sabato 12 settembre 2009

Un Welfare creato dal basso: il caso delle badanti


Secondo una recente indagine condotta dal Censis, circa il 10% delle famiglie italiane ha in casa una badante, che si occupa di anziani, spesso malati e bisognosi di aiuto e di cure; il sostantivo “badante” è una parola comparsa nel nostro lessico con la riforma della legge sull'emigrazione del 2002 e sta ad indicare, come hanno imparato molte famiglie italiane in stato di bisogno e che hanno affidato a queste donne – in rarissimi casi uomini – tutte le incombenze dell'aiuto alla persona che il Welfare italiano non è in grado di garantire.(1)

Quindi, secondo l'autorevole istituto di ricerca, per 10 famiglie su cento le badanti, insieme alle colf, sono diventate indispensabili. (2)

Il numero delle badanti presente in Italia, regolari e non, è di circa 1,5 milioni di unità, con un aumento imponente negli ultimi sette anni, stimabile al 37%.

Di questo piccolo esercito di collaboratrici familiari, quasi i tre quarti (il 71,6%) è di origine straniera. Il loro orario di lavoro è in media di 35 ore a settimana, con un guadagno netto di poco più di 900 euro mensili.

La maggior parte di queste lavoratrici svolge la sua attività per una sola famiglia; alcune di esse trovano impiego in più famiglie.
E' sul lavoro insostituibile svolto dalle badanti e dalle colf che è cresciuto nel giro di pochi anni un sistema di Welfare privato, innovando dal basso un sistema di protezione sociale che non ha trovato risposte nel sistema pubblico, se non in campo quasi esclusivamente sanitario.

Non ci occuperemo in questo intervento delle delicate questioni legate alla sanatoria che interesserà nelle prossime settimane un gran numero di queste lavoratrici, ora considerate clandestine dalle norme sulla sicurezza, perché prive del permesso di soggiorno. Ma sappiamo che il nostro Paese è specialista in ipocrisia, per cui si lanciano proclami di rigore e di intransigenza e poi, di fronte ad una realtà ben più complessa dei semplici schemini dei demagoghi di turno, si dovrà trovare un rimedio per ovviare alle difficoltà di milioni di persone, continuando nella consueta tradizione delle sanatorie ex post.

Ci vogliamo invece soffermare sulle questioni legate al Welfare e alle profonde modificazioni sociali, culturali e demografiche che la vicenda delle badanti e delle colf ha portato alla luce.

Come detto, il primo punto da valutare è il ritardo che il nostro sistema di welfare sconta nell'affrontare l'invecchiamento della popolazione e nel predisporre reti di sostegno, d'intervento e di aiuto per tutte le persone e la famiglie che devono fronteggiare i bisogni di una popolazione anziana, con specifiche esigenze. La risposta che è stata data fino a qualche anno fa, ritenuta poi insostenibile per le casse pubbliche, è stata quella della lungodegenza nelle strutture sanitarie o dei ricoveri mascherati. Il sistema sanitario, va da sé, non è stato pensato per questo scopo.

Attualmente, le badanti che si sostituiscono alla mano pubblica, statale e locale, costano circa 18 miliardi di euro all'anno, con un flusso di risorse opposto a quello considerato ovvio nei sistemi di Welfare: dalle famiglie verso il sistema economico e la collettività e non viceversa, come dovrebbe essere.
Il ritorno verso le famiglie e le persone bisognose è piuttosto esiguo, legato com'è sostanzialmente alle indennità di “accompagnamento” e alla poca assistenza domiciliare che gli enti locali, con magre risorse, assicurano agli anziani non autosufficienti.

La prospettiva di questi fenomeni di bisogno per gli anziani è di una continua crescita. Sia l'aumento delle aspettative di vita e le migliori condizioni sanitarie sia la diminuzione della fecondità, avranno come conseguenza la diminuzione drastica del numero di adulti in grado di occuparsi di anziani bisognosi di cure, genitori e non.

Come si vede, trattandosi di un processo demografico che è già sotto la nostra esperienza da diversi anni, l'unica risposta che si è riusciti a dare a questi bisogni e a questi fenomeni strutturali è stato il ricorso massiccio all'aiuto delle collaboratrici familiari.
Resta da chiedersi, e lo lasciamo come ultimo punto di questo intervento, quanto l' “invenzione” di un welfare privato e familiare sarà in grado di reggere l'urto di un processo demografico che rende sempre più necessario una sostanziale ripensamento del nostro sistema di Welfare.


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NOTE
1) Con il rinnovo del contratto nazionale del “Settore lavoro Domestico”, dal 1° Marzo 2007 viene applicato il nuovo CCNL per le cosiddette badanti. Una delle grandi novità del nuovo CCNL è l’abolizione del termine “badante” e la sua sostituzione con termini molto più politicamente corretti quali “assistente familiare” o “addetta alla cura della persona”.

2)Vedi http://www.censis.it/. Sono ormai 2 milioni 451 mila le famiglie che ricorrono a un collaboratore domestico o all'assistenza per un anziano o un disabile, ovvero il 10,5% delle famiglie italiane.
Di tutte le persone impiegate in questo servizio, circa tre quarti sono straniere e circa un terzo delle badanti di esse, il 35,6%, vive stabilmente presso la famiglia per cui lavora, dove si occupa dell'organizzazione della vita quotidiana e delle attività di cura: la gran parte (l'82,9%) si dedica alla pulizia della casa, il 54,3% prepara i pasti a pranzo e a cena, il 42,7% si occupa della spesa alimentare per la famiglia, il 49,5% accudisce gli anziani, il 32,4% assiste una persona non autosufficiente, il 28,8% fornisce specifica assistenza medica ad uno o più membri della famiglia. Inoltre, più di un terzo delle badanti straniere può pensare ad un progetto di vita in Italia in quanto si tratta di cittadine di un Paese membro dell'Unione europea. Il resto di esse deve fare i conti con il periodico rinnovo del permesso di soggiorno o si trova in condizione di irregolarità. E ciò, sottolinea il Censis, malgrado si tratti di persone che vivono ormai stabilmente in Italia, in media da 7 anni e mezzo, e svolgono tale attività mediamente da 6 anni e 5 mesi.

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