lunedì 27 febbraio 2012

Analfabetismo tra lavoro e cittadinanza




L'analfabetismo, da un punto di vista strettamente economico, ostacola lo sviluppo e l'integrazione e ha un riflesso diretto o indiretto sul livelli di povertà, sui tassi di occupazione e sulle condizioni generali di vita dei singoli e dei sistemi economici.

C’ è poi, nell’analfabetismo, una dimensione non economica, che possiamo definire di esercizio della cittadinanza.

Essa si connota come accesso consapevole alle informazioni che contano e alle scelte, appunto, di cittadinanza: la comprensione dei problemi, la loro complessità, il senso di appartenenza ad una comunità, il complesso dei diritti e dei doveri, la partecipazione alla vita politica e sociale, ecc. Basta richiamare alla memoria la figura di Don Milani e la sua esperienza educativa di Barbiana per comprendere come l’acquisizione delle parole e della conoscenza fosse per lui l’unica possibilità di comprendere il proprio posto nella società e nel mondo. (1)




Se si pongono in relazione l’esclusione sociale e i livelli di scolarità e di alfabetizzazione, i dati che negli ultimi anni ci presentano gli studi dell’OCSE con i famosi studi PISA risultano abbastanza sconfortanti.

Com’è noto, questi test misurano le conoscenze e le competenze degli studenti quindicenni che appartengono a 34 paesi membri dell'OCSE. (2)

Non abbiamo, al momento, altri test disponibili con questa massa di dati, nonostante i test PISA siano stati criticati in modo serio con l’obiezione che sono progettati con il criterio della risoluzione di problemi. I detrattori, e non sono pochi, imputano a questi test un eccesso di pragmatismo e una scarsa attenzione alla conoscenza di base.




Gli ultimi dati usciti, quelli del dicembre 2010, si sono concentrati sull’area della lettura e ne sono emersi risultati preoccupanti.




Secondo questa ricerca, l’Italia, more solito, è in coda tra i paesi più sviluppati.

Nei test Ocse-Pisa 2010 pubblicati a dicembre, infatti, l'Italia fa registrare il 21 per cento di quindicenni "con scarsi risultati in lettura". Tradotto in modo più chiaro, si tratta di adolescenti "in grado di svolgere soltanto gli esercizi di lettura meno complessi come individuare una singola informazione, identificare il tema principale di un testo, o fare un semplice collegamento con la conoscenza di tutti i giorni". Appena il compito diventa più complesso, cominciano le difficoltà.

Insomma uno su cinque, tra i nostri quindicenni, non è in grado di elaborare o di affrontare livelli complessi di lettura e di riorganizzazione delle informazioni e delle conoscenze. (3)

Viene da chiedersi in quale contesto sono inseriti questi adolescenti che fanno così tanta fatica nel maneggiare informazioni complesse.




In un libro-intervista apparso qualche anno fa, e ripubblicato di recente con un’aggiunta, il linguista Tullio De Mauro ha fornito numerosi dati sul fenomeno dell’analfabetismo nel nostro Paese e sull’evoluzione dei sistemi educativi nel corso dei decenni. (4)

Il livello medio dell’istruzione in Italia, in una comparazione con altre nazioni, risulta insoddisfacente : gli analfabeti completi sono più di due milioni, ma ad essi vanno aggiunti quasi quindici milioni di semianalfabeti. Altri quindici milioni di cittadini rischiano di diventarlo, perché le competenze alfabetiche acquisite fra i banchi, se non più esercitate, regrediscono in una misura pari a cinque anni di scuola.

«A un paleo - analfabetismo, eredità del passato», dice De Mauro, «si è cumulato un neo - analfabetismo fisiologico nei paesi industriali e di alto livello consumistico». In Italia possiede il diploma di scuola superiore il 42 per cento della popolazione adulta di fronte a una media europea del 59 per cento. Solo il 9 per cento degli italiani adulti possiede una laurea, di fronte a una media europea del 21 per cento. (continua)




NOTE




1) Così il prete di Barbiana, per convincere i figli degli operai e dei contadini alla frequenza della sua scuola serale:” Voi – diceva – non sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che conta e vi buttate come disperati sulle pagine dello sport. E’ il padrone che vi vuole così perché chi sa leggere e scrivere la prima pagina del giornale è oggi e sarà domani dominatore del mondo".

2) Vedi http://www.pisa.oecd.org/pages/0,2987,en_32252351_32235731_1_1_1_1_1,00.html.

3) Paesi come Danimarca, Olanda e Svezia sono molto vicini all'obiettivo del 15 per cento. Mentre in Francia (19,8 per cento), Germania (18,5), Regno Unito (18,4), Spagna (19,6 per cento) e Portogallo (17,6 per cento) le cose vanno meglio che in Italia, che supera la media europea di un punto e mezzo.

4) Tullio De Mauro, La cultura degli italiani, a cura di Francesco Erbani, Bari, Laterza. 2004.






Tratto da Rivista Lavoro e Post mercato n°110