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domenica 23 maggio 2010

Le rotte dei nuovi schiavi. Gli invisibili al lavoro


Nell'intervento precedente (vedi n° 81 di LPM dell'1/3/10) abbiamo richiamato la triste vicenda storica delle navi negriere per afferrarne analogie e differenze con il presente.

Quello che è emerso con forza, con lo shock della rivolta degli schiavi, è che i nuovi forzati sono passati dal cono d'ombra che li avvolge normalmente alla piena luce dei riflettori.
Questi che fino a poco tempo fa erano invisibili, dopo essere stati oggetto di sfruttamento, diventano oggetto d'interesse ma non soggetti riconosciuti.

Perché questo sembrerebbe il punto che molti autorevoli editorialisti sembrano dimenticare, concentrandosi più sull'esistenza di fenomeni di razzismo in Italia che sulla funzionalità garantita ad un mercato delle braccia da una massa di immigrati ricattabili, senza alcuna tutela, sfruttati e magari accusati, per il semplice fatto di essere irregolari, di contribuire ad aumentare la criminalità.

Ad un osservatore anche disattento non dovrebbe sfuggire la realtà che milioni di persone, nelle varie forme che prende il lavoro sottopagato e sfruttato, sono funzionali ad un'economia sommersa fatta di illegalità, di soprusi e di abuso.
La nuova schiavitù funziona così: masse di disperati arrivano nel mondo ricco e vengono subito messi a profitto nei lavori più umili e sottopagati, in condizioni abitative precarie, nella paura di un permesso di soggiorno negato o scaduto, nella convinzione e nella certezza che i caporali che fanno incetta di nuovi schiavi, dai più bassi livelli fino a quelli dei colletti bianchi, non saranno scoperti e puniti per le loro malefatte e per le loro operazioni di bieco sfruttamento.

Che dire, poi, come nel caso di Rosarno, dell' incredibile cecità delle istituzioni: ASL, Ispettorati del Lavoro, Polizia, ecc, che non si accorgono di avere su quel territorio, con una popolazione di circa 8000 persone, circa 1500 immigrati che lavorano nelle campagne senza diritti e senza abitazione, con un presidio di Medici senza frontiere che offre loro assistenza sanitaria, come si farebbe in un qualche campo di rifugiati?

Viene quasi da pensare che sulla pelle degli immigrati si stia conducendo un esperimento che presto potrebbe riguardare tutti. Visto che è il mercato a “programmare”, sono solo gli accordi informali tra datore di lavoro e lavoratore e la concorrenza tra lavoratori a stabilire il salario effettivamente percepito. Si può immaginare, con rapporti di forza simili, quale sia il potere contrattuale di un extracomunitario che ha bisogno di un lavoro per vivere, braccia da sfruttare in quei settori economici che si alimentano di lavoro privo di tutele, lucrando sulla loro condizione di precarietà esistenziale, abitativa, sociale, giuridica.

Sulla specificità del caso di Rosarno, sul suo presentarsi come laboratorio avanzato di una economia criminale che si arricchisce sfruttando senza alcuno scrupolo e senza paura di essere scoperti, ritorneremo più avanti.
Seguiamo invece per un momento i risultati di uno studio presentato pochi giorni fa, che sgombra il campo da diversi luoghi comuni.

Sugli irregolari come massa di manodopera a basso costo, funzionale ad un'economia sommersa e del tutto illegale, è stato presentato uno studio condotto alla fine dello scorso anno commissionato dalla Fondazione Rodolfo De Benedetti e presentato a Bologna. (4)
Come ha spiegato l'economista Tito Boeri, Ordinario di Economia del Lavoro, presentando i dati, c'è una decisa smentita della relazione diretta tra aumento dell'immigrazione e aumento della criminalità.
Gli “irregolari” lavorano di più e guadagnano di meno rispetto a chi ha i documenti in regola. Sono una risorsa per molti imprenditori che agiscono nella completa illegalità.
Il 66% degli immigrati privi di permesso di soggiorno, infatti, ha un lavoro, nonostante sia privo di un titolo legale per rimanere in Italia. È impiegato in nero e fa turni molto pesanti: l'80% non si ferma neppure il sabato, il 31,8% lavora di domenica e il 38% fa anche turni notturni (contro il 22% degli immigrati regolari).
Lavorano tanto, ma la loro retribuzione è inferiore ad ogni soglia possibile, in comparazione alle retribuzioni legali.. Il 40% di chi non ha il permesso di soggiorno, infatti, guadagna meno di 5 euro l'ora. E ancora peggio va alle donne prive di permesso di soggiorno.

Questi risultati - conclude Boeri - spiegano perché gli immigrati irregolari continuano a venire in Italia: trovano facilmente lavoro, anche senza permesso di soggiorno. E i datori di lavoro possono pagarli ancor meno di quanto pagherebbero i regolari".

Un indizio indiretto ma assolutamente cogente di questo impiego senza scrupoli di forza lavoro, per un'economia che vive anche di sfruttamento, è l'aumento crescente di infortuni sul lavoro che riguardano i lavoratori stranieri. (5)

NOTE

4)Questi risultati sono stati presentati nel corso del "Forum sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro", organizzato dalla fondazione Alma Mater.Vedi http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/consulenzaericercaapplicata/OsservatoriCentriTematici/29_GENNAIO_SALUTE_E_SICUREZZA_NEI_LUOGHI_DI_LAVORO.htm.
5)Vedi http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SICUREZZA. Come ha spiegato Il Presidente dell'INAIL, Sartori, nel presentare il consuntivo dei dati sugli infortuni nell'anno 2009, “in termini relativi, l'incidenza infortunistica risulta più elevata per gli stranieri: 44 casi denunciati ogni 1000 occupati, contro i 39 degli italiani. I motivi sono spesso riconducibili all'impiego di questi lavoratori in attività più a rischio, connotate da una forte componente manuale e in assenza di un'adeguata formazione professionale".

lunedì 5 aprile 2010

Informatizzazione e pubblica amministrazione. Il Fascicolo Sanitario Elettronico.


Entro il 2012, secondo un ambizioso piano del governo, tutte le regioni dovrebbero adottare una procedura standard per dotare di fascicoli sanitari ogni utente del Servizio Sanitario Nazionale.

Il condizionale è d’obbligo, come si dice in questi casi.
Di progetti ambiziosi sulla cosiddetta ” informatizzazione del servizi pubblici” ne abbiamo visti e sentiti tanti, ma realizzazioni concrete, condivise, semplici e alla portata di tutti ancora non ci sono.

Con questa scettica ma doverosa premessa, vediamo allora lo stato dell’arte sulla predisposizione delle procedure tecniche ed organizzative per la creazione del fascicolo sanitario.

Il punto di partenza è, come accennavamo, l’obiettivo fissato per l’Innovazione nella Sanità .(1)
Tra gli obiettivi del piano E-gov 2012 spicca la creazione del Fascicolo Sanitario Elettronico:
“ Rendere disponibile ai cittadini la propria storia clinica nel c.d. Fascicolo sanitario elettronico, assicurando che tale patrimonio informativo sia disponibile nel pieno rispetto della privacy”.

I benefici sono ovvi: la possibilità di usare le mail o accedere a qualche portale dove scaricare i propri dati sanitari a seconda della necessità sarebbe un enorme passo avanti verso la semplificazione dei rapporti tra l’amministrazione sanitaria e l’utenza. Evitare lunghe e fastidiose file, risparmiare tempo e risorse, fare consistenti risparmi di gestione sono i risultati che tutti ci auguriamo.
Il 31 dicembre 2009 è scaduto il termine concesso per la comunicazione da parte di tutte le Regioni delle sperimentazioni in corso sul fascicolo sanitario. Come al solito, ci sono Regioni in dirittura d’arrivo ed altre che non sono nemmeno partite!
Le solite Regioni del Centro Nord, Emilia, Romagna, Lombardia, Toscana, si sono già segnalate per le buone sperimentazioni condotte, tanto che in Emilia Romagna le strutture sanitarie che hanno aderito al progetto SOLE (Sanità online) offriranno ai propri utenti la possibilità di accedere ai propri dati sanitari dal pc di casa con un username ed una password. (2)
Secondo le intenzioni, entro il 2010 dovrebbero essere coinvolti tutti gli abitanti della Regione – circa 4 milioni di cittadini - e anche le strutture sanitarie private. In ogni fascicolo dovrebbe essere presente anche la scheda del medico di base, aggiornabile secondo le esigenze.

Un discorso a sé, naturalmente, concerne la tutela dei dati sensibili in materia sanitaria, come stabilito dalla normativa sulla tutela della privacy.
Come si è visto, mentre si è andati abbastanza avanti sul piano tecnico e procedurale, sulla questione della tutela della privacy si registra solamente l’intervento del Garante della Privacy che, in assenza di disposizioni specifiche, ha emanato un documento intorno alla tenuta e al trattamento dei dati presenti nel fascicolo sanitario, le Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario, con precise indicazioni sulle modalità di accesso, sul trattamento dei dati, sui soggetti deputati alla raccolta e alla tenuta, ecc. (3)

Un documento particolarmente importante, arrivato alla sua stesura definitiva, costituisce la base tecnica per la codifica dei documenti elaborati ed usati in ambito sanitario.
Esso è il risultato di un lavoro di elaborazione effettuato dal TSE - Tavolo di lavoro permanente
per la Sanità Elettronica delle Regioni e delle Province autonome creato per produrre gli standard tecnici di riferimento. (4)
Senza entrare nello specifico del documento tecnico, che fa parte di una serie di documenti rilasciati per predisporre il passaggio alla sanità elettronica, richiamiamo brevemente un punto essenziale per la comprensione dello sforzo che richiede la predisposizione di un modello sanitario fondato sull’immaterialità dei documenti.
Il passaggio fondamentale risiede nell’architettura tecnica scelta e nella sua condivisione tra tutti i soggetti che si trovano ad operare in campo sanitario. Lo standard prefissato è denominato HL7 - CDA, dove HL7 sta per Health Level 7 e CDA è la sigla di Clinical Document Architecture.
L’ HL7 è un organismo internazionale di standard rientrante nell’ANSI (American
National Standards Institute) e formato da specialisti del mondo sanitario che ha come
scopo la predisposizione di standard per lo scambio, la gestione e l’integrazione in
formato elettronico delle informazioni sanitarie, promuovendone l’uso all’interno delle
diverse organizzazioni assistenziali. (5)
Nel corso degli anni HL7 si è affermato come lo standard universalmente adottato a
livello internazionale per la messaggistica e per i documenti elettronici in
ambito sanitario ed è adottato da tutti i più rilevanti programmi nazionali di sanità
elettronica sia in ambito europeo che extraeuropeo.

Il Clinical Document Architecture, invece, è uno standard che specifica la struttura e la semantica di documenti clinici per lo scambio all’interno del dominio sanitario.
Un documento CDA è un oggetto informativo strutturato in grado di contenere testi,
immagini, suoni ed altri contenuti multimediali.
E’ composto da differenti blocchi informativi che veicolano informazioni relative ad esempio al paziente, al medico, alla struttura sanitaria, all’autore del documento, al firmatario del documento, agli eventi clinici, alle osservazioni o procedure mediche a cui il documento si riferisce.

Per l’approfondimento degli aspetti strutturali e per l’uso dei documenti a cui siamo abituati e che usiamo ancora in ambito cartaceo, si rimanda al documento citato e al sito http://www.sanitaelettronica.gov.it/se/.




NOTE

1) Come dice il documento di presentazione del piano” La UE vuole, entro il 2012, la riduzione del 25% degli oneri amministrativi per rafforzare la competitività; mentre la dichiarazione ministeriale di Riga (giugno 2006) punta, entro il 2010, alla riduzione del 50% dell’esclusione dei gruppi sociali svantaggiati e delle regioni arretrate” . Vedi http://www.governo.it/governoinforma/dossier/piano_e_gov_2012/. Il piano E-gov 2012, afferma il documento citato è “da una parte, un piano - flessibile e in progress - per obiettivi, proposti in collaborazione con le amministrazioni, che devono risultare raggiungibili, monitorabili, e commisurati alle risorse disponibili; dall’altra, rappresenta un impegno sia per la diffusione di servizi di rete, sia per l’accessibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione al fine di avvicinarla alle esigenze di cittadini e imprese.” Basti ricordare che il fascicolo sanitario elettronico era stato inserito nei progetti di innovazione anche nei piani precedenti e che nelle intenzioni doveva essere completato entro il 2010.
2) Vedi http://www.progetto-sole.it/consultazione/obiettivi.php. In Lombardia, invece, l’accesso ai propri dati sanitari dovrebbe essere possibile con l’uso di una smart card, mentre la Ligura ha scelto la dizione di conto corrente salute.
3) Vedi http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1633793.
4) Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie – TSE –Tavolo di Lavoro permanente per la sanità elettronica, Standard tecnici per la creazione del documento di prescrizione secondo lo standard HL/ - CDA Rel. 2 – 22/4/2009 – Versione 02.00 – Stato def.. Si trova all’indirizzo http://www.sanitaelettronica.gov.it/se/documenti/TSE-IBSE-RMMG-CDA2-Prescrizione-v02%2000-rid-DEF.pdf. Il TSE è composto dai rappresentanti del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, del Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, delle Amministrazioni Regionali e delle Province Autonome ed è coordinato dal Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie.
5) Vedi http://www.hl7.org..

domenica 7 marzo 2010

I confini incerti della salute e della malattia. Alcune considerazioni sulla scienza medica


In un libro uscito di recente, davvero interessante e per certi versi anche sorprendente, si è preso in esame lo statuto epistemologico della scienza medica e se ne sono esaminate alcune anomalie.
Riteniamo che si tratti di un contributo importante, utile a fare chiarezza su alcuni luoghi comuni e su alcuni automatismi che guidano i nostri giudizi intorno al concetto di salute. (1)

Anzitutto, cos'è la malattia? Sapendo cos'è la malattia possiamo avere una certezza intorno al fenomeno, oltre che al concetto, della salute?

Un primo sorprendente spunto che viene da questo libro riguarda la definizione della malattia.
La definizione della malattia, anzitutto, cambia col tempo. Basti pensare che la soglia glicemica si è abbassata del di oltre il 15 % negli ultimi venti anni o che qualcosa di simile è accaduto per l'ipertensione arteriosa.


Se il concetto di ciò che è considerato patologico è incerto, oscillante, altrettanto traballante risulta la diagnostica e la prognostica; solo il mitico Dr. House, come hanno chiarito alcuni giovani filosofi, usando creativamente deduzioni, induzioni e abduzioni è in grado di dipanare il più aggrovigliato caso sanitario. (2)

Un esempio interessante della dogmaticità della ricerca in alcuni casi è quella sulla monocausalità dei fattori patogeni del beri beri. Alla fine del 1800 erano talmente sicuri di orientare la ricerca su un batterio o su un virus che fosse all'origine di questa malattia, che quando qualcuno provò a collegarla alla spiegazione giusta, cioè la carenza di vitamina B1, sistematicamente questa veniva scartata perché non rientrava nel paradigma batteriologico monocausale, secondo cui ogni malattia ha una e una sola causa, appunto un batterio o un virus.
Similmente accade con le aspettative – per molti versi fondate, intendiamoci – che si hanno nei confronti della genetica. Tanto che gli autori non esitano a definirla come una sorta di mitologia del gene.
L'attuale paradigma dell'ereditabilità genetica è molto simile al paradigma monocausale, con la sua ricerca di un'eziologia infettiva per le malattie, senza tenere nella dovuta considerazione il fattore ambientale. Eppure, dicono i due autori, gli esempi di determinazione ambientale dello sviluppo degli organismi sono davvero tanti, come sta cercando di mettere in luce la nuova disciplina dell'epigenetica.

Un altro elemento interessante di discussione presente nel libro riguarda i rapporti tra la medicina e il mercato. A partire dalla constatazione che a volte non è dato definire con precisione la malattia, come ad es. nel caso dell'ipertensione. Un livello elevato di pressione non è di per sé una malattia secondo i criteri tradizionali, quanto piuttosto un segno predittivo, un sintomo, appunto, di alcune conseguenze patologiche, come l'infarto o l'ictus. Definirla malattia deriva dalla propensione a prevenire le complicazioni con un trattamento farmacologico, una via di attacco alle conseguenze patologiche semplice e remunerativa. Un esempio ancora più eclatante è quello della influenza H1N1, conosciuta come influenza suina. Secondo gli autori, non si tratterebbe però solo di un puro movimento speculativo da parte di Big Pharma, come viene definito dalla stampa. Attrezzarsi per una pandemia potenzialmente letale come quella della H1N1 non è un semplice calcolo economico e la medicina non è in grado, con le conoscenze attuali, di predire con precisione che cosa accadrà e quanti saranno gli infetti. E' la struttura conoscitiva della scienza medica che lavora con ipotesi e con probabilità e non con certezze. E' il suo statuto epistemologico che presenta ancora delle difficoltà, anche se nessuno può negare le straordinarie capacità della medicina di rispondere alle sfide più impegnative.

Ma la contiguità con scelte dettate da potentissimi interessi economici è un forte elemento di distorsione della ricerca per la scienza medica. Se non c' è automatismo nel definire come market oriented la ricerca medica, va però considerato che le sue ripercussioni sul sistema economico sono davvero rilevanti e che le pressioni da parte delle imprese del settore sulla ricerca sono altrettanto imponenti


NOTE
1)R. Satolli, Paolo Vineis, I due dogmi. Oggettività della scienza e integralismo etico, Feltrinelli, Milano 2009. Roberto Satolli è un giornalista ed un divulgatore; Paolo Vineis è un epidemiologo.
2)Blitris, La filosofia del Dr. House. Etica, logica ed epistemologia di un eroe televisivo, Feltrinelli, Milano, 2007. Per chiarire i rapporti tra cultura filosofica e medicina si veda il magistrale contributo di M. Foucault, Nascita della clinica, Einaudi, Torino, 1969 e Id. Storia della follia nell'età classica, Rizzoli, Milano, 1963.


Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 79

martedì 8 dicembre 2009

Il concetto integrale di salute nella sicurezza sui luoghi di lavoro. (prima parte)


Come ci ricorda spesso la cronaca, con il continuo riproporsi di tragici incidenti sul lavoro, Il tema della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro è uno di quelli che occorrerebbe affrontare, oltre che con il doveroso impegno della denuncia, sempre più in termini di prevenzione e di misure organizzative adeguate.

Numerose discipline e studi specialistici, come l’ergonomia, lo studio dei sistemi organizzativi, la psicologia del lavoro, ecc. si sono negli ultimi tempi sempre più affiancate al legislatore nel proporre un adeguamento della nozione di salute, ampliando e precisando in modo considerevole la definizione del bene giuridico da proteggere nella fattispecie della sicurezza sul lavoro.

Come previsto dal Decr. Leg.vo 81/08, Il datore di lavoro è responsabile, oltre che della sicurezza fisica di base dei propri dipendenti, anche della salute mentale e sociale dei propri dipendenti e deve adeguare la propria competenza, accrescendo le proprie conoscenze in materia, alla luce del nuovo “bene giuridico da proteggere”. (1)

Egli dovrà gestire il suo potere decisionale, peraltro, con una mutata e specifica definizione di “salute” (art. 2, c.1, lett. o), alla quale il datore di lavoro dovrà prestare interesse particolare poiché essa è da intendere come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.

Il nuovo dettato legislativo, ampliando in modo significativo la nozione di salute, ci offre una interessante e preziosa opportunità di stabilire con precisione il bene giuridico da proteggere. (2)

La nuova formulazione, peraltro, ci conduce a riflettere su alcune conseguenze significative.

In primo luogo, la salute, presa in considerazione nella recente formula, è, infatti, una condizione, vale a dire una situazione personale e collettiva sul lavoro che deve permanere nel tempo.
Questa condizione, come ci chiarisce la definizione in esame, non consiste, secondo un’interpretazione minimalista sin qui prevalente, “solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.

In secondo luogo, se sospendiamo per un momento la disquisizione in punta di diritto sui profili di responsabilità del datore di lavoro in ordine alla sicurezza lavorativa,
Il mantenimento di tale condizione è, evidentemente, pur sempre rilevante, ma non
sufficiente a rendere il datore di lavoro esente da eventuali responsabilità;

Infatti, lo stato di salute considerato degno di protezione è quello del “completo benessere”.
Il grado della salute, la condizione di benessere, che il legislatore chiede che sia perseguito, corrispondono all’appagamento e alla soddisfazione, beninteso relativamente alla sola vita lavorativa;

La dimensione della salute nel suo dato più elementare, vale a dire nel suo aspetto fisico, continua a rappresentare una categoria essenziale da proteggere. Ma la tutela innanzitutto fisica è da perseguire, secondo la nuova nozione, ad un livello elevato, rappresentato, come si è detto prima, da “pieno appagamento”.

(continua)

NOTE
1) Secondo il DLgs 81/08, all’art. 2, c. 1, lett. b), infatti, il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
2) Come esplicitato nello stesso Decr. Leg.vo n. 81/08: “l’oggetto” da proteggere con la disciplina citata è rappresentato, proprio da quanto espresso nell’art. 2, c. 1, lett. o), la “salute”. Questo concetto di salute è frutto delle oramai celebre definizione data dall’OMS nel 1948 nel suo Statuto. Da notare che ci sono voluti sessant’anni per accoglierlo come criterio guida, nonostante i dibattiti che da diversi anni esistono intorno a questa definizione. Riandando alla storia, è solo dal ‘700 che abbiamo una medicina scientifica, che richiama il metodo di Ippocrate dell’osservazione. Il modello bio-medico, nato insieme alla società industriale, si occupa più della patologia, delle malattie, che non della salute e delle condizioni materiali e lavorative delle popolazioni. E’ solo negli ultimi decenni che si è affacciato il concetto di salute globale, che porta con sé un modello di salute abbastanza diverso da quello conosciuto sin qui e che intende l’individuo come unità psicofisica e non come portatore di singoli organi. Inoltre, acquista rilevanza maggiore l’interazione con l’ambiente circostante, anche nell’eventualità di un ricorso sempre più intenso alle cure genetiche e agli interventi sul DNA. E’ dal rapporto dinamico tra codici genetici ed ambiente che si profila l’esigenza di un nuovo modello di salute.