Nella prima parte di questo intervento abbiamo visto le cifre che riguardano la percezione del fenomeno del volontariato presso l'opinione pubblica italiana in comparazione con altre istituzioni sociali ed è emerso con chiarezza il dato di una grande fiducia assegnata alle organizzazioni di volontariato. Da alcuni questo fenomeno è stato interpretato come una sorta di riflusso verso il generico altruismo, soprattutto da parte di coloro che in tempi passati preferivano impegnarsi in attività politiche o sindacali, come a sottolineare una perdita dell'orizzonte civile e un riflusso, appunto, verso il puro servizio alla persona sofferente o bisognosa.
E' una sensazione che avrebbe bisogno di un'indagine a sé, considerando che spesso coloro che sono attenti al sociale e alla collettività spesso si impegnano su più fronti, affiancando all'attività politica o sindacale anche l'attività di volontariato.
Ma fin qui ci siamo occupati della percezione che si ha di questo fenomeno, fornendo qualche cifra di riferimento anche per la dimensione imponente che assume in ambito sociale.
Tuttavia, questa impressionante propensione al dono non ha trovato, finora, una giustificazione univoca e raramente ci si è chiesti il perché di questa scelta che coinvolge una così gran numero di persone. Per tacere della disinvoltura, per non dire peggio, con cui si usa il termine di volontario. Con la stessa parola si designano coloro che offrono gratuitamente qualcosa di sé, le ronde di “volontari”che controllano il territorio …. , persino i soldati impegnati in missioni all'estero sono definiti come volontari!
Vi sono molte teorie, e una notevole gamma di posizioni, intorno alle motivazioni a favore del dono di sé; sono vari, infatti, i motivi che spingerebbero gli individui e/o i gruppi organizzati a offrire gratuitamente una parte dei propri beni, materiali o immateriali, per scopi non strettamente economici, basati cioè sullo scambio di equivalenti.
Il comportamento che è possibile catalogare come donazione di sè è spiegabile in base a tre principali categorie di motivazioni: motivazioni intrinseche, incentivi estrinseci e reputazione. Le separiamo per comprenderle meglio, ma può darsi che i comportamenti pro sociali siano la risultante di una qualche forma di combinazione tra questi.
Nelle motivazioni intrinseche l'atto del donare si spiega con le motivazioni che si trovano in interiore homine, all'interno di un complesso sistema di norme morali, a diverso livello di coscienza. Quando si compie un'azione di solidarietà, la persona che la compie, in questo sistema, non riceve nessuna forma di ricompensa materiale.
Nata in ambito filosofico e poi fatta propria dalla psicologia sociale, questa teoria è stata applicata anche nella scienza economica. Già da qualche anno, ha avuto un certo successo la teoria proposta da un economista, Andreoni, Per tentare di spiegare le motivazioni intrinseche sottostanti la scelta di donare.(1)
Questi ha suggerito che gli individui quando donano non esprimono solo preferenze per la causa o bene collettivo a cui la donazione è rivolta, ma più direttamente acquisiscono una soddisfazione morale che è paragonabile ad un bene consumato privatamente. Questo effetto, chiamato di warm glow (guanto caldo) indurrebbe le persone a donare anche in contesti dove il risultato della donazione non è chiaramente tracciabile o facilmente calcolabile, dato che risulterebbe sufficiente l'atto della donazione in sé.
Insomma l'autogratificazione (warm glow) disinteressata, continua a funzionare nonostante l'apparente vittoria del modello dell'homo oeconomicus, sfidando l'utilitarismo, l' individualismo metodologico e la logica dello scambio tra equivalenti, come dicono gli economisti di stretta osservanza.
Una spiegazione abbastanza convincente fa riferimento ad una sorta di kantismo mitigato. Ciò che spiegherebbe i comportamenti solidali potrebbe essere il principio di reciprocità. Pur non essendo una obbligazione morale assoluta come quella celebre del non usare gli esseri umani come mezzi, una persona che ha un riferimento morale sente un'inclinazione all'obbligo della solidarietà quando si attende che anche gli altri membri del gruppo si conmporteranno allo stesso modo. In questo caso, la reciprocità non è da intendersi diretta tra due persone dove il dono svolge un ruolo relazionale di scambio, ma deve essere intesa come un principio generale che spinge ad azioni utili alla collettività e che solo indirettamente genereranno benefici a chi le compie.
In definitiva, la motivazione intrinseca sembra privilegiare la spiegazione del comportamento solidale come la risultante di norme interiorizzate e con un interesse indiretto e non dal bisogno o dal desiderio di raggiungere un obiettivo specifico.
Quanto alle motivazioni che possiamo definire estrinseche, un certo seguito ha trovato l'idea che in fondo le azioni di solidarietà o le donazioni di denaro per scopi di utilità sociale trovino la loro spiegazione definitiva nella presenza di incentivi economici o ricompense di carattere materiale. Vi rientrano, ad esempio, i casi delle deduzioni fiscali per le donazioni in denaro. Tutto sarebbe il frutto di un semplice calcolo economico, per cui l'ammontare delle donazioni sarebbe la risultante delle agevolazioni monetarie che se ne riceverebbero in cambio. E' un'idea che ha attratto i policy makers, coloro che prendono decisioni politiche e che disegnano i sistemi fiscali per tutte le politiche di sostegno fiscale delle donazioni in molti paesi.
Tuttavia, anche in questo caso, l'automatismo di una relazione diretta tra aumento delle agevolazioni fiscali e aumento delle donazioni, non funziona come dovrebbe, a riprova che le motivazioni estrinseche non spiegano tutto.
E' stato infatti dimostrato che un sistema di compensazione monetaria possa non solo non essere legato alle motivazioni che stanno alla base delle donazioni ma che addirittura possa danneggiare il senso civico e di solidarietà. Secondo un celebre studio, infatti, nel caso delle donazioni di sangue, si è visto che negli Stati Uniti il sistema basato sull'acquisto del sangue donato allontanava i donatori che invece erano intenzionati a procedere alle donazioni mossi esclusivamente da motivazioni altruistiche. Invece, in altri paesi europei, in cui si è scelta la strada diversa delle donazioni gratuite, si è assistito ad una maggiore offerta di sangue donato e di qualità migliore di quello acquisito a pagamento.(2)
Questo paradossale effetto di straniamento motivazionale si verifica anche in altri contesti, dove è forte il radicamento del senso civico delle persone, come nel caso dei luoghi di lavoro, dove è più facile osservare che la mera incentivazione economica non raggiunge effetti positivi in merito all'integrazione ed al senso di appartenenza, visto che l'attività lavorativa è fatta anche di relazioni e di investimenti affettivi ed emotivi.
Un terzo movente generale sulle azioni di solidarietà può essere ricondotto alla ricerca di visibilità e al riconoscimento sociale, vale a dire della reputazione.
I comportamenti pro sociali, essendo in genere accompagnati da un'aurea di positività, riverberano su chi li fa un'immagine e una considerazione sociale positivi, facendo accrescere in modo consistente la buona reputazione di chi li compie.
E' un sistema razionale, basato sulla segnalazione dello status di donatore o di volontario, dal quale si ottiene un riscontro positivo e un riconoscimento sociale.
Da qui discende la considerazione che le donazioni anonime siano le più lodevoli, perché esse non andrebbero alla ricerca di visibilità e non andrebbero ad incidere sulla reputazione del donante.
C'è da chiedersi, a questo punto, quale sia il significato intrinseco dell'azione gratuita, a quale bisogno corrisponde, quale funzione essa svolge nel campo delle relazioni sociali.
NOTE
1) Vedi J. Andreoni e l'articolo sul warm glow a http://www.altruists.org/f469.
2)R.M. Titmuss, The Gift Relationship from Human Blood to Social Policy (1970, ripubblicato nel 1997 da The New Press
Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 80
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