Anche quest’anno, in occasione dell’anniversario della ratifica della CRC(1), sottoscritta dall’Italia nel maggio del 1991, il Gruppo CRC Italia, composto da 73 organizzazioni ed associazioni, ha pubblicato un rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.(2)
Un dato impressionante balza prepotentemente all’attenzione di chi si avvicina a questi dati: un minore su quattro, nel nostro Paese, è esposto al rischio povertà. In termini percentuali, “in Italia è esposto a rischio di deprivazione il 24% dei minori.
Tale percentuale – aggiunge il rapporto - sale al 35% se si considerano i minori che vivono in famiglie numerose e raggiunge il 40% nel caso di minori che vivono in famiglie monoparentali.
I minori a rischio non sono tanto figli di genitori disoccupati, ma si trovano spesso in famiglie con entrambi i coniugi lavoratori ma i cui bassi livelli di reddito non riescono ad essere una garanzia di benessere.”
Prima di procedere ad un’analisi più dettagliata dei concetti di povertà e di deprivazione, è opportuno fare una breve precisazione.Anzitutto, dati così allarmanti contribuiscono a gettare una luce fosca sulla sofferenza del sistema famiglia, preso nel suo insieme e nel dettaglio di tutte le sue complesse manifestazioni. L’immagine della famiglia idealtipica, quella che hanno in mente gli ideologi maldestri della famiglia pre-industriale, deve essere scomposta e aggiornata secondo i criteri di un’analisi materiale e simbolica che tenga conto di un panorama sociale completamente mutato.(3)
A considerare una semplice fenomenologia del variegato universo delle situazioni di convivenza e di comunità di affetti, ci sono infatti molte famiglie, tante quante sono le condizioni di vita nella società postindustriale e tante quante sono le forme di relazioni affettive: quelle mononucleari, quelle multigenerazionali, quelle con un unico genitore divorziato, quelle numerose, quelle numerose con monoreddito, quelle degli incapienti, quelle composte da fratelli che condividono la stessa casa, ecc.I problemi di classificazione si specchiano nelle difficoltà d’intervento delle politiche pubbliche e nei dibattiti che si raccolgono intorno al tema, drammaticamente generico, degli aiuti alle famiglie. Fin qui, occorrerà pur dirlo, ha funzionato solo il welfare familiare.
La famiglia multi-generazionale allargata, laddove esiste, quella in cui convivono nonni, figli e nipoti, con i suoi trasferimenti in beni e servizi compensa lo scarso e insufficiente intervento dei governi a supporto dei genitori che vivono in situazioni di vulnerabilità lavorativa o economica.Dunque la famiglia allargata, anch’essa sempre più in difficoltà, risulta davvero determinante nel creare una rete di protezione aggiuntiva per ammortizzare le difficoltà economiche, organizzative e di cura parentale. (4)
Rimangono enormi problemi per chi non si trova in questa condizione.
Anche avere dei figli comincia a risultare un “lusso” e non deve davvero stupire se i tassi di natalità dell’Italia sono tra i più bassi del mondo. Quel che manca è un adeguato livello di protezione sociale strutturata, pubblica, con dei meccanismi istituzionali ed amministrativi in grado di sostenere i livelli di vita delle famiglie e provvedere con politiche redistributive ad un reddito minimo in caso di disoccupazione o di un adeguato sostegno al reddito di coloro che hanno dei figli.(5)
A livello europeo, al fine di comparare i dati tra sistemi economici e sociali tra loro molto differenti, si è ricorso ad una serie di indicatori ricavati dai livelli di reddito presi tra i Paesi aderenti all’OECD. Così, nell’ambito EU, l’indicatore “rischio di povertà” viene definito come :a) l’attestarsi al 60% del livello reddito medio nazionale;b) il reddito è la risultante della somma dei guadagni di tutti i membri della famiglia, compresi i trasferimenti sociali individuali o comunitari e i redditi da capitali; c) il reddito è reso equivalente sulla base della scala OECD per tenere conto dei differenti bisogni tra adulti e minori, la cui ampiezza e composizione riflettono gli standard di vita;d) le percentuali di rischio di povertà nazionali analizzati congiuntamente con la soglia di povertà relativa espressa dai livelli di potere di acquisto del reddito mediano di ogni Paese equivalenti tra le differenti monete.
Secondo il rapporto Istat annuale del 2007, i cui dati certi si riferiscono al 2005, “Il reddito netto delle famiglie residenti in Italia nel 2005 è pari in media a 2.300 euro mensili, inclusi gli effetti dei trasferimenti monetari. […] Tuttavia, prosegue il rapporto, a causa della distribuzione disuguale dei redditi, se si fa riferimento al valore mediano, il 50 per cento delle famiglie ha guadagnato meno di 1.900 euro al mese.“
E’ una cifra che non ha bisogno di troppi commenti, soprattutto se si considera che essa si lega anche alle caratteristiche socio-demografiche dei componenti della famiglia, che il Rapporto 2007 analizza in dettaglio. “La distribuzione del reddito equivalente – precisa il Rapporto - offre un’ulteriore informazione sul livello di disuguaglianza: il venti per cento delle famiglie con i redditi più bassi percepisce circa l’8 per cento del reddito totale; come prevedibile, vi si concentra l’80 per cento delle famiglie in cui non sono presenti percettori di reddito da lavoro o da pensione. Per contro, il venti per cento delle famiglie con i redditi più elevati percepisce una quota pari a circa il 38 per cento e ha un reddito medio equivalente circa cinque volte superiore.” (6)
Mettendo insieme i due indicatori, si può avere una stima abbastanza precisa della reale condizione di vita di moltissime famiglie reali, non quelle che immaginano i pubblicitari o gli ideologi. Parlare della condizione dei minori, dunque, è come illuminare un altro lato delle questioni che riguardano le condizioni delle famiglie e dei livelli della spesa sociale idonei a combattere le disuguaglianze. Si tratta, in sintesi, di riuscire a porre in primo piano le relazioni e le differenze tra povertà, vulnerabilità ed esclusione sociale.
Un così alto livello di disagio minorile, anche al di là della stessa relazione tra il reddito familiare e il benessere dei minori, si riflette su tutte le dimensioni non economiche della vita materiale e dell’inclusione/esclusione sociale e che considerate nel loro insieme danno una misura realistica della qualità della vita.S’intende qui, per citarne solo alcuni, una maggiore esposizione ai rischi sanitari, vivere in condizioni abitative precarie e inadeguate, essere maggiormente esposti al rischio di abusi, avere maggiori probabilità di abbandono scolastico, correre il rischio elevato di scarso sviluppo delle proprie potenzialità e avere forti probabilità di carriere lavorative a basso salario, ovvero di arrivare nell’età adulta a infoltire le file dei working poor. (7)________________________________
Note
(1) Acronimo di “Convention on the Rights of the Child” la cui traduzione ufficiale in italiano è «Convenzione sui diritti del fanciullo»; in Italia si preferisce utilizzare la denominazione di uso corrente «Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza». Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) è un network di associazioni italiane che opera al fine di garantire un sistema di monitoraggio indipendente sull’attuazione della CRC e delle Osservazioni finali del Comitato ONU in Italia. Questo network è coordinato in questa ricerca dall’associazione Save The Children.
(2) 4° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza in Italia. 2007-2008. E’ visibile al seguente indirizzo: http://www.savethechildren.it/2003/download/Pubblicazioni/imp_Rapporto_CRC.pdf
Nel 2007 la Commissione Europea e gli Stati membri hanno eletto la povertà minorile come una tematica prioritaria del Metodo Aperto di Coordinamento sulla protezione e inclusione sociale. Tale metodo ha l’obiettivo di istituire modalità di confronto e di scambio di esperienze in tema di esclusione sociale per creare e definire un set di indicatori concordati su scala europea. Vedi http://europa.eu/scadplus/glossary/open_method_coordination_it.htm
(3) Vedi C.SARACENO, M.NALDINI, Sociologia della Famiglia, Il Mulino, Bologna, 2007, 2° ed. Sulla difficoltà di definire l’oggetto famiglia, si noti la definizione operativa che ne propone l’ISTAT: “Famiglia: insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. La famiglia può essere costituita anche da una sola persona.” (Tratto da http://www.istat.it/dati/catalogo/italiaincifre2008.pdf)
(4)Ancora dal 4° rapporto CRC: “ La vera preoccupazione è che i mutati orizzonti del mercato del lavoro […] stiano già indebolendo questa rete di protezione informale e che nel contempo non ci sia la costruzione di un adeguato sistema pubblico di protezione.”
(5) Secondo questo rapporto, infatti, “esiste una correlazione forte tra il rischio di povertà minorile e l’investimento percentuale in spesa sociale. Facendo riferimento al Prodotto Interno Lordo, escludendo le pensioni, la media europea di investimento sociale si attesta intorno al 14% ed ad essa corrisponde un 19% di rischio di povertà minorile; nel nostro Paese dove si investe meno del 10% il rischio di povertà minorile balza al 24%. L’Italia rientra dunque nel gruppo dei Paesi europei in cui si rileva una bassa efficienza di spesa sociale (non dedicata alle pensioni) e alti tassi di povertà minorile.”(6)
Vedi http://www.istat.it/dati/catalogo/20080528_00/
(7) Cfr. SEN, AMARTYA K., La Disuguaglianza. Un riesame critico, Il Mulino, Bologna, 2000. A proposito dell’abbandono scolastico, il 12 giugno, durante le celebrazioni per la giornata mondiale contro il lavoro minorile, dedicata quest’anno proprio al tema dell’istruzione, sono state diffuse delle cifre impressionanti sul lavoro minorile: nel mondo ci sono 218 milioni di minori tra i 5 e i 17 anni costretti a lavorare. Così il Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia: “ “We must work for every child’s right to education so no child has to work for survival. The goal is quality education for children and decent work for adults”.Vedi http://www.ilo.org
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