domenica 11 aprile 2010
Le rotte dei nuovi schiavi. Le navi negriere
Iniziamo questo intervento con una citazione storica, almeno per ricordare a noi tutti che ci sono fenomeni che vengono da lontano e che un po' di studio e di buona memoria dovrebbero servire per farne buon uso e orientarsi nel presente.
Nel 1781 il capitano Luke Collingwood, al comando della nave negriera Zong, poiché la neve era fuori rotta, con poco cibo e scarse riserve d'acqua, ordinò al suo equipaggio di gettare a mare, al largo dei Caraibi, 132 africani vivi e incatenati ai loro ceppi.
Alla base della sua decisione c'era il fatto incontrovertibile per gli usi dell'epoca che il suo carico umano – o per meglio dire, la merce – sempre più avariato e debilitato per gli stenti, sarebbe perito prima di giungere a destinazione e per questo semplice motivo l’assicurazione non avrebbe pagato lo spettante agli armatori della nave.
Ciò che portò alla ribalta il caso fu il processo che seguì, a Londra, rifiutandosi appunto l’assicurazione di pagare le “perdite” dello Zong.
Dell’episodio esistono resoconti e documenti di archivio; ad esso si riferiscono saggi assai rilevanti nella storia dell’abolizione della schiavitù. (1)
Ad oltre due secoli di distanza, possiamo affermare che le navi negriere non solcano più i mari con il loro triste carico di sofferenza e di sfruttamento?
Diciamo che non esistono più armatori, capitani ed equipaggi, oltre a compagnie assicurative e governi compiacenti, che si muovono alla luce del sole e nella piena legalità per rifornire di forza lavoro a bassissimo costo le coltivazioni e le manifatture più pesanti.
Se c'è un cambiamento, evidente, è che gli schiavi non vengono prelevati alla fonte, con dispendio di patrimoni e di energie per armare le navi e per attrezzare gli equipaggi. Essi, adesso, vengono nel primo mondo spontaneamente, sulle carrette del mare più inverosimili, dopo aver passato a rischio della vita mesi di spostamenti dalle lande più desolate dell'Africa, e dal terzo e ultimo mondo, in cerca di una occasione di sopravvivenza, per sfuggire alla guerra, alla fame o alla persecuzione politica.
Se sopravviveranno agli stenti e al capriccio dei nuovi negrieri che si occupano dei loro spostamenti dai loro sperduti villaggi dopo aver lasciato alle spalle una famiglia ancora più povera dopo la loro partenza,se riusciranno a superare indenni gli spostamenti con ogni mezzo dal deserto, se finalmente riusciranno a trovare una qualsiasi imbarcazione o un mezzo di trasporto che li traghetti nel primo mondo dopo aver pagato una cifra enorme per le loro scarsissime possibilità, se saranno riusciti a sbarcare su una qualche spiaggia del primo mondo con le ossa intatte e senza essere annegati nella traversata, allora può darsi che riusciranno a trovare un qualche lavoro che gli consentirà di sopravvivere e di comprarsi da mangiare e da bere e poco più. Sempre che non vengano intercettati prima dell'arrivo e non vengano internati – eufemismo che sostituisce segregato – in un qualche CIE dove si troveranno in totale sovraffollamento e condizioni di prigionia senza condanna e senza processo.
Invito a guardare le immagini degli interni di una nave negriera (2).
Assomiglia come una goccia d'acqua agli spazi dei CIE e ai poveri giacigli dei capannoni abbandonati dove trovano rifugio.
Come quel capannone abbandonato nelle campagne di Rosarno (RC), Italia, dove alloggiavano centinaia di immigrati in condizioni igieniche ed abitative che l'organizzazione MSF, Medici senza frontiere, ha paragonato alle condizioni dei profughi sparsi nelle varie zone del mondo.
La cronaca è troppo nota, per richiamarla qui. Basta un semplice accenno alla miccia che ha fatto deflagrare il conflitto tra migranti e popolazione locale. Dalle ricostruzioni fatte ex post pare che la rivolta degli immigrati sia stata scatenata dalle provocazioni di alcuni giovani del luogo che avrebbero fatto una bravata assurda, sparando con i fucili ad aria compressa ad alcuni immigrati. La reazione fu furibonda e scatenò l'interesse dei media che dedicarono per qualche giorno ampio spazio alla vicenda. Pensosi editorialisti giunsero a domandarsi se anche in Italia, nel paese che per alcuni decenni ha visto emigrare milioni di uomini e donne verso altri paesi in cerca di fortuna, si fosse instillato il germe del razzismo. Le risposte a questa domanda sono state le più varie e non le riassumiamo qui. Ciascun lettore si faccia la stessa domanda e si dia una risposta onesta.(3)
NOTE
1)Ma la storia dello Zong è nota anche perché ispirò a Turner uno dei suoi quadri più famosi, Slavers Throwing Overboard the Dead and Dying – Typhoon Coming On, comunemente conosciuto come The Slave Ship, esposto per la prima volta a Londra nel 1840, nel pieno della campagna abolizionista. Vedi su questo punto http://www.ospiteingrato.org/Interventi_Interviste/I_guanti_di_Maroni_24_6_09.html.
Abbiamo leggermente modificato l'incipit di questo bello articolo di cui consigliamo la lettura.
2)E' visibile qui: http://www.culturabarocca.com/GI.htm#ORIGINARIAMENTE. I CIE, acronimo per centri di identificazione ed espulsione, sono i luoghi in cui sono concentrati i migranti in attesa dell'espulsione. Sulle condizioni in cui costoro vivono in attesa di un provvedimento definitivo ci sono sufficienti cronache giornalistiche per farsi un'idea.
3)Riporto per stralci il resoconto dell'assemblea degli africani di Rosarno che si sono riuniti a Roma.
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea
dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono
stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri
diritti. (...) Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né
elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi
dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle
20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche.
A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a
farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla
fatica. (...) Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le
bestie... prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato
addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. (...) Non ne
potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti
nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani .Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. (...)
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare
le nostre richieste.” Segnalo che il I° marzo di quest'anno si terrà uno sciopero che invita tutti i lavoratori immigrati ad incrociare le braccia. Come scrivono gli organizzatori sul sito:”Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di italiani stanchi del razzismo?
Primo marzo 2010 si propone di organizzare una grande manifestazione non violenta per far capire all'opinione pubblica italiana quanto sia determinante l'apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società.” Vedi http://www.primomarzo2010.it/.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento