martedì 28 dicembre 2010

L'uomo più felice del mondo

Un incontro tra neuro scienza e meditazione.

Matthieu Ricard è stato definito l'uomo più felice del mondo.
Mathieu Ricard è un meditatore che addestra la sua mente da molti anni, sviluppando compassione e consapevolezza.

Quello che segue è il trailer del libro che ha scritto.

sabato 13 novembre 2010

Un sussidiario per il consumatore evoluto


Negli ultimi anni, anche in Italia, si è affermata una nuova realtà associativa, sull'esempio di più antiche e blasonate realtà anglosassoni.

Stiamo parlando delle associazioni dei consumatori, realtà collettive ormai consolidate e sempre più influenti, in grado di esercitare un'attività di lobbing trasparente e a volte anche rumorosa. E' un costume tipico del nostro Paese, quello di far convivere fenomeni sociali ed istituzionali disparati, derivati da culture istituzionali differenti, come quella anglosassone e quella continentale.
Da noi convivono organizzazioni sindacali storiche con associazioni di consumatori (1), istituzioni di controllo previste dalla Costituzione e Authority di settore (lo dice la parola stessa) di chiara derivazione anglosassone, sovrapponendosi nei compiti e negli obiettivi.

D'altro canto, non vi sono norme, in Italia, che regolino l'attività di lobbing, che spesso rimane occulta, affidata a trattative riservate nelle segrete stanze. E ciò nonostante nel nostro Paese non manchino i pronipoti delle corporazioni medievali che sono riluttanti o del tutto contrari ad ogni presunta minaccia alle loro rendite di posizione.
Perlomeno, le associazioni dei consumatori hanno il pregio di esercitare la tutela degli interessi diffusi della collettività alla luce del sole, usando i mezzi a disposizione dei cittadini comuni, con il ricorso alla giustizia come ultima ratio.

Un interessante strumento messo a disposizione da una di queste associazioni, l'Adiconsum, può rivelarsi un comodo aiuto per orientarsi con più consapevolezza nel panorama delle insidie per il consumatore.
E' da poco tempo on line, infatti, la banca dati di questa associazione, dal nome “ABC consumatore informato” (http://web.me.com/adiconsum/Banca_Dati_Adiconsum/HOME.html), in collaborazione col Ministero del Lavoro. (2)
L'intento è quello di coprire la complessa problematica dei consumi consapevoli ed informati, dalle vacanze al commercio, dal fisco ai servizi finanziari, ecc.

Il sito è strutturato su tre grandi aree d'interesse: nozioni, facsimili e leggi.
Nel primo gruppo si possono reperire le informazioni generali sui vari temi suddivisi per argomenti. A disposizione dell'utente ci sono delle schede informative contenenti riferimenti legislativi, esempi, tabelle tecniche e quant’altro necessario per approfondire la materia trattata.
La seconda area è invece dedicata ad una parte più pratica e raccoglie numerosi facsimili utili in caso di richieste di rimborsi, contestazioni, ricorsi, ecc.
Infine, la terza è dedicata alle leggi più importanti per i consumatori italiani.

Si tratta di un piccolo glossario elettronico dei diritti del consumatore, in continuo aggiornamento, scritto con un linguaggio accessibile a tutti.
Per i primi tempi la consultazione sarà libera poi sarà prevista una pagina di accesso dove l'utente dovrà registrarsi.





Note
1) Per quanto le organizzazioni sindacali si occupino com'è noto dei diritti e della tutela dei lavoratori, è vero che spesso, in forma non esplicita, hanno svolto un ruolo di salvaguardia dei diritti di cittadinanza generici.
2) Come scritto nel sito, si tratta di un prodotto nato dall'iniziativa progettuale denominata “Seminario di formazione su consumo responsabile e accesso alla giustizia e realizzazione di una banca dati on line su promozione sociale e diritti del consumatore”, finanziata dal Ministero del Lavoro ai sensi della Legge 383/2000.


Tratto da:

Rivista Lavoro e Post Mercato n° 85

domenica 3 ottobre 2010

Presentata alla 4° edizione di Strada Facendo la "Carta di Terni" sulle politiche sociali





Lo scorso mese di febbraio si è tenuta al Palatennistavolo a Terni la 4° edizione di Strada Facendo, l'appuntamento nazionale promosso dal Gruppo Abele e da Libera sulle politiche sociali.(1)

Molti relatori, appartenenti a varie associazioni, al mondo della politica e del volontariato si sono confrontati dal 5 al 7 febbraio sul presente e sul futuro del welfare nel nostro Paese e hanno sintetizzato i risultati di questi dibattiti nella “Carta di Terni per un nuovo Welfare”, nel tentativo di presentare idee, modelli e strategie per le politiche sociali.(2)

La sfida è davvero ardua, soprattutto in tempi di bilanci magri e di difficoltà nel disegnare nuovi modelli di intervento per i diritti dei cittadini resi ancora più deboli dalla crisi, dalla disoccupazione e dai processi di impoverimento in corso.
Le discussioni e i confronti sono state organizzate in sette “cantieri”, relativi a materie sensibili per il dibattito sociale e politico: lavoro, welfare, abitazione, immigrazione, salute, carcere, giovani).

Le ricerche e i dati che sono stati presentati hanno disegnato i contorni di un paese in cui cresce la vulnerabilità dei soggetti più deboli, a cominciare dai giovani per i quali le regole del mondo del lavoro sono sempre più nel segno della precarietà. Tra i giovani, dai 15 ai 24 anni, i senza lavoro costituiscono il 26%; nell'Unione Europea lo stesso dato si ferma al 21%.

Se si riesce a trovare un lavoro stabile, nonostante l'aumento dei dati sulla disoccupazione, c'è da considerare che i salari italiani sono tra i più bassi d'Europa.
Con stipendi del 17% inferiori alla media dell'area Ocse, sono circa 13 milioni i lavoratori italiani che guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese e circa 6,9 milioni di lavoratori, di euro ne prendono meno di 1.000. Il reddito delle famiglie operaie e degli impiegati è sceso di 1.700 euro dal 2000 al 2008. A fronte, i professionisti e gli imprenditori hanno invece incrementato i loro redditi con oltre 9.000 euro. Ancora meglio è andata ai manager: i loro compensi sono cresciuti del 38%.

Impressionante risulta il peso dell'economia sommersa: il numero di lavoratori irregolari è molto vicino ai 3 milioni, il 12% della forza lavoro nazionale. Il valore stimato del "sommerso" è pari a 92,6 miliardi di euro. La metà dei lavoratori irregolari è impiegata al Sud. Con il primato alla Calabria, con il 15%. Seguono la Sicilia (12.7%); la Campania (12,2%); la Basilicata e la Sardegna con l'11,7%.

Anche la povertà assoluta - quella che riguarda le persone che non sono in grado di acquistare beni e servizi primari - risulta inattaccabile dalle politiche sociali, visto che da anni riguarda il 5% della popolazione (quasi tre milioni di persone....).
Analoga la situazione dei poveri cosiddetti relativi, la cui distanza da quelli assoluti risulta sempre più ridotta.

Una particolare attenzione è stata dedicata in queste giornate di studio anche al mondo delle carceri, sconosciuto e nascosto all'attenzione generale. I dati sono significativi: nei penitenziari italiani sono presenti ben 20.000 detenuti in più di quelli previsti dalle strutture, con esperienze di detenzione degradanti e inumane. Il collasso delle strutture penitenziarie è visibile nelle cifre: poco meno della metà (il 46%) è in attesa di giudizio. A riprova che la giustizia non colpisce i colletti bianchi e i potenti, dei detenuti in custodia cautelare la gran parte sono stranieri, imputati per reati minori o per la violazione di leggi sull'immigrazione. Da ultimo il dato dei suicidi: nel 2009 il record del numero dei suicidi in carcere: 72. L'anno in corso, peraltro, rischia di essere peggiore del precedente.

NOTE
1)Vedi http://www.gruppoabele.org , e http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1.
2)Per un esame più approfondito delle proposte presentate nella “ Carta di Terni” si invitano i lettori ad una lettura diretta del documento. Il documento è visibile qui: http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2832.


Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 84

domenica 12 settembre 2010

Le rotte dei nuovi schiavi. Il caso Rosarno


Nei due interventi precedenti (n° 81 e 83 di LPM) abbiamo cercato di richiamare l'attenzione sulla mancanza di scrupoli di un sistema economico che agisce e prospera nella completa illegalità.
Ma non vi è solo un sistema economico che rifiuta ogni regolazione di carattere legale, in spregio ad ogni norma, giuridica ed etica.
Come ha mostrato il caso Rosarno, il mancato riconoscimento dei più elementari diritti umanitari, oltre a saldarsi strettamente a quei settori dell'economia che operano nella più totale illegalità sfruttando il lavoro dei diseredati immigrati, diventa ulteriore fonte di guadagno anche per la criminalità organizzata.
Gli allarmi lanciati dagli osservatori più attenti sulla potenza economica della 'ndrangheta, oltre che sulla sua pericolosità e capacità di infiltrazione nelle iniziative economiche legali sono spesso caduti nel vuoto, tacciati di allarmismo e di sterile professionismo antimafioso. (6)

Possiamo introdurre a questo proposito un invito ad una maggiore attenzione?
In fondo, possiamo considerare l'esemplarità della situazione di Rosarno come una sorta di laboratorio sociale in cui si vedono alcune dinamiche che molto spesso l'opinione pubblica non vuole o non sa cogliere.
La prima, l'abbiamo detto, è quella di una funzionalità di fatto del mercato delle braccia di molti immigrati, soprattutto nei settori in cui lo sfruttamento del fattore della forza lavoro è preponderante rispetto all'impiego di capitale o di macchine, come nell'agricoltura o nell'edilizia o nella manifattura.

La questione di questa sorta di neo schiavitù sembra ben accetta da molti e rubricata spesso come questione di mero ordine pubblico, quando i fenomeni di sfruttamento, di rifiuto dell'estensione dei diritti elementari e di mancata integrazione rendono evidente il problema.

La seconda dinamica, in un cerchio più largo, riguarda la cosiddetta società civile, che non ignora del tutto il problema ma ne trae un qualche beneficio, vendendo beni e servizi ai poveri sventurati che ne hanno bisogno, salvo poi invocare la mano di ferro o attribuire loro tutte le malefatte possibili.

La terza dimensione riguarda diversi settori della Pubblica amministrazione e organi istituzionali che invece di intervenire per attenuare o contrastare lo sfruttamento, dimostrano il loro disinteresse nei confronti di soggetti che evidentemente non hanno alcun santo protettore.

Una quarta dinamica, del tutto sconosciuta ai più, riguarda il ruolo della criminalità organizzata.
La 'ndrangheta all'opera in quel di Rosarno non solo taglieggia, traffica, uccide, minaccia, ricatta, inquina ma estrae valore anche dalla necessità di una massa di disperati che cerca di procacciarsi in qualche modo di sopravvivenza.

Vogliamo provare a disegnare il circuito del valore aggiunto estratto dalle 'ndrine, a riprova dello spirito di intrapresa delle cosche?
Il primo passaggio è quello del possesso della terra. Gli agrumeti e gli uliveti della zona, nelle poche zone fertili per un'agricoltura redditizia, sono passati di mano alle cosche più agguerrite, con i consueti metodi delle minacce e delle compravendite forzate.

Il secondo passaggio è quello degli introiti derivanti dai contributi della Ue all'agricoltura. Come forse non è noto, si è passati dai contributi versati in base ai raccolti effettuati a quelli legati al possesso della terra e al numero di ettari di coltura posseduti. Facile immaginare chi rastrella questi contributi.

Il terzo passaggio è far figurare come braccianti agricoli migliaia di persone che fanno finta di lavorare nella terra e versano da sé i contributi per poi recuperarli ad abundantiam con un welfare piegato all'illegalità e guadagnandoci i sussidi di disoccupazione e gli assegni di maternità e quant'altro.

Il quarto passaggio riguarda gli immigrati, impiegati davvero nella raccolta ma del tutto assenti nelle statistiche ufficiali. In cambio di turni di lavoro massacranti e di pochi euro l'ora, si offre loro, facendoseli pagare a caro prezzo, alloggi fatiscenti, servizi di trasporto per i luoghi di raccolta e taglieggiamenti da parte dei caporali che ingaggiano le braccia. Il risultato è ampiamente positivo per un network di criminali che non esitano a passare a vie di fatto per far abbassare la testa a tutti coloro che cercano di ribellarsi a questo stato di cose.
Alle solite categorie che individuano i proventi delle cosche, oltre al traffico di droga e di armi, di gran lunga le voci più importanti, insieme ai racket, al gioco illegale, al traffico di esseri umani per la prostituzione e al riciclaggio di enormi quantità di denaro, va aggiunta anche la categoria dello sfruttamento al limite dello schiavismo di migliaia di immigrati che vendono l'unica cosa che possiedono: le braccia per lavorare.

Si tratta di una voce che comparata alle altre non offre molti introiti, ma non mettiamo limite all'inventiva delle 'ndrine. I “piccioli” non hanno odore e non hanno confine, come hanno imparato a loro spese i tedeschi dopo la strage di Duisburg.
E infine l'ultimo e più pericoloso aspetto, meno visibile e meno misurabile: fare percepire alle popolazioni residenti la propria forza e la propria impunità nel controllo del territorio.

NOTE

6)Vedi ad es. http://www.crimelist.it/index.php?option=com_content&task=view&id=686&Itemid=371. La fonte principale di riferimento rimane la Relazione finale della Commissione Parlamentare Antimafia del marzo 2008.



Tratto da Rivista Lavoro e PostMercato n° 84

sabato 24 luglio 2010

Un esercito di volontari. Cultura del dono e azione gratuita

Abbiamo concluso la seconda parte di questo intervento interrogandoci sul significato dell'azione gratuita.
Senza scomodare troppe teorie, seguiamo il sentiero di un discorso che fissi alcuni spunti di riflessione su una questione che è evidentemente di difficile approccio, considerando che essa si trova all'incrocio di diverse discipline e che l'opera di traduzione dall'una all'altra non è poi così agevole.

E' sufficiente la definizione di azione gratuita come azione spontanea, benefica e non remunerativa?
Non completamente, crediamo. Ci sono vari argomenti che possono mettere in dubbio la non remunerazione o la non spontaneità delle azioni gratuite. Basti pensare che si può compiere un'azione non remunerata o non in vista di un bene (lavoro, reputazione) futuro.

C'è chi suggerisce che se vogliamo introdurre il paradigma relazionale all'interno delle scienze economiche, invece del consueto individualismo razionale, dobbiamo invece considerare che il fine dell'azione gratuita è la costruzione ed il mantenimento della fraternità, vale a dire della necessità di fare il bene non per-gli-altri ma con-gli- altri. Ed è questo ciò che distingue la filantropia dall'azione gratuita.(3)

La questione sembrerebbe ruotare intorno alla possibilità (o impossibilità) di un'azione veramente gratuita. Autorevoli filosofi, come ad es Derrida, hanno argomentato come il dono sia un evento impossibile, proprio perchè il dono come tale non dovrebbe essere fatto ed essere percepito in modo interessato; poiché sembrerebbe non esistere un tale livello di “purezza” del dono, se ne deduce che esso è impossibile, oppure che esso è collocabile in una aporia insormontabile. (4)

L'importanza che assume la discussione in ambito antropologico è nota a tutti. Vecchi e nuovi antropologi ne hanno studiato le forme più svariate ma non sono pervenuti ad una modellizzazione definitiva, se non rinviando ad un ipotetico modello di scambio tra non equivalenti e come forma di riconoscimento sociale reciproco. (5)
L'esito paradossale cui si perviene affidandoci alla coppia concettuale egoismo – altruismo è dovuto ad un vizio concettuale di fondo, per cui vi è sempre un qualche interesse che guida l'agire. Se si agisce in modo da produrre un beneficio, a sé o ad altri, l'azione totalmente gratuita sfuma anche dal lato degli effetti e non solo delle cause.
Eppure, l'azione gratuita esiste, ne abbiamo esperienza, magari compiamo atti che possono essere ricondotti a questa categoria.

Allora perché tanta difficoltà nel trovarne una definizione condivisa?
Sono diversi i livelli di coscienza che noi abbiamo di queste azioni, verrebbe da dire. Una madre che accudisce il proprio bambino lo fa perché ottempera ad un dettato di conservazione della specie o perché, spontaneamente, sceglie i mezzi per farlo crescere nel modo migliore? E ancora: gli atti che si compiono in pura gratuità, senza domandarsene la ragione, sono migliori di quelli che si compiono con raziocinio e senso del risultato?
Non abbiamo una risposta a queste domande. L'idea che le discipline economiche dovrebbero tornare a misurarsi con questioni del genere, eviterebbe di interrogarsi e di accapigliarsi sul perché delle varie crisi economiche o sulla crescita del mercato immobiliare.

Per concludere – e se possibile complicare ulteriormente un quadro tanto problematico – vorremmo introdurre un'ultima questione.
Chi scrive ritiene che ogni azione che comporti una riduzione di sofferenza o di bisogno sia del tutto benvenuta, quale che ne sia lo scopo o la forma che essa assume.

E' necessario, però, porsi il problema del vero convitato di pietra di queste riflessioni, vale a dire la questione delle cause che hanno condotto al bisogno o alla sofferenza.
Non sappiamo se l'atto di donare sia iscritto nella natura umana, data la difficoltà di circoscrivere un fenomeno di questo genere.
Esso serve certamente a costruire una diversa socialità, oltre che a mitigare gli effetti più nefasti della tendenza a ridurre tutto al dominio del possesso.
Tuttavia crediamo si possa affermare che ogni atto di solidarietà e di dono di sé completa il senso che lo giustifica se, e solo se, si dirige verso la rimozione definitiva delle cause delle sofferenze che si trova a contrastare.

E' a partire da questo incrocio di questioni che l'economia, la politica , l'etica e la giustizia sociale possono trovare un orizzonte di senso adeguato e coerente. (Fine. Gli interventi precedenti si trovano ai numeri 79 e 80 di LPM)


NOTE

3)“C’è un interesse superiore al fondo dell’azione gratuita: costruire la fraternità. Nelle nostre società, il dono è, in primo luogo, dono alla fraternità”. Vedi http://www.aiccon.it/file/convdoc/n.32.pdf
4)Vedi Derrida J., Donare il tempo e la moneta falsa, Torino, Bollati Boringhieri, 1996
5)Vedi su tutti Mauss M, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Torino, Einaudi, 2002 e A. Caillè, Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.


Tratto da Rivista Lavoro e Post mercato n° 83

domenica 23 maggio 2010

Le rotte dei nuovi schiavi. Gli invisibili al lavoro


Nell'intervento precedente (vedi n° 81 di LPM dell'1/3/10) abbiamo richiamato la triste vicenda storica delle navi negriere per afferrarne analogie e differenze con il presente.

Quello che è emerso con forza, con lo shock della rivolta degli schiavi, è che i nuovi forzati sono passati dal cono d'ombra che li avvolge normalmente alla piena luce dei riflettori.
Questi che fino a poco tempo fa erano invisibili, dopo essere stati oggetto di sfruttamento, diventano oggetto d'interesse ma non soggetti riconosciuti.

Perché questo sembrerebbe il punto che molti autorevoli editorialisti sembrano dimenticare, concentrandosi più sull'esistenza di fenomeni di razzismo in Italia che sulla funzionalità garantita ad un mercato delle braccia da una massa di immigrati ricattabili, senza alcuna tutela, sfruttati e magari accusati, per il semplice fatto di essere irregolari, di contribuire ad aumentare la criminalità.

Ad un osservatore anche disattento non dovrebbe sfuggire la realtà che milioni di persone, nelle varie forme che prende il lavoro sottopagato e sfruttato, sono funzionali ad un'economia sommersa fatta di illegalità, di soprusi e di abuso.
La nuova schiavitù funziona così: masse di disperati arrivano nel mondo ricco e vengono subito messi a profitto nei lavori più umili e sottopagati, in condizioni abitative precarie, nella paura di un permesso di soggiorno negato o scaduto, nella convinzione e nella certezza che i caporali che fanno incetta di nuovi schiavi, dai più bassi livelli fino a quelli dei colletti bianchi, non saranno scoperti e puniti per le loro malefatte e per le loro operazioni di bieco sfruttamento.

Che dire, poi, come nel caso di Rosarno, dell' incredibile cecità delle istituzioni: ASL, Ispettorati del Lavoro, Polizia, ecc, che non si accorgono di avere su quel territorio, con una popolazione di circa 8000 persone, circa 1500 immigrati che lavorano nelle campagne senza diritti e senza abitazione, con un presidio di Medici senza frontiere che offre loro assistenza sanitaria, come si farebbe in un qualche campo di rifugiati?

Viene quasi da pensare che sulla pelle degli immigrati si stia conducendo un esperimento che presto potrebbe riguardare tutti. Visto che è il mercato a “programmare”, sono solo gli accordi informali tra datore di lavoro e lavoratore e la concorrenza tra lavoratori a stabilire il salario effettivamente percepito. Si può immaginare, con rapporti di forza simili, quale sia il potere contrattuale di un extracomunitario che ha bisogno di un lavoro per vivere, braccia da sfruttare in quei settori economici che si alimentano di lavoro privo di tutele, lucrando sulla loro condizione di precarietà esistenziale, abitativa, sociale, giuridica.

Sulla specificità del caso di Rosarno, sul suo presentarsi come laboratorio avanzato di una economia criminale che si arricchisce sfruttando senza alcuno scrupolo e senza paura di essere scoperti, ritorneremo più avanti.
Seguiamo invece per un momento i risultati di uno studio presentato pochi giorni fa, che sgombra il campo da diversi luoghi comuni.

Sugli irregolari come massa di manodopera a basso costo, funzionale ad un'economia sommersa e del tutto illegale, è stato presentato uno studio condotto alla fine dello scorso anno commissionato dalla Fondazione Rodolfo De Benedetti e presentato a Bologna. (4)
Come ha spiegato l'economista Tito Boeri, Ordinario di Economia del Lavoro, presentando i dati, c'è una decisa smentita della relazione diretta tra aumento dell'immigrazione e aumento della criminalità.
Gli “irregolari” lavorano di più e guadagnano di meno rispetto a chi ha i documenti in regola. Sono una risorsa per molti imprenditori che agiscono nella completa illegalità.
Il 66% degli immigrati privi di permesso di soggiorno, infatti, ha un lavoro, nonostante sia privo di un titolo legale per rimanere in Italia. È impiegato in nero e fa turni molto pesanti: l'80% non si ferma neppure il sabato, il 31,8% lavora di domenica e il 38% fa anche turni notturni (contro il 22% degli immigrati regolari).
Lavorano tanto, ma la loro retribuzione è inferiore ad ogni soglia possibile, in comparazione alle retribuzioni legali.. Il 40% di chi non ha il permesso di soggiorno, infatti, guadagna meno di 5 euro l'ora. E ancora peggio va alle donne prive di permesso di soggiorno.

Questi risultati - conclude Boeri - spiegano perché gli immigrati irregolari continuano a venire in Italia: trovano facilmente lavoro, anche senza permesso di soggiorno. E i datori di lavoro possono pagarli ancor meno di quanto pagherebbero i regolari".

Un indizio indiretto ma assolutamente cogente di questo impiego senza scrupoli di forza lavoro, per un'economia che vive anche di sfruttamento, è l'aumento crescente di infortuni sul lavoro che riguardano i lavoratori stranieri. (5)

NOTE

4)Questi risultati sono stati presentati nel corso del "Forum sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro", organizzato dalla fondazione Alma Mater.Vedi http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/consulenzaericercaapplicata/OsservatoriCentriTematici/29_GENNAIO_SALUTE_E_SICUREZZA_NEI_LUOGHI_DI_LAVORO.htm.
5)Vedi http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SICUREZZA. Come ha spiegato Il Presidente dell'INAIL, Sartori, nel presentare il consuntivo dei dati sugli infortuni nell'anno 2009, “in termini relativi, l'incidenza infortunistica risulta più elevata per gli stranieri: 44 casi denunciati ogni 1000 occupati, contro i 39 degli italiani. I motivi sono spesso riconducibili all'impiego di questi lavoratori in attività più a rischio, connotate da una forte componente manuale e in assenza di un'adeguata formazione professionale".

sabato 8 maggio 2010

Un esercito di volontari. Cultura del dono e azione gratuita


Abbiamo concluso la seconda parte di questo intervento interrogandoci sul significato dell'azione gratuita.
Senza scomodare troppe teorie, seguiamo il sentiero di un discorso che fissi alcuni spunti di riflessione su una questione che è evidentemente di difficile approccio, considerando che essa si trova all'incrocio di diverse discipline e che l'opera di traduzione dall'una all'altra non è poi così agevole.

E' sufficiente la definizione di azione gratuita come azione spontanea, benefica e non remunerativa?
Non completamente, crediamo. Ci sono vari argomenti che possono mettere in dubbio la non remunerazione o la non spontaneità delle azioni gratuite. Basti pensare che si può compiere un'azione non remunerata o non in vista di un bene (lavoro, reputazione) futuro.

C'è chi suggerisce che se vogliamo introdurre il paradigma relazionale all'interno delle scienze economiche, invece del consueto individualismo razionale, dobbiamo invece considerare che il fine dell'azione gratuita è la costruzione ed il mantenimento della fraternità, vale a dire della necessità di fare il bene non per-gli-altri ma con-gli- altri. Ed è questo ciò che distingue la filantropia dall'azione gratuita.(3)

La questione sembrerebbe ruotare intorno alla possibilità (o impossibilità) di un'azione veramente gratuita. Autorevoli filosofi, come ad es Derrida, hanno argomentato come il dono sia un evento impossibile, proprio perchè il dono come tale non dovrebbe essere fatto ed essere percepito in modo interessato; poiché sembrerebbe non esistere un tale livello di “purezza” del dono, se ne deduce che esso è impossibile, oppure che esso è collocabile in una aporia insormontabile. (4)

L'importanza che assume la discussione in ambito antropologico è nota a tutti. Vecchi e nuovi antropologi ne hanno studiato le forme più svariate ma non sono pervenuti ad una modellizzazione definitiva, se non rinviando ad un ipotetico modello di scambio tra non equivalenti e come forma di riconoscimento sociale reciproco. (5)
L'esito paradossale cui si perviene affidandoci alla coppia concettuale egoismo – altruismo è dovuto ad un vizio concettuale di fondo, per cui vi è sempre un qualche interesse che guida l'agire. Se si agisce in modo da produrre un beneficio, a sé o ad altri, l'azione totalmente gratuita sfuma anche dal lato degli effetti e non solo delle cause.
Eppure, l'azione gratuita esiste, ne abbiamo esperienza, magari compiamo atti che possono essere ricondotti a questa categoria.

Allora perché tanta difficoltà nel trovarne una definizione condivisa?
Sono diversi i livelli di coscienza che noi abbiamo di queste azioni, verrebbe da dire. Una madre che accudisce il proprio bambino lo fa perché ottempera ad un dettato di conservazione della specie o perché, spontaneamente, sceglie i mezzi per farlo crescere nel modo migliore? E ancora: gli atti che si compiono in pura gratuità, senza domandarsene la ragione, sono migliori di quelli che si compiono con raziocinio e senso del risultato?
Non abbiamo una risposta a queste domande. L'idea che le discipline economiche dovrebbero tornare a misurarsi con questioni del genere, eviterebbe di interrogarsi e di accapigliarsi sul perché delle varie crisi economiche o sulla crescita del mercato immobiliare.

Per concludere – e se possibile complicare ulteriormente un quadro tanto problematico – vorremmo introdurre un'ultima questione.
Chi scrive ritiene che ogni azione che comporti una riduzione di sofferenza o di bisogno sia del tutto benvenuta, quale che ne sia lo scopo o la forma che essa assume.

E' necessario, però, porsi il problema del vero convitato di pietra di queste riflessioni, vale a dire la questione delle cause che hanno condotto al bisogno o alla sofferenza.
Non sappiamo se l'atto di donare sia iscritto nella natura umana, data la difficoltà di circoscrivere un fenomeno di questo genere.
Esso serve certamente a costruire una diversa socialità, oltre che a mitigare gli effetti più nefasti della tendenza a ridurre tutto al dominio del possesso.
Tuttavia crediamo si possa affermare che ogni atto di solidarietà e di dono di sé completa il senso che lo giustifica se, e solo se, si dirige verso la rimozione definitiva delle cause delle sofferenze che si trova a contrastare.

E' a partire da questo incrocio di questioni che l'economia, la politica , l'etica e la giustizia sociale possono trovare un orizzonte di senso adeguato e coerente. (Fine. Gli interventi precedenti si trovano ai numeri 79 e 80 di LPM)


NOTE

3)“C’è un interesse superiore al fondo dell’azione gratuita: costruire la fraternità. Nelle nostre società, il dono è, in primo luogo, dono alla fraternità”. Vedi http://www.aiccon.it/file/convdoc/n.32.pdf
4)Vedi Derrida J., Donare il tempo e la moneta falsa, Torino, Bollati Boringhieri, 1996
5)Vedi su tutti Mauss M, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Torino, Einaudi, 2002 e A. Caillè, Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.

domenica 2 maggio 2010

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato n° 83

Lavoro e Post Mercato
Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro


Rivista n. 83 - del 01-04-10

Sommario

*

Argomento: Info lavoro

Lavoratori pubblici e certificazione di malattia: si cambia tutto!

Ancora innovazioni in materia di malattie dei dipendenti pubblici,il Ministero della Salute, con il Decreto Ministeriale d 26 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 65, del 19 marzo 20...

Rita Schiarea


*

Argomento: Rete sociale

Stato e civiltà giuridica: è on line Normattiva, la banca dati gratuita delle leggi italiane

Permettete a chi scrive di salutare con gioia uno dei provvedimenti più attesi dagli operatori del diritto e dai cittadini tutti una banca dati aggiornata e realmente gratuita.

Un primo ...

Alba Caiazzo


Argomento: Rete sociale

Nuovi progetti a favore delle famiglie: pronti i contributi finanziari

Importanti novità in tema di sostegno alle famiglie, lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 25 marzo 2010 il bando per il fina...

Diego Piergrossi


*

Argomento: Formazione

Imprese: dal 1° Aprile la Comunicazione Unica diventa obbligatoria

Una Pubblica Amministrazione spina dorsale del sistema paese è questa la ratio di ComUnica, la Comunicazione unica d'impresa (in vigore dal 1 aprile 2010). Comunica è una procedura telematica, che div...

Pierfrancesco Viola



*

Argomento: Evoluzione normativa

Nuove misure di sostegno a produzione e consumi: pronto un nuovo Decreto Legge

E' stato approvato dal Consiglio dei Ministri, nella seduta del 19 marzo scorso, un decreto-legge che contiene importanti misure di sostegno all'attività produttiva ed ai consumi.

Incent...

Giuseppe Formichella


continua...
*

Argomento: Etica e lavoro

Le rotte dei nuovi schiavi. Gli invisibili al lavoro

Nell'intervento precedente (vedi n° 81 di LPM dell'1/3/10) abbiamo richiamato la triste vicenda storica delle navi negriere per afferrarne analogie e differenze con il presente.

Quello c...

Antonio M. Adobbato


*

Argomento: Approfondimento

Un esercito di volontari. Cultura del dono e azione gratuita

Abbiamo concluso la seconda parte di questo intervento interrogandoci sul significato dell'azione gratuita.
Senza scomodare troppe teorie, seguiamo il sentiero di un discorso che fissi alcuni sp...

Antonio M. Adobbato

domenica 11 aprile 2010

Le rotte dei nuovi schiavi. Le navi negriere


Iniziamo questo intervento con una citazione storica, almeno per ricordare a noi tutti che ci sono fenomeni che vengono da lontano e che un po' di studio e di buona memoria dovrebbero servire per farne buon uso e orientarsi nel presente.

Nel 1781 il capitano Luke Collingwood, al comando della nave negriera Zong, poiché la neve era fuori rotta, con poco cibo e scarse riserve d'acqua, ordinò al suo equipaggio di gettare a mare, al largo dei Caraibi, 132 africani vivi e incatenati ai loro ceppi.
Alla base della sua decisione c'era il fatto incontrovertibile per gli usi dell'epoca che il suo carico umano – o per meglio dire, la merce – sempre più avariato e debilitato per gli stenti, sarebbe perito prima di giungere a destinazione e per questo semplice motivo l’assicurazione non avrebbe pagato lo spettante agli armatori della nave.
Ciò che portò alla ribalta il caso fu il processo che seguì, a Londra, rifiutandosi appunto l’assicurazione di pagare le “perdite” dello Zong.
Dell’episodio esistono resoconti e documenti di archivio; ad esso si riferiscono saggi assai rilevanti nella storia dell’abolizione della schiavitù. (1)

Ad oltre due secoli di distanza, possiamo affermare che le navi negriere non solcano più i mari con il loro triste carico di sofferenza e di sfruttamento?
Diciamo che non esistono più armatori, capitani ed equipaggi, oltre a compagnie assicurative e governi compiacenti, che si muovono alla luce del sole e nella piena legalità per rifornire di forza lavoro a bassissimo costo le coltivazioni e le manifatture più pesanti.

Se c'è un cambiamento, evidente, è che gli schiavi non vengono prelevati alla fonte, con dispendio di patrimoni e di energie per armare le navi e per attrezzare gli equipaggi. Essi, adesso, vengono nel primo mondo spontaneamente, sulle carrette del mare più inverosimili, dopo aver passato a rischio della vita mesi di spostamenti dalle lande più desolate dell'Africa, e dal terzo e ultimo mondo, in cerca di una occasione di sopravvivenza, per sfuggire alla guerra, alla fame o alla persecuzione politica.

Se sopravviveranno agli stenti e al capriccio dei nuovi negrieri che si occupano dei loro spostamenti dai loro sperduti villaggi dopo aver lasciato alle spalle una famiglia ancora più povera dopo la loro partenza,se riusciranno a superare indenni gli spostamenti con ogni mezzo dal deserto, se finalmente riusciranno a trovare una qualsiasi imbarcazione o un mezzo di trasporto che li traghetti nel primo mondo dopo aver pagato una cifra enorme per le loro scarsissime possibilità, se saranno riusciti a sbarcare su una qualche spiaggia del primo mondo con le ossa intatte e senza essere annegati nella traversata, allora può darsi che riusciranno a trovare un qualche lavoro che gli consentirà di sopravvivere e di comprarsi da mangiare e da bere e poco più. Sempre che non vengano intercettati prima dell'arrivo e non vengano internati – eufemismo che sostituisce segregato – in un qualche CIE dove si troveranno in totale sovraffollamento e condizioni di prigionia senza condanna e senza processo.

Invito a guardare le immagini degli interni di una nave negriera (2).
Assomiglia come una goccia d'acqua agli spazi dei CIE e ai poveri giacigli dei capannoni abbandonati dove trovano rifugio.
Come quel capannone abbandonato nelle campagne di Rosarno (RC), Italia, dove alloggiavano centinaia di immigrati in condizioni igieniche ed abitative che l'organizzazione MSF, Medici senza frontiere, ha paragonato alle condizioni dei profughi sparsi nelle varie zone del mondo.
La cronaca è troppo nota, per richiamarla qui. Basta un semplice accenno alla miccia che ha fatto deflagrare il conflitto tra migranti e popolazione locale. Dalle ricostruzioni fatte ex post pare che la rivolta degli immigrati sia stata scatenata dalle provocazioni di alcuni giovani del luogo che avrebbero fatto una bravata assurda, sparando con i fucili ad aria compressa ad alcuni immigrati. La reazione fu furibonda e scatenò l'interesse dei media che dedicarono per qualche giorno ampio spazio alla vicenda. Pensosi editorialisti giunsero a domandarsi se anche in Italia, nel paese che per alcuni decenni ha visto emigrare milioni di uomini e donne verso altri paesi in cerca di fortuna, si fosse instillato il germe del razzismo. Le risposte a questa domanda sono state le più varie e non le riassumiamo qui. Ciascun lettore si faccia la stessa domanda e si dia una risposta onesta.(3)

NOTE
1)Ma la storia dello Zong è nota anche perché ispirò a Turner uno dei suoi quadri più famosi, Slavers Throwing Overboard the Dead and Dying – Typhoon Coming On, comunemente conosciuto come The Slave Ship, esposto per la prima volta a Londra nel 1840, nel pieno della campagna abolizionista. Vedi su questo punto http://www.ospiteingrato.org/Interventi_Interviste/I_guanti_di_Maroni_24_6_09.html.
Abbiamo leggermente modificato l'incipit di questo bello articolo di cui consigliamo la lettura.
2)E' visibile qui: http://www.culturabarocca.com/GI.htm#ORIGINARIAMENTE. I CIE, acronimo per centri di identificazione ed espulsione, sono i luoghi in cui sono concentrati i migranti in attesa dell'espulsione. Sulle condizioni in cui costoro vivono in attesa di un provvedimento definitivo ci sono sufficienti cronache giornalistiche per farsi un'idea.
3)Riporto per stralci il resoconto dell'assemblea degli africani di Rosarno che si sono riuniti a Roma.
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea
dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono
stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri
diritti. (...) Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né
elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi
dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle
20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche.
A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a
farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla
fatica. (...) Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le
bestie... prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato
addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. (...) Non ne
potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti
nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani .Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. (...)
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare
le nostre richieste.” Segnalo che il I° marzo di quest'anno si terrà uno sciopero che invita tutti i lavoratori immigrati ad incrociare le braccia. Come scrivono gli organizzatori sul sito:”Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di italiani stanchi del razzismo?
Primo marzo 2010 si propone di organizzare una grande manifestazione non violenta per far capire all'opinione pubblica italiana quanto sia determinante l'apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società.” Vedi http://www.primomarzo2010.it/.

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato n° 82

Lavoro e Post Mercato
Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro


Rivista n. 82 - del 16-03-10

Sommario


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Argomento: Laboratorio sociale


Lavoratori italiani all’estero: chiarimenti per la regolarizzazione in caso di mancata o incompleta presentazione del modulo RW

E' stata pubblicata dall'Agenzia delle Entrate la Circolare n.11/E del 12 Marzo 2010 contenente la "Regolarizzazione delle omissioni relative al monitoraggio degli
investimenti esteri e del...


Diego Piergrossi





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Argomento: Rete sociale


Cinque per mille: le strane esclusioni dal gettito 2007.

Tanto tuonò che piovve, le associazioni di Terzo Settore, quelle più piccole, non le holding del volontariato, vivono essenzialmente dei contributi fisici e monetari dei propri associati, e da quando...


Alba Caiazzo





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Argomento: Rete sociale


Il mestiere di vivere: al via le agevolazioni fiscali per acquisto di garage, cantine, posti auto

L'Agenzia delle Entrate è intervenuta con una recentissima Circolare, la n.10 del 12 Marzo 2010, rubricata "Atti di compravendita, imponibili ad IVA, di un immobile ad uso abitativo e di più pert...


Giuseppe Formichella






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Argomento: Rete sociale


Dal 25 marzo operativo il Centro per i libri e la lettura.

Importanti novità per la diffusione e la promozione della cultura è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.57 del 10 Marzo 2010 il DPR 25 Gennaio 2010, n.34 contenente il "Regolamento recan...









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Argomento: Disagio lavorativo


Migranti in piazza: senza di noi, l’Italia si blocca.

Il primo marzo 2010 sarà ricordato con orgoglio da parte degli immigrati residenti nel nostro paese: per la prima volta essi hanno incrociato le braccia.

Hanno deciso di scioperare, di s...


Marco Ferrone






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Argomento: Evoluzione normativa


Dal 2010 il tasso di interesse legale è al 1%

Al fine di fornire un servizio di utilità si rammenta come a decorrere dal 1° gennaio 2010, il saggio degli interessi legali sia fissato nella misura dell’1% in ragione d’anno .

Infatti ...


Henri Lazzeri






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Argomento: Evoluzione normativa


Impresa agricola: i mercati agricoli di vendita diretta diventano oggetto di un disegno di legge al vaglio del Parlamento

E' stato licenziato dal Consiglio dei Ministri del 1° Marzo 2010 un disegno di Legge recante "norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità".


Pierfrancesco Viola

lunedì 5 aprile 2010

Informatizzazione e pubblica amministrazione. Il Fascicolo Sanitario Elettronico.


Entro il 2012, secondo un ambizioso piano del governo, tutte le regioni dovrebbero adottare una procedura standard per dotare di fascicoli sanitari ogni utente del Servizio Sanitario Nazionale.

Il condizionale è d’obbligo, come si dice in questi casi.
Di progetti ambiziosi sulla cosiddetta ” informatizzazione del servizi pubblici” ne abbiamo visti e sentiti tanti, ma realizzazioni concrete, condivise, semplici e alla portata di tutti ancora non ci sono.

Con questa scettica ma doverosa premessa, vediamo allora lo stato dell’arte sulla predisposizione delle procedure tecniche ed organizzative per la creazione del fascicolo sanitario.

Il punto di partenza è, come accennavamo, l’obiettivo fissato per l’Innovazione nella Sanità .(1)
Tra gli obiettivi del piano E-gov 2012 spicca la creazione del Fascicolo Sanitario Elettronico:
“ Rendere disponibile ai cittadini la propria storia clinica nel c.d. Fascicolo sanitario elettronico, assicurando che tale patrimonio informativo sia disponibile nel pieno rispetto della privacy”.

I benefici sono ovvi: la possibilità di usare le mail o accedere a qualche portale dove scaricare i propri dati sanitari a seconda della necessità sarebbe un enorme passo avanti verso la semplificazione dei rapporti tra l’amministrazione sanitaria e l’utenza. Evitare lunghe e fastidiose file, risparmiare tempo e risorse, fare consistenti risparmi di gestione sono i risultati che tutti ci auguriamo.
Il 31 dicembre 2009 è scaduto il termine concesso per la comunicazione da parte di tutte le Regioni delle sperimentazioni in corso sul fascicolo sanitario. Come al solito, ci sono Regioni in dirittura d’arrivo ed altre che non sono nemmeno partite!
Le solite Regioni del Centro Nord, Emilia, Romagna, Lombardia, Toscana, si sono già segnalate per le buone sperimentazioni condotte, tanto che in Emilia Romagna le strutture sanitarie che hanno aderito al progetto SOLE (Sanità online) offriranno ai propri utenti la possibilità di accedere ai propri dati sanitari dal pc di casa con un username ed una password. (2)
Secondo le intenzioni, entro il 2010 dovrebbero essere coinvolti tutti gli abitanti della Regione – circa 4 milioni di cittadini - e anche le strutture sanitarie private. In ogni fascicolo dovrebbe essere presente anche la scheda del medico di base, aggiornabile secondo le esigenze.

Un discorso a sé, naturalmente, concerne la tutela dei dati sensibili in materia sanitaria, come stabilito dalla normativa sulla tutela della privacy.
Come si è visto, mentre si è andati abbastanza avanti sul piano tecnico e procedurale, sulla questione della tutela della privacy si registra solamente l’intervento del Garante della Privacy che, in assenza di disposizioni specifiche, ha emanato un documento intorno alla tenuta e al trattamento dei dati presenti nel fascicolo sanitario, le Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario, con precise indicazioni sulle modalità di accesso, sul trattamento dei dati, sui soggetti deputati alla raccolta e alla tenuta, ecc. (3)

Un documento particolarmente importante, arrivato alla sua stesura definitiva, costituisce la base tecnica per la codifica dei documenti elaborati ed usati in ambito sanitario.
Esso è il risultato di un lavoro di elaborazione effettuato dal TSE - Tavolo di lavoro permanente
per la Sanità Elettronica delle Regioni e delle Province autonome creato per produrre gli standard tecnici di riferimento. (4)
Senza entrare nello specifico del documento tecnico, che fa parte di una serie di documenti rilasciati per predisporre il passaggio alla sanità elettronica, richiamiamo brevemente un punto essenziale per la comprensione dello sforzo che richiede la predisposizione di un modello sanitario fondato sull’immaterialità dei documenti.
Il passaggio fondamentale risiede nell’architettura tecnica scelta e nella sua condivisione tra tutti i soggetti che si trovano ad operare in campo sanitario. Lo standard prefissato è denominato HL7 - CDA, dove HL7 sta per Health Level 7 e CDA è la sigla di Clinical Document Architecture.
L’ HL7 è un organismo internazionale di standard rientrante nell’ANSI (American
National Standards Institute) e formato da specialisti del mondo sanitario che ha come
scopo la predisposizione di standard per lo scambio, la gestione e l’integrazione in
formato elettronico delle informazioni sanitarie, promuovendone l’uso all’interno delle
diverse organizzazioni assistenziali. (5)
Nel corso degli anni HL7 si è affermato come lo standard universalmente adottato a
livello internazionale per la messaggistica e per i documenti elettronici in
ambito sanitario ed è adottato da tutti i più rilevanti programmi nazionali di sanità
elettronica sia in ambito europeo che extraeuropeo.

Il Clinical Document Architecture, invece, è uno standard che specifica la struttura e la semantica di documenti clinici per lo scambio all’interno del dominio sanitario.
Un documento CDA è un oggetto informativo strutturato in grado di contenere testi,
immagini, suoni ed altri contenuti multimediali.
E’ composto da differenti blocchi informativi che veicolano informazioni relative ad esempio al paziente, al medico, alla struttura sanitaria, all’autore del documento, al firmatario del documento, agli eventi clinici, alle osservazioni o procedure mediche a cui il documento si riferisce.

Per l’approfondimento degli aspetti strutturali e per l’uso dei documenti a cui siamo abituati e che usiamo ancora in ambito cartaceo, si rimanda al documento citato e al sito http://www.sanitaelettronica.gov.it/se/.




NOTE

1) Come dice il documento di presentazione del piano” La UE vuole, entro il 2012, la riduzione del 25% degli oneri amministrativi per rafforzare la competitività; mentre la dichiarazione ministeriale di Riga (giugno 2006) punta, entro il 2010, alla riduzione del 50% dell’esclusione dei gruppi sociali svantaggiati e delle regioni arretrate” . Vedi http://www.governo.it/governoinforma/dossier/piano_e_gov_2012/. Il piano E-gov 2012, afferma il documento citato è “da una parte, un piano - flessibile e in progress - per obiettivi, proposti in collaborazione con le amministrazioni, che devono risultare raggiungibili, monitorabili, e commisurati alle risorse disponibili; dall’altra, rappresenta un impegno sia per la diffusione di servizi di rete, sia per l’accessibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione al fine di avvicinarla alle esigenze di cittadini e imprese.” Basti ricordare che il fascicolo sanitario elettronico era stato inserito nei progetti di innovazione anche nei piani precedenti e che nelle intenzioni doveva essere completato entro il 2010.
2) Vedi http://www.progetto-sole.it/consultazione/obiettivi.php. In Lombardia, invece, l’accesso ai propri dati sanitari dovrebbe essere possibile con l’uso di una smart card, mentre la Ligura ha scelto la dizione di conto corrente salute.
3) Vedi http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1633793.
4) Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie – TSE –Tavolo di Lavoro permanente per la sanità elettronica, Standard tecnici per la creazione del documento di prescrizione secondo lo standard HL/ - CDA Rel. 2 – 22/4/2009 – Versione 02.00 – Stato def.. Si trova all’indirizzo http://www.sanitaelettronica.gov.it/se/documenti/TSE-IBSE-RMMG-CDA2-Prescrizione-v02%2000-rid-DEF.pdf. Il TSE è composto dai rappresentanti del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, del Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, delle Amministrazioni Regionali e delle Province Autonome ed è coordinato dal Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie.
5) Vedi http://www.hl7.org..

sabato 3 aprile 2010

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato n° 81

Lavoro e Post Mercato

Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro

Rivista n. 81 - del 01-03-10





Sommario


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Argomento: Laboratorio sociale


Professione cittadino: la geopolitica ed il caso Bertolaso?

Nel numero 80 della Nostra Rivista avevamo cominciato a delineare alcune inquietanti coincidenze di geopolitica subito dopo la caduta del muro di Berlino, e dunque, della fine dell’imperialismo sovi...


Diego Piergrossi





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Argomento: Formazione


Dal 12 marzo 2010 in vigore la riforma delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

A 16 anni dall'ultima riforma (Legge del 29 dicembre 1993, n.580) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.46 del 25 Febbraio 2010 il Decreto Legislativo15 febbraio 2010, n. 23 contenente


Rita Schiarea







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Argomento: Formazione


Crescere ed imparare nella società digitale

I bambini del nuovo secolo, come è stato rilevato dagli osservatori più attenti, sono oggi immersi in una serie di ambienti, materiali e digitali, che richiedono una padronanza di strumenti e di lingu...


Antonio M. Adobbato







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Argomento: Evoluzione normativa


Operatori turistici montani e sicurezza in montagna: pronto il riordino della materia delle professioni

Il tema della sicurezza in montagna e delle numerose morti e slavine prodotti da comportamenti non appropriati di numerosi sciatori quando non stesso di operatori ha spinto il Consiglio dei Ministri d...


Alba Caiazzo







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Argomento: Evoluzione normativa


Pari opportunità e parità di trattamento uomo donna: attuata la direttiva 2006/54/CE.

Finalmente attuata anche in Italia (in vigore dal 20 febbraio 2010) la direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunita' e della parita' di trattamento fra uomini e donne in materia ...


Giuseppe Formichella






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Argomento: Università & lavoro


Nuovo bando per la Ricerca finalizzata rivolto ai ricercatori del Servizio Sanitario Nazionale

Novità per i Ricercatori del servizio Sanitario Nazionale è stato pubblicato il nuovo bando per la Ricerca finalizzata.

Le risorse stanziate ammontano a 101 milioni di euro e, in aggiunt...


Pierfrancesco Viola







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Argomento: Etica e lavoro


Le rotte dei nuovi schiavi. Le navi negriere

Iniziamo questo intervento con una citazione storica, almeno per ricordare a noi tutti che ci sono fenomeni che vengono da lontano e che un po' di studio e di buona memoria dovrebbero servire per far...


Antonio M. Adobbato

Un esercito di volontari. Riflessioni sulla cultura del dono: le motivazioni


Nella prima parte di questo intervento abbiamo visto le cifre che riguardano la percezione del fenomeno del volontariato presso l'opinione pubblica italiana in comparazione con altre istituzioni sociali ed è emerso con chiarezza il dato di una grande fiducia assegnata alle organizzazioni di volontariato. Da alcuni questo fenomeno è stato interpretato come una sorta di riflusso verso il generico altruismo, soprattutto da parte di coloro che in tempi passati preferivano impegnarsi in attività politiche o sindacali, come a sottolineare una perdita dell'orizzonte civile e un riflusso, appunto, verso il puro servizio alla persona sofferente o bisognosa.
E' una sensazione che avrebbe bisogno di un'indagine a sé, considerando che spesso coloro che sono attenti al sociale e alla collettività spesso si impegnano su più fronti, affiancando all'attività politica o sindacale anche l'attività di volontariato.
Ma fin qui ci siamo occupati della percezione che si ha di questo fenomeno, fornendo qualche cifra di riferimento anche per la dimensione imponente che assume in ambito sociale.
Tuttavia, questa impressionante propensione al dono non ha trovato, finora, una giustificazione univoca e raramente ci si è chiesti il perché di questa scelta che coinvolge una così gran numero di persone. Per tacere della disinvoltura, per non dire peggio, con cui si usa il termine di volontario. Con la stessa parola si designano coloro che offrono gratuitamente qualcosa di sé, le ronde di “volontari”che controllano il territorio …. , persino i soldati impegnati in missioni all'estero sono definiti come volontari!

Vi sono molte teorie, e una notevole gamma di posizioni, intorno alle motivazioni a favore del dono di sé; sono vari, infatti, i motivi che spingerebbero gli individui e/o i gruppi organizzati a offrire gratuitamente una parte dei propri beni, materiali o immateriali, per scopi non strettamente economici, basati cioè sullo scambio di equivalenti.
Il comportamento che è possibile catalogare come donazione di sè è spiegabile in base a tre principali categorie di motivazioni: motivazioni intrinseche, incentivi estrinseci e reputazione. Le separiamo per comprenderle meglio, ma può darsi che i comportamenti pro sociali siano la risultante di una qualche forma di combinazione tra questi.
Nelle motivazioni intrinseche l'atto del donare si spiega con le motivazioni che si trovano in interiore homine, all'interno di un complesso sistema di norme morali, a diverso livello di coscienza. Quando si compie un'azione di solidarietà, la persona che la compie, in questo sistema, non riceve nessuna forma di ricompensa materiale.
Nata in ambito filosofico e poi fatta propria dalla psicologia sociale, questa teoria è stata applicata anche nella scienza economica. Già da qualche anno, ha avuto un certo successo la teoria proposta da un economista, Andreoni, Per tentare di spiegare le motivazioni intrinseche sottostanti la scelta di donare.(1)
Questi ha suggerito che gli individui quando donano non esprimono solo preferenze per la causa o bene collettivo a cui la donazione è rivolta, ma più direttamente acquisiscono una soddisfazione morale che è paragonabile ad un bene consumato privatamente. Questo effetto, chiamato di warm glow (guanto caldo) indurrebbe le persone a donare anche in contesti dove il risultato della donazione non è chiaramente tracciabile o facilmente calcolabile, dato che risulterebbe sufficiente l'atto della donazione in sé.
Insomma l'autogratificazione (warm glow) disinteressata, continua a funzionare nonostante l'apparente vittoria del modello dell'homo oeconomicus, sfidando l'utilitarismo, l' individualismo metodologico e la logica dello scambio tra equivalenti, come dicono gli economisti di stretta osservanza.
Una spiegazione abbastanza convincente fa riferimento ad una sorta di kantismo mitigato. Ciò che spiegherebbe i comportamenti solidali potrebbe essere il principio di reciprocità. Pur non essendo una obbligazione morale assoluta come quella celebre del non usare gli esseri umani come mezzi, una persona che ha un riferimento morale sente un'inclinazione all'obbligo della solidarietà quando si attende che anche gli altri membri del gruppo si conmporteranno allo stesso modo. In questo caso, la reciprocità non è da intendersi diretta tra due persone dove il dono svolge un ruolo relazionale di scambio, ma deve essere intesa come un principio generale che spinge ad azioni utili alla collettività e che solo indirettamente genereranno benefici a chi le compie.
In definitiva, la motivazione intrinseca sembra privilegiare la spiegazione del comportamento solidale come la risultante di norme interiorizzate e con un interesse indiretto e non dal bisogno o dal desiderio di raggiungere un obiettivo specifico.
Quanto alle motivazioni che possiamo definire estrinseche, un certo seguito ha trovato l'idea che in fondo le azioni di solidarietà o le donazioni di denaro per scopi di utilità sociale trovino la loro spiegazione definitiva nella presenza di incentivi economici o ricompense di carattere materiale. Vi rientrano, ad esempio, i casi delle deduzioni fiscali per le donazioni in denaro. Tutto sarebbe il frutto di un semplice calcolo economico, per cui l'ammontare delle donazioni sarebbe la risultante delle agevolazioni monetarie che se ne riceverebbero in cambio. E' un'idea che ha attratto i policy makers, coloro che prendono decisioni politiche e che disegnano i sistemi fiscali per tutte le politiche di sostegno fiscale delle donazioni in molti paesi.
Tuttavia, anche in questo caso, l'automatismo di una relazione diretta tra aumento delle agevolazioni fiscali e aumento delle donazioni, non funziona come dovrebbe, a riprova che le motivazioni estrinseche non spiegano tutto.
E' stato infatti dimostrato che un sistema di compensazione monetaria possa non solo non essere legato alle motivazioni che stanno alla base delle donazioni ma che addirittura possa danneggiare il senso civico e di solidarietà. Secondo un celebre studio, infatti, nel caso delle donazioni di sangue, si è visto che negli Stati Uniti il sistema basato sull'acquisto del sangue donato allontanava i donatori che invece erano intenzionati a procedere alle donazioni mossi esclusivamente da motivazioni altruistiche. Invece, in altri paesi europei, in cui si è scelta la strada diversa delle donazioni gratuite, si è assistito ad una maggiore offerta di sangue donato e di qualità migliore di quello acquisito a pagamento.(2)
Questo paradossale effetto di straniamento motivazionale si verifica anche in altri contesti, dove è forte il radicamento del senso civico delle persone, come nel caso dei luoghi di lavoro, dove è più facile osservare che la mera incentivazione economica non raggiunge effetti positivi in merito all'integrazione ed al senso di appartenenza, visto che l'attività lavorativa è fatta anche di relazioni e di investimenti affettivi ed emotivi.
Un terzo movente generale sulle azioni di solidarietà può essere ricondotto alla ricerca di visibilità e al riconoscimento sociale, vale a dire della reputazione.
I comportamenti pro sociali, essendo in genere accompagnati da un'aurea di positività, riverberano su chi li fa un'immagine e una considerazione sociale positivi, facendo accrescere in modo consistente la buona reputazione di chi li compie.
E' un sistema razionale, basato sulla segnalazione dello status di donatore o di volontario, dal quale si ottiene un riscontro positivo e un riconoscimento sociale.
Da qui discende la considerazione che le donazioni anonime siano le più lodevoli, perché esse non andrebbero alla ricerca di visibilità e non andrebbero ad incidere sulla reputazione del donante.
C'è da chiedersi, a questo punto, quale sia il significato intrinseco dell'azione gratuita, a quale bisogno corrisponde, quale funzione essa svolge nel campo delle relazioni sociali.

NOTE

1) Vedi J. Andreoni e l'articolo sul warm glow a http://www.altruists.org/f469.
2)R.M. Titmuss, The Gift Relationship from Human Blood to Social Policy (1970, ripubblicato nel 1997 da The New Press a c


Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 80

domenica 7 marzo 2010

I confini incerti della salute e della malattia. Alcune considerazioni sulla scienza medica


In un libro uscito di recente, davvero interessante e per certi versi anche sorprendente, si è preso in esame lo statuto epistemologico della scienza medica e se ne sono esaminate alcune anomalie.
Riteniamo che si tratti di un contributo importante, utile a fare chiarezza su alcuni luoghi comuni e su alcuni automatismi che guidano i nostri giudizi intorno al concetto di salute. (1)

Anzitutto, cos'è la malattia? Sapendo cos'è la malattia possiamo avere una certezza intorno al fenomeno, oltre che al concetto, della salute?

Un primo sorprendente spunto che viene da questo libro riguarda la definizione della malattia.
La definizione della malattia, anzitutto, cambia col tempo. Basti pensare che la soglia glicemica si è abbassata del di oltre il 15 % negli ultimi venti anni o che qualcosa di simile è accaduto per l'ipertensione arteriosa.


Se il concetto di ciò che è considerato patologico è incerto, oscillante, altrettanto traballante risulta la diagnostica e la prognostica; solo il mitico Dr. House, come hanno chiarito alcuni giovani filosofi, usando creativamente deduzioni, induzioni e abduzioni è in grado di dipanare il più aggrovigliato caso sanitario. (2)

Un esempio interessante della dogmaticità della ricerca in alcuni casi è quella sulla monocausalità dei fattori patogeni del beri beri. Alla fine del 1800 erano talmente sicuri di orientare la ricerca su un batterio o su un virus che fosse all'origine di questa malattia, che quando qualcuno provò a collegarla alla spiegazione giusta, cioè la carenza di vitamina B1, sistematicamente questa veniva scartata perché non rientrava nel paradigma batteriologico monocausale, secondo cui ogni malattia ha una e una sola causa, appunto un batterio o un virus.
Similmente accade con le aspettative – per molti versi fondate, intendiamoci – che si hanno nei confronti della genetica. Tanto che gli autori non esitano a definirla come una sorta di mitologia del gene.
L'attuale paradigma dell'ereditabilità genetica è molto simile al paradigma monocausale, con la sua ricerca di un'eziologia infettiva per le malattie, senza tenere nella dovuta considerazione il fattore ambientale. Eppure, dicono i due autori, gli esempi di determinazione ambientale dello sviluppo degli organismi sono davvero tanti, come sta cercando di mettere in luce la nuova disciplina dell'epigenetica.

Un altro elemento interessante di discussione presente nel libro riguarda i rapporti tra la medicina e il mercato. A partire dalla constatazione che a volte non è dato definire con precisione la malattia, come ad es. nel caso dell'ipertensione. Un livello elevato di pressione non è di per sé una malattia secondo i criteri tradizionali, quanto piuttosto un segno predittivo, un sintomo, appunto, di alcune conseguenze patologiche, come l'infarto o l'ictus. Definirla malattia deriva dalla propensione a prevenire le complicazioni con un trattamento farmacologico, una via di attacco alle conseguenze patologiche semplice e remunerativa. Un esempio ancora più eclatante è quello della influenza H1N1, conosciuta come influenza suina. Secondo gli autori, non si tratterebbe però solo di un puro movimento speculativo da parte di Big Pharma, come viene definito dalla stampa. Attrezzarsi per una pandemia potenzialmente letale come quella della H1N1 non è un semplice calcolo economico e la medicina non è in grado, con le conoscenze attuali, di predire con precisione che cosa accadrà e quanti saranno gli infetti. E' la struttura conoscitiva della scienza medica che lavora con ipotesi e con probabilità e non con certezze. E' il suo statuto epistemologico che presenta ancora delle difficoltà, anche se nessuno può negare le straordinarie capacità della medicina di rispondere alle sfide più impegnative.

Ma la contiguità con scelte dettate da potentissimi interessi economici è un forte elemento di distorsione della ricerca per la scienza medica. Se non c' è automatismo nel definire come market oriented la ricerca medica, va però considerato che le sue ripercussioni sul sistema economico sono davvero rilevanti e che le pressioni da parte delle imprese del settore sulla ricerca sono altrettanto imponenti


NOTE
1)R. Satolli, Paolo Vineis, I due dogmi. Oggettività della scienza e integralismo etico, Feltrinelli, Milano 2009. Roberto Satolli è un giornalista ed un divulgatore; Paolo Vineis è un epidemiologo.
2)Blitris, La filosofia del Dr. House. Etica, logica ed epistemologia di un eroe televisivo, Feltrinelli, Milano, 2007. Per chiarire i rapporti tra cultura filosofica e medicina si veda il magistrale contributo di M. Foucault, Nascita della clinica, Einaudi, Torino, 1969 e Id. Storia della follia nell'età classica, Rizzoli, Milano, 1963.


Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 79

domenica 21 febbraio 2010

L'esercito dei volontari. Riflessioni sulla cultura del dono


C'è un “esercito” silenzioso di volontari che si impegna in modo discreto tutti i giorni e da il proprio prezioso contributo a coloro che esprimono necessità di una qualche forma di aiuto, rifuggendo dal solito rumore mediatico, attratto più dalle cattive notizie che da quelle buone.

Secondo l'EURISPES, che ha condotto una ricerca sulla cultura del dono in Italia nel consueto Rapporto Italia che presenta ogni anno, sono un milione e centomila i volontari in servizio permanente effettivo, con impegni formali e turni da rispettare in gruppi strutturati.(http://www.eurispes.it/index.php)
Davvero rilevante è il numero di coloro che si impegnano più saltuariamente: sono altri quattro milioni quelli che almeno una volta all'anno offrono qualche ora del proprio tempo per fare azioni di solidarietà non considerabili e non misurabili economicamente: donazioni di sangue, assistenza agli anziani, ecc.
Per questo abbiamo parlato di esercito, anche se la semantica guerresca non è la più appropriata per definire un impressionante numero di persone (circa 1 su dieci, secondo le rilevazioni dell'Eurispes) che offre gratuitamente qualcosa di sé (tempo, denaro, attenzioni, cure, solidarietà) per donarlo agli altri.
Spesso si tratta di una moltitudine di persone che, in modo più o meno organizzato, arriva a sostenere ciò che un sistema di welfare, anche il più sofisticato, non riesce ad intercettare o a conoscere.
Benchè questo fenomeno non goda di buona stampa, nel senso che le bad news sono meglio delle good news, presso l'opinione pubblica la reputazione dei volontari ha una valutazione elevatissima.

Il volontariato, in tutte le sue molteplici forme, è una componente strutturale e apprezzata del panorama sociale italiano. Ed è l'unica, secondo l'Eurispes, a mantenere alto il proprio livello di apprezzamento e di fiducia.

Ben il 71,3% degli italiani, infatti, ha detto di credere nell'associazionismo, ben più che nelle Forze dell'ordine (69,6%), Carabinieri (63,3%), Polizia (62,7%) e del Presidente della Repubblica (62,1%). Notevole il divario rispetto ad istituzioni come scuola (47,2%), magistratura (44,4%), istituzioni religiose (38,8%), ed ancor maggiore quello rispetto alle istituzioni politiche.
Tra le regioni più impegnate ci sono l'Emilia Romagna (14,4% del totale nazionale) e la Toscana (l'11,5%). Quelle con la percentuale più alta di cittadini che dedicano tempo al volontariato sono l'Alto Adige (19,1%), il Veneto (13,8%) e l'Emilia Romagna (12,3%). Il Sud, invece, resta il fanalino di coda, con la Sicilia (4,8%), la Campania (5,2%), la Calabria (5,4%) e, a sorpresa, il Lazio (5,5%)
Per quanto riguarda il capitolo delle donazioni, i valori si attestano intorno al 20% per ogni fascia di età, escluse quelle che, per ovvi motivi di età, non hanno grandi disponibilità economiche, cioé gli under 18 e gli ultra 75enni. In testa rimangono i 55-59enni tra gli uomini (24,3%) e delle 45-54enni tra le donne (21.9%).
La fonte di finanziamento principale per le onlus rimane l'attività istituzionale (61%), le donazioni contano solo per il 3% e le risorse pubbliche per il 36%. Un dato molto basso rispetto alla media europea, dove l'intervento del pubblico risulta l'entrata più rilevante: in Francia tocca il 58%, in Germania il 64%. (continua)


Tratto da Rivista Lavoro e Post Mercato n° 79

sabato 20 febbraio 2010

Sommario Rivista Lavoro e Post Mercato n° 79

Lavoro e Post Mercato

Quindicinale telematico a diffusione nazionale a carattere giornalistico e scientifico di attualità, informazione, formazione e studio multidisciplinare nella materia del lavoro

vedi la rivista completa

Rivista n. 79 - del 01-02-10

Sommario

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Argomento: Laboratorio sociale

Pubblico Impiego: dal 4 Febbraio in vigore le nuove fasce di reperibilità per malattia.

E' stato pubblicato nela Gazzetta Ufficiale del 20 Gennaio 2010 il Decreto Ministeriale 18 Dicembre 2009, attuativo del decreto Legislativo 27 Ottobre n.150:


Rita Schiarea



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Argomento: Rete sociale

Crisi economica: al via il fondo di garanzia per il prestito ai nuovi nati

Il 18 Gennaio 2010 è stato finalmente pubblicato l'elenco delle banche aderenti all'istituto previsto dall'articolo 4. comma 1 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni...

Giuseppe Formichella



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Argomento: Rete sociale

Stragi su strada: una proposta da valutare (un corso obbligatorio di guida sicura)

La notizia di morti sulla strada (sia essa provinciali, statale, superstrada, autostrada) non è più "notizia" degna di rilievo e attenzione

L'attenzione è piuttosto incentrata s...

Diego Piergrossi



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Argomento: Formazione

I confini incerti della salute e della malattia. Alcune considerazioni sulla scienza medica

In un libro uscito di recente, davvero interessante e per certi versi anche sorprendente, si è preso in esame lo statuto epistemologico della scienza medica e se ne sono esaminate alcune anomalie.

Antonio M. Adobbato


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Argomento: Evoluzione normativa

Trasporto merci pericolose: firmato il Decreto Legislativo che ridisciplina la materia.

Novità in vista per lavoratori e imprendtori che si occupano di trasporto di merci pericolose. E' stato approvato il 22 gennaio us, il decreto legislativo che recepisce le nuove norme europee in ma...

Pierfrancesco Viola



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Argomento: Etica e lavoro

Otto per mille: il 15 marzo 2010 scade il termine per la ripartizione

Importante scadenza in tema di otto per mille: il 15 marzo pv scade il termine per la presentazione delle domande dirette alla ripartizione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito (IR...

Alba Caiazzo



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Argomento: Approfondimento

L'esercito dei volontari. Rilfessioni sulla cultura del dono

C'è un “esercito” silenzioso di volontari che si impegna in modo discreto tutti i giorni e da il proprio prezioso contributo a coloro che esprimono necessità di una qualche forma di aiuto, rifuggendo ...

Antonio M. Adobbato

sabato 30 gennaio 2010

ICANN accoglie altri alfabeti su Internet


Dal 16 novembre appena trascorso, l’unico organo riconosciuto di governance della Rete, l’ICANN, ha dato via libera alla registrazione dei domini su Internet con caratteri non latini. (1)
La svolta si può definire come epocale, quasi a sancire in modo definitivo la perdita del centro di gravità della Rete posizionato negli Stati Uniti.
E’ ben più di un cambiamento tecnico o un aggiornamento di protocollo per consentire a chi voglia accedere alla Rete di trovare spazio a sufficienza. (2)
E’ la riprova che nuovi soggetti, intere popolazioni, possono trovare su Internet la loro lingua, scritta con i caratteri che conoscono e che usano tutti i giorni e che non debbono per forza passare per le forche caudine dell’inglese.
Si prende atto, con questa scelta tecnica - richiedere gli IDNs (International Domain Names) con nomi a dominio scritti con alfabeti differenti da quello latino -, che la Rete conta i suoi utenti in tutto il mondo e che i quasi due miliardi di persone che la usano parlano e scrivono in lingue che non utilizzano i caratteri occidentali.(3)
Ma la scelta, ribadiamo, non è solo pragmatica, dettata dal buon senso e dalle pressanti richieste di Paesi che hanno un peso crescente sulla scena mondiale, come la Cina o l’India.
E’, innanzitutto, un potente e inedito panorama simbolico che si modifica e che amplia i suoi confini in modo significativo. Si prende atto che esiste una pluralità di lingue e, di conseguenza, una pluralità di culture e di sguardi diversificati sulla realtà.
Come e più di altri sistemi di segni, gli alfabeti offrono una prodigiosa capacità combinatoria, tali da risultare tra i più potenti motori di creazione simbolica.
Le centinaia di lingue conosciute stanno lì a testimoniarlo: non c’è cultura che non si sia riflessa nei segni e nelle parole che hanno codificato e costruito le varie espressioni umane.
Prendere atto di questa diversità, offrire risorse tecniche per codificare lingue e culture fin qui marginalizzate, significa promuovere concretamente e pacificamente un mondo pluridimensionale e articolato.
Non tutto è oro quel che luccica, sia chiaro.
L’accesso alla Rete con il proprio sistema grafico e simbolico, infatti, non significa automaticamente la parità assoluta nel sistema di produzione dei codici che ne sostengono l’architettura. I linguaggi per costruire e programmare il web sono ancora monopolizzati dalla lingua inglese; per un periodo di tempo molto lungo, almeno in questo campo, la supremazia resterà ancora saldamente in mani anglosassoni.
Resta da vedere se e quando coloro che costruiscono i linguaggi di programmazione sapranno o vorranno proporre alternative concrete ai vari codici già in uso.
Per fare fronte alla babele delle lingue, si porrà presto l’esigenza di un sistema di traduzione tra alfabeti, idiomi e codici differenti.

NOTE
1)L'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) è un ente internazionale non-profit, istituito nel 1998 per la gestione di Internet, in sostituzione di altri organismi. Tale funzione era precedentemente svolta dall'ente denominato IANA (Internet Assigned Numbers Authority) delegato con mandato governativo degli USA.
L'ICANN ha l'incarico di assegnare gli indirizzi IP ed ha inoltre incarico di identificatore di protocollo e di gestione del sistema dei nomi dei domini. Dal settembre di quest’anno l'ICANN ha siglato un nuovo contratto che prevede il controllo dell'organo da parte di un gruppo di supervisori internazionali: il Government Advisory Committee (GAC) che si riunisce ogni tre anni, ed un legame meno stretto con il governo USA. Vedi http://www.icann.org/.
2) Nel 2008 ICANN ha avviato la migrazione verso il protocollo IPv6, che consiste essenzialmente nell’aumento delle possibilità di creazione di indirizzi web, dato che l’attuale protocollo IPv4 è in via di esaurimento. Vedi su questo punto http://it.wikipedia.org/wiki/IPv6.
3) I test di conversione dei vari segni sono partiti circa due anni fa e ICANN assicura che il sistema è pronto all’uso.

sabato 23 gennaio 2010

Remunerazione del lavoro e utilità sociale


La notizia che è circolata qualche tempo fa sull’utilità di alcuni lavori e sulla giusta remunerazione che spetta o dovrebbe spettare in base all’utilità sociale delle professioni, non ha suscitato particolare dibattito.

Eppure la questione meriterebbe un po’ più di attenzione, visto che va ad intaccare uno dei miti più persistenti rispetto al prestigio e al riconoscimento economico dati al lavoro.
In estrema sintesi, la notizia è questa.
Secondo alcuni economisti inglesi, appartenenti ad un interessante ed indipendente gruppo di ricerca che cerca di modificare il cosiddetto “pensiero unico” dell’economia di mercato, il valore sociale del lavoro che si fa non coincide con il valore economico che usualmente gli si assegna. (1)

Il NEF (New Economics foundation) ha infatti calcolato il valore economico e il valore sociale di alcuni lavori, sei per la precisione, di cui tre pagati molto bene e tre molto poco. (2)
Ponendo a confronto le attività di un addetto alle pulizie di un ospedale e quelle di un banchiere, si avrà come risultato per addetto alle pulizie di dieci sterline di profitto per ogni sterlina di salario, mentre per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. Non bastasse questo, valutano ancora gli economisti, i banchieri sono i responsabili di campagne che creano insoddisfazione, infelicità e istigano al consumismo sfrenato. Analogo risultato se si opera un confronto tra un operatore ecologico ed un fiscalista: il primo svolge un’attività benefica per l’ambiente, mentre il secondo danneggia la collettività perché spesso opera per ridurre le tasse dovute dai contribuenti.


Come si vede, i principi di valutazione e le metodologie costruite per operare queste comparazioni fanno esplicito riferimento al valore sociale, ambientale ed economico del lavoro svolto e delle professioni di riferimento

Esaminando il contributo sociale del loro valore si è scoperto che i lavori pagati meno sono quelli più utili al benessere collettivo, ci dicono gli economisti del NEF.

Sembra di ascoltare a distanza di alcuni secoli le paradossali conclusioni che Mandeville ci aveva mostrato ne La Favola delle api (1729).
In quel libello, infatti, si assumeva che le società possono prosperare solo perché l’egoismo e il tornaconto individuale sono alla base delle azioni individuali e che sono ipocrite quelle società che non riconoscono che i vizi sono necessari perché vi siano virtù. (3)
C’è un implicito riconoscimento che molte attività lavorative non solo sono inutili ma addirittura dannose. Il paradosso del ragionamento Mandevilliano sembra rispettato: abbiamo bisogno dei vizi per far risaltare le virtù e per il progresso della società.
Se non per altri meriti, questo studio dovrebbe essere meglio apprezzato almeno per l’idea di fondo che dovrebbe esserci una corrispondenza diretta tra quanto i lavori sono retribuiti e il valore e l’utilità che essi generano per la collettività.


NOTE

1) Vedi http://www.neweconomics.org/. Il documento di cui ci occupiamo qui è al seguente indirizzo: http://www.neweconomics.org/publications/bit-rich.
2) La ricerca analizza nel dettaglio sei lavori diversi, scelti nel settore pubblico e nel settore privato. Tre di questi sono pagati poco (un addetto alle pulizie in ospedale, un operaio di un centro di recupero materiali di riciclo e un operatore dell'infanzia), mentre gli altri tre hanno stipendi molto alti (un banchiere della City, un dirigente pubblicitario e un consulente fiscale).
3) Come scrisse il medico e filosofo olandese, "Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa". Vedi http://www.filosofico.net/mandeville.htm.


Tratto da Rivista Lavoro e Post mercato, n° 77

domenica 10 gennaio 2010

Un nuovo Rapporto sulla condizione dell'infanzia (seconda ed utlima parte)


Tra i tanti temi proposti, un altro tema che sembra dominante in questo rapporto è una presenza importante di ansia e di paura nelle giovani generazioni. Il profilo dei giovani e giovanissimi italiani che viene fuori da questa analisi è quello di una generazione condizioanata dall’ansia e dalla paura.

Entrando nei dati, emerge che per il 22,6% dei bambini italiani la paura più grande è di essere rapiti. Segue un 16,3% che ha paura di essere avvicinato da sconosciuti, mentre il 16,2% teme di essere coinvolto in attentati terroristici.

Rispondendo alle domande relativa ai “pericoli vissuti” si nota come l'enfatizzazione mediatica dell’emergenza sicurezza nelle città abbia influenzato anche i piccoli italiani.
Il 39,2%, infatti, non si è sentito al sicuro andando in giro per la città. Ma anche la propria abitazione (23,8%) e la scuola (10,1%) sono luoghi che non trasmettono sicurezza.
Per quanto riguarda gli adolescenti, la paura più frequente è quella di essere vittima di violenze sessuali (17%), seguita dal timore di essere importunati da sconosciuti (11%) e di essere rapiti (9,7%). Tuttavia, il 51,6% degli adolescenti italiani ha detto di non essersi mai sentito in pericolo.

Un capitolo davvero interessante, tra gli altri, riguarda la proiezione dei ragazzi verso il futuro.
Se c'è un tempo che di necessità appartiene ai giovani, esso è il futuro.
Eppure, dal tenore delle risposte, la speranza nel futuro, di trovare un lavoro o di avere una vita soddisfacente, non emerge come un dato importante. Semmai, sembra presentarsi una diffusa consapevolezza della difficoltà dei tempi e una certa disillusione per un futuro che appare nebuloso, problematico, incerto.
Infatti, il 56,7% dei giovani si dice abbastanza (43,6%) o molto fiducioso (13,1%) di trovare un lavoro sicuro ed economicamente soddisfacente, contro un 42,2% che invece nutre poca o addirittura nessuna speranza.
Il 65,1% degli intervistati, poi, si è detto molto (21,4%) o abbastanza (43,7%) convinto che il futuro riservi la possibilità a ciascuno di trovare il lavoro che più piace mentre il 34% non è così ottimista.

Insomma sembra mancare un deciso ottimismo verso il futuro, come a rimarcare la mancanza di un progetto di progresso e di emancipazione che riguarda non solo i giovani ma tutti quanti.
D'altronde, un orizzonte di questo genere, misurato sul complesso della società italiana, offre un segnale non certo incoraggiante sulla qualità dei progetti sul futuro.
Senza entrare troppo nell'attualità politica e nelle parole d'ordine che si rincorrono sui principali mezzi d'informazione, Rete compresa, la proiezione sul futuro e sui progetti complessivi di società sembra carente o addirittura mancare del tutto. Perché, dunque, dovremmo meravigliarci se la disillusione e l'attenzione al presente sembrano dominanti nella lettura della realtà e nelle scelte di vita delle giovani generazioni?

Tratto da:Rivista Lavoro e Post mercato n° 76