Per quanto la notizia dei morti in Tibet si aggiunga alle centinaia di morti in altre parti calde del mondo (Iraq, Afhghanistan, ecc.), la drammaticità della situazione tibetana, dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che le politiche di potenza seguono sempre gli stessi sentieri: occupazione, repressione, cancellazione di ogni traccia della cultura e di ogni minimo dissenso.
Come è sempre accaduto nella storia, anche in questo caso, la RealPolitik sconsiglia o impedisce agli stati democratici di prendere una netta posizione contro la superpotenza cinese: qualche vago appello al dialogo, qualche pressione diplomatica, una velata minaccia di non partecipare alla cerimonia di apertura alle olimpiadi e niente più. Ancora una volta, l'Europa produce solo la propria afasia...
La repressione dei tibetani da parte del regime cinese, peraltro, non è una novità di questi giorni.
C'è un documento del Tribunale Permanente dei popoli del l 20 novembre 1992, in cui il Tribunale emetteva una sentenza di condanna della Repubblica Popolare Cinese e dove veniva dimostrato che le autorità cinesi perseguono da sempre una politica di repressione, perpetrando gravi violazioni dei diritti fondamentali del popolo tibetano, come la privazione dell’esercizio della libertà di religione e di espressione, la pratica degli arresti arbitrari e delle condanne senza processo, la pratica della tortura, la rottura dell’omogeneità etnica e culturale del Paese attraverso trasferimenti coatti.La sentenza è consultabile per intero alla pagina web:http://www.internazionaleleliobasso.it/dtml/tribunale_permanente/sentenze/18_tibetit.pdf
Poichè non ci sarà nessuna reazione degna di nota a questo genocidio, nè proteste di piazza nè boicottaggi delle Olimpiadi, propongo di fare qualcosa che può essere connotato come semplice testimonianza e senso di indignazione: non guardare nemmeno un minuto delle Olimpiadi di Pechino che si terranno tra qualche mese e boicottare le aziende che sponsorizzano l'evento.
Per quel poco che servire, si può anche inviare una mail al governo italiano e al CONI per chiedere il ritiro della delegazione italiana alle Olimpiadi.
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