipo di reddito non diciamo dignitoso ma una remunerazione che sarà invece molto somigliante a quei casi che in passato sarebbero spettati ai soggetti marginali del mercato del lavoro, con occupazioni instabili e senza alcuna specializzazione.(2)

Classicamente, la laurea valeva come rito di passaggio nell'età adulta, nella responsabilità professionale e nella collocazione di status. Di tutto questo non è rimasto molto, visto che l'ingresso nel mondo adulto (ma possiamo dire gerontocratico, parlando dell'Italia) è rinviato a tempo imprecisato e come rito di passaggio la laurea sembra quasi valere al contrario: invece di conseguire un'identità e un ruolo sociali, si acquisisce uno status di incertezza e di instabilità, economica e di ruolo. Oggi, il rito della professionalizzazione si compie ancora in qualche modo ma, a differenza del passato, termina con la riduzione ad incertezza dell'iniziato e non con un suo accrescimento o una modifica evolutiva del suo status.

Allora, davvero, ci si deve chiedere: a che vale la laurea?

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NOTE

(1)Il curriculum vitae, spesso abbreviato in CV, di solito compilato nella ricerca di un primo o di un diverso lavoro, è l'abbreviazione di curriculum vitae ed studiorum, quindi comprende l'esperienza di vita e di lavoro insieme al corso di studi e di specializzazioni professionali.
Per farsi un'idea del peso che si attribuisce al CV e ai consigli su come stilarlo si può dare un'occhiata qui: http://www.ottimizzare.com/curriculum_vitae/, uno dei tanti siti che offrono consigli e “dritte”, gratuitamente e non. Per vedere come si compila un CV con standard europeo, v. http://www.europass-italia.it/.
Secondo uno studio dell' Ires-Cgil, tra il 2002 e il 2006 gli operai hanno subìto una riduzione del reddito disponibile pari a 2050 euro, mentre liberi professionisti e dirigenti si sono ritrovati 12.200 euro in più. Dunque la classe media e bassa ha perso potere d' acquisto. E i giovani? Sono sempre più sacrificati. «Chi ha sotto i 32 anni guadagna in media 800 euro netti al mese - spiega Agostino Magale, direttore dell' Ires Cgil - e chi ha una laurea in tasca oggi ha una paga inferiore rispetto a chi è andato a fare l' operaio anni prima». E i dati di OD&M lo confermano. Gli stipendi dei neolaureati sono andati giù del 7,8 per cento. Peggio ancora per chi ha dai tre ai cinque anni di esperienza (che ha visto diminuire la retribuzione in termini reali del 13,1 per cento), essendo entrato nel mercato del lavoro proprio quando l' economia andava male. Ma il dato sorprendente è che oggi i neolaureati guadagnano in media 23mila euro, dunque poco più di un operaio (22.736 euro l' anno comprensivi però di premi e straordinari). «La laurea non paga più perché si sta abbassando il livello di ingresso»- spiegano a Od&M - Soprattutto le piccole aziende, per ridurre i costi, preferiscono assumere diplomati. è vero però che nel lungo periodo un diploma di laurea è quello che fa scattare gli aumenti e dunque crescere la retribuzione». Nell' universo giovani solo stati infatti solo i non laureati (con uno o due anni di esperienza) che tra il 2001 e il 2006, sono riusciti a difendere un po' il potere d' acquisto. Che cosa è accaduto in questi anni? Per Agostino Megale la risposta è una sola. «Dal 1993 al 2003 - spiega il direttore dell' Ires Cgil - su 21 punti di aumento della produttività solo 3 sono andati ai lavoratori, gli altri sono andati tutti ai profitti. è giunta l' ora di invertire la tendenza»
(2)Secondo uno studio dell' OD&M del 2007 sulle retribuzioni in Italia, i giovani sono sempre più penalizzati in ambito retributivo. “Chi ha sotto i 32 anni guadagna in media 800 euro netti al mese, dice Agostino Megale, direttore dell'IRES-CGIL commentando questi dati, e chi ha una laurea in tasca oggi ha una paga inferiore rispetto a chi è andato a fare l'operaio l'anno prima.”.I dati OD&M lo confermano.

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