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sabato 13 novembre 2010

Un sussidiario per il consumatore evoluto


Negli ultimi anni, anche in Italia, si è affermata una nuova realtà associativa, sull'esempio di più antiche e blasonate realtà anglosassoni.

Stiamo parlando delle associazioni dei consumatori, realtà collettive ormai consolidate e sempre più influenti, in grado di esercitare un'attività di lobbing trasparente e a volte anche rumorosa. E' un costume tipico del nostro Paese, quello di far convivere fenomeni sociali ed istituzionali disparati, derivati da culture istituzionali differenti, come quella anglosassone e quella continentale.
Da noi convivono organizzazioni sindacali storiche con associazioni di consumatori (1), istituzioni di controllo previste dalla Costituzione e Authority di settore (lo dice la parola stessa) di chiara derivazione anglosassone, sovrapponendosi nei compiti e negli obiettivi.

D'altro canto, non vi sono norme, in Italia, che regolino l'attività di lobbing, che spesso rimane occulta, affidata a trattative riservate nelle segrete stanze. E ciò nonostante nel nostro Paese non manchino i pronipoti delle corporazioni medievali che sono riluttanti o del tutto contrari ad ogni presunta minaccia alle loro rendite di posizione.
Perlomeno, le associazioni dei consumatori hanno il pregio di esercitare la tutela degli interessi diffusi della collettività alla luce del sole, usando i mezzi a disposizione dei cittadini comuni, con il ricorso alla giustizia come ultima ratio.

Un interessante strumento messo a disposizione da una di queste associazioni, l'Adiconsum, può rivelarsi un comodo aiuto per orientarsi con più consapevolezza nel panorama delle insidie per il consumatore.
E' da poco tempo on line, infatti, la banca dati di questa associazione, dal nome “ABC consumatore informato” (http://web.me.com/adiconsum/Banca_Dati_Adiconsum/HOME.html), in collaborazione col Ministero del Lavoro. (2)
L'intento è quello di coprire la complessa problematica dei consumi consapevoli ed informati, dalle vacanze al commercio, dal fisco ai servizi finanziari, ecc.

Il sito è strutturato su tre grandi aree d'interesse: nozioni, facsimili e leggi.
Nel primo gruppo si possono reperire le informazioni generali sui vari temi suddivisi per argomenti. A disposizione dell'utente ci sono delle schede informative contenenti riferimenti legislativi, esempi, tabelle tecniche e quant’altro necessario per approfondire la materia trattata.
La seconda area è invece dedicata ad una parte più pratica e raccoglie numerosi facsimili utili in caso di richieste di rimborsi, contestazioni, ricorsi, ecc.
Infine, la terza è dedicata alle leggi più importanti per i consumatori italiani.

Si tratta di un piccolo glossario elettronico dei diritti del consumatore, in continuo aggiornamento, scritto con un linguaggio accessibile a tutti.
Per i primi tempi la consultazione sarà libera poi sarà prevista una pagina di accesso dove l'utente dovrà registrarsi.





Note
1) Per quanto le organizzazioni sindacali si occupino com'è noto dei diritti e della tutela dei lavoratori, è vero che spesso, in forma non esplicita, hanno svolto un ruolo di salvaguardia dei diritti di cittadinanza generici.
2) Come scritto nel sito, si tratta di un prodotto nato dall'iniziativa progettuale denominata “Seminario di formazione su consumo responsabile e accesso alla giustizia e realizzazione di una banca dati on line su promozione sociale e diritti del consumatore”, finanziata dal Ministero del Lavoro ai sensi della Legge 383/2000.


Tratto da:

Rivista Lavoro e Post Mercato n° 85

venerdì 24 luglio 2009

In Aqua Veritas. Consumi responsabili con l'acqua del sindaco





Nei piccoli gesti quotidiani, nelle scelte che compiamo senza badarci troppo, si nascondono spesso questioni di grande importanza, perché qualche volta le grandi imprese nascono da piccole scelte.

Qualche tempo fa è stata lanciata un'iniziativa da parte di Massimo Cacciari, filosofo, sindaco di Venezia, insieme all'attore Marco Paolini, per invitare al consumo “dell'acqua del sindaco”, quella che scorre dal rubinetto, evitando di sprecare denaro e risorse energetiche importanti per procurarsi dell'acqua da bere comprandola in negozio o al supermarket

Dopo poco tempo, visto che si trattava di una buona idea, la pratica di attingere acqua dal rubinetto anziché da una bottiglia di plastica, sta velocemente convincendo molti ristoranti e molte mense scolastiche a offrire dell'ottima acqua in caraffa, rispondendo positiviamente all'appello “Imbrocchiamola!”, lanciata dal sito di altraeconomia.it. e da Legambiente.(1)

I sostenitori dell'acqua pubblica, ritengono, infatti, che si tratta di acqua buona, sicura e controllata quotidianamente, sulla base di severi standard di purezza stabiliti per legge. (2)

Anche se una piccola provocazione come questa può sembrare una notizia poco importante, un po' di folklore o poco più, se proviamo a riflettere sul giro d'affari e di risorse energetiche impiegate nella produzione e nel trasporto delle acque in bottiglia, potremo considerare questo tipo di notizie con meno superficialità.

Un primo calcolo sul consumo di acqua minerale in Italia propone, infatti, una cifra intorno ai 200 litri pro capite (3). Basta moltiplicare questa cifra per € 0,30 di media per ogni bottiglia da 1.5 litri e si può avere un'idea della cifra annua spesa per l'acqua in bottiglia.
Nel nostro paese si producono oltre 12 miliardi di bottiglie e si consumano, per produrle, 655 mila tonnellate di petrolio, scaricando in aria 910.000 tonnellate di CO2.
A cui si aggiungono le emissioni dovute a tutti i kilometri percorsi dai Tir che li trasportano da una parte all'altra della penisola.
Finiscono in discarica circa 200 mila tonnellate di polietilene, la materia di cui è fatta la bottiglia, il cui smaltimento è a carico di cittadini ed enti locali.
Di questa enorme massa di materiale plastico, peraltro, solo un terzo viene riciclato.
Per capire quanto sia lo spreco di materiale che va a finire in discarica, basti pensare che riciclando circa otto bottiglie in polietilene si può ottenere un pile!

Come si può facilmente vedere dalle cifre che abbiamo citato, e che testimoniano di quanto sia radicato ormai un fenomeno che ha cominciato a diventare importante da circa vent'anni a questa parte, la scelta dell'acqua pubblica e del ritorno al consumo dell'acqua del rubinetto, è suffragata da molte buone ragioni.

La prima buona ragione deriva dai costi. L'acqua che si preleva dal rubinetto ha un costo di circa 500 volte inferiore al costo industriale per produrre l'acqua in bottiglia di plastica.

La seconda buona ragione, anzi ottima, è che l'acqua del rubinetto è quasi sempre di buona qualità, altrimenti dovremmo considerare che gli organismi di controllo dicono il falso....., stante il fatto che i parametri di potabilità, molto severi, sono stabiliti per legge.

La terza buona ragione è relativa all'impatto ambientale del consumo di acque raccolte in posti molto lontani dal posto in cui si consumano. Mentre sta cominciando a diffondersi l'idea di consumare cibi prodotti nel territorio in cui si producono, per evitare aumento dei costi e inquinamento ambientale, non si applica lo stesso meccanismo anche all'acqua da bere.

Così, e arriviamo ad un'altra buona ragione per cambiare stili di consumo, preferiamo scaricare nell'ambiente enormi quantità di CO2 per avere a disposizione delle acque prelevate in montagna , e non riflettiamo sul fatto che per arrivare al supermarket sotto casa hanno viaggiato sotto il sole per giorni e giorni.

Per concludere, quindi, non solo costa meno, non solo è altrettanto sicura delle acque minerali vendute in bottiglie di plastica, ma garantisce un enorme risparmio economico ed ambientale.
Se proprio non si può fare a meno delle bollicine, si può provare a usare degli speciali filtri per uso domestico, in grado di offrire un prodotto gradevole al gusto. (4)
La imbroccheremo?

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Note

1)Vedi http://www.altreconomia.it/site/fr_raggruppamento_detail.php?intId=5. Un particolareggiato dossier sul consumo di acque in bottiglia di trova sul sito http://www.legambiente.eu/documenti/2008/0320_dossier_un_paese_in_bottiglia/index.php.
2)Gli standard qualitativi da rispettare sono contenuti nel Decr. Legislativo 31/2001. L' Acea di Roma, l'Acquedotto Pugliese e l'Acquedotto lucano hanno "etichettato" il loro prodotto e pubblicato sui propri siti le analisi organolettiche e il contenuto in minerali garantito da migliaia di controlli l'anno. L'acqua naturale è riapparsa dopo un decennio sui tavoli delle mense scolastiche di Roma, Milano, Firenze e Bologna. Perugia, Abbiategrasso, Monterotondo, Cusano Milanino e in molte mense scolastiche del Piemonte.
3)Impressionante il trend di crescita del consumo di acque minerali, come si può vedere sul sito http://www.beverfood.com/v2/news+article.storyid+556.htm. Si tratta di dati forniti dai produttori di acque minerali. Secondo quest'indagine, l'acqua minerale viene acquistata sulla base del gusto e della tutela della salute.
4)Il sito di altroconsumo, peraltro, sconsiglia l'uso dei filtri. Vedi comunque quali sono i vari tipi di filtri a http://www.altroconsumo.it/acqua/i-filtri-s107212.htm.

domenica 31 maggio 2009

L'era della frugalità. Nuovi stili di consumo responsabile.


Può essere che uno degli effetti più sorprendenti della crisi globale che stiamo vivendo sia l'affermarsi di un nuovo atteggiamento rispetto al consumo di risorse che, come l'economia c'insegna, ritornano ad essere scarse. Ma non è solo un'austerità indotta dalla crisi e dalla contrazione dei redditi.

Sembra affermarsi sempre più,invece, un nuovo modo di guardare ai consumi e agli effetti che essi possono produrre; si è più attenti nelle scelte e alla qualità intrinseca – un tempo si diceva valore d'uso -, si presta maggiore attenzione alle etichette e alla provenienza dei beni, si acquisisce uno stile di vita più sobrio e meno bulimico di fronte al possesso e all'abbondanza.
Da più parti si è definito questo nuovo modello di consumi come un ritorno alla sobrietà, tanto che il periodoco Time ha dedicato una delle sue copertine alla New Frugality, categorizzando un bisogno e una pratica oramai abbastanza diffusi.

Ci sono diversi segnali, infatti, che sia in atto un cambiamento significativo e che la crisi provveda ad accelerarne gli sviluppi.

Il primo segnale che stimola una maggiore sobrietà proviene dalla consapevolezza di un improvviso peggioramento delle condizioni di vita di interi gruppi sociali e dell'inceppamento di alcuni meccanismi di un mercato senza regole, che ha rivelato alla coscienza di molti le conseguenze disastrose di un sistema fondato sulle disuguaglianze e sull'irrazionalità dell'uso delle risorse.

Il secondo passo, di fronte all'impoverimento che investe sempre più quei ceti che appartenevano alla cosiddetta middle class, è il modello dell'arricchimento che diventa economicamente insostenibile e moralmente sempre più intollerabile.
Sia che non ci possa più permettere consumi vistosi, sia per la scelta di non alimentare modelli di consumo distruttivi, si tende a fare più attenzione al rapporto qualità/prezzo, alla riduzione delle quantità, alla ricerca di prodotti venduti “alla spina” per risparmiare sulle confezioni.
Si decide, per risparmiare e per ottenere maggiore qualità e sicurezza, di aderire ai cosiddetti “gruppi d'acquisto”(1) o di acquistare prodotti che dichiarano di essere prodotti il più vicino possibile a chi li consuma e che vengono indicati come “kilometri zero”, per indicare che il loro trasporto non incide sul prezzo finale e che il consumo di energia e l'immissione di CO2 sono ridotti al minimo o nulli.

Questa nuova consapevolezza negli acquisti e nei consumi più responsabili, frutto di una maggiore attenzione agli effetti dei propri stili di consumo sul sistema produttivo, sull'ambiente circostante e sull'uso oculato delle risorse, sono una riscoperta sorprendente di un rinnovato senso di responsabilità.

E' una responsabilità che si esprime a livelli differenti e in varie direzioni.
Si premiano le produzioni che fanno la scelta di non sfruttare i lavoratori con condizioni di lavoro disumane, che non impiegano minori, che non inquinano, che non usano gli animali come cavie.

Anche se si hanno meno risorse a disposizione, c'è un aumento dei consumi nel settore “verde” e si prediligono prodotti cosiddetti di provenienza biologica certificata e di minore impatto ecologico possibile.
Si comincia a scindere quella perniciosa relazione di eguaglianza benessere=consumo: si incrina la credenza che all'aumento del secondo elemento della relazione si ha un corrispettivo aumento del primo.
Se poi si considera che al benessere materiale è stata spesso associata la “felicità”, si comprende come il cambiamento dei modelli di consumo incida profondamente sui processi di attribuzione di senso nelle azioni individuale e collettive.
Bisogna chiedersi se questa maggiore consapevolezza e sobrietà nei consumi si trasformerà in un nuovo e radicato modo di vivere e di pensare.

Come è accaduto con la crisi petrolifera e l'era dell'austerità che ne seguì, negli anni '70 del secolo scorso, quando, una volta messa da parte la paura della crisi energetica, si ricominciò a consumare in modo esibizionistico e insensato, disinteressandosi delle conseguenze di certi stili di consumo, così occorrerà stare attenti che questa occasione di trasformazione virtuosa che ci si offre davanti con questa crisi economica globale che stiamo attraversando non si trasformi in una nuova occasione persa.

Stavolta, però, pare che il tempo a disposizione per rinsavire sia davvero poco, come molti autorevoli scienziati si sforzano di chiarirci. Con i nostri attuali modelli di consumo di risorse e di produzione, ci restano pochi anni prima che i cambiamenti climatici si trasformino in modo catastrofico, tali da rendere sempre più difficile la sopravvivenza di un numero sempre maggiore di uomini su questo pianeta.

Se si è capaci di trasformare i beni di consumo in beni di relazione, potremo ancora avere la possibilità di invertire o modificare un processo che si presenta davvero problematico. Non si tratta, quindi, di recuperare ricette pauperiste, o di proporre stili di vita desueti, ma di constatare pragmaticamente che si può vivere in modo diverso e più responsabile senza diminuire, ma anzi accrescere la propria qualità di vita.