mercoledì 28 gennaio 2009

Usi e significati del termine globalizzazione (prima parte)




Tra le tante parole nuove che tentano di dare un qualche senso ai tempi che stiamo vivendo, la parola globalizzazione merita certamente un posto d'onore. Questa parola, balzata prepotentemente all'attenzione di analisti, giornalisti, economisti, politici, è entrata con grande velocità anche nel linguaggio comune.
Per quanto le sue capacità esplicative siano limitate – e alcuni analisti avvertono della scarsa rilevanza euristica del termine -, questo concetto ha scavalcato i più appartati scambi accademici ed è entrato prepotentemente nel dibattito pubblico più ampio, così che nel lessico corrente sta ad indicare processi che investono il mondo intero, appunto nella sua globalità, alludendo al contempo anche alla cifra complessiva che connota la contemporaneità.
Se c'è un'immagine, dunque, che sembra avere la capacità di contrassegnare i tempi che stiamo vivendo, vale a dire quella di un'era globale che coinvolge l'intero pianeta, quella della globalizzazione sembra in grado di suggestionare sia molti teorici che l'opinione pubblica meno avvezza alle raffinate analisi e ai grandi affreschi storici.
Quello che tenteremo con questo intervento è di tracciare una prima road map per orientarci tra i vari significati che il termine ha via via assunto in ambiti disciplinari diversi, al fine di vedere se e in quali termini esso possa essere utile a fornire un'immagine condivisa per la nostra epoca.

Una prima definizione generica di globalizzazione
Una prima, approssimativa, definizione vede la globalizzazione come un processo storico, iniziato da qualche decennio nell'Occidente opulento, di progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali sino ad un livello di tale ampiezza che tendenzialmente arriva a coincidere con l'intero pianeta.
La crescita esponenziale di interrelazioni globali comporta anche interdipendenza globale, per cui può accadere che eventi che si verificano in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni anche in un altro angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi.
Più nel dettaglio, la globalizzazione comprende al suo interno un insieme di fenomeni di elevata intensità e rapidità su scala mondiale, in campo economico, sociale, culturale e ideologico, tendenti a superare le barriere materiali e immateriali (giuridiche, culturali, simboliche) alla circolazione di persone, cose, informazioni, conoscenze e idee.
Pur essendo prevalentemente riferita al campo economico, i fenomeni che vi sono generalmente associati al termine globalizzazione non sono solo economici. Essa ha a che fare sia con le relazioni economiche e finanziarie che con le comunicazioni e l'informazione.
La gran parte degli analisti che si sono cimentati nella ricostruzione degli eventi all'origine del fenomeno della globalizzazione, collocabile per la sua genesi intorno alla fine del 1980, hanno ipotizzato che alcuni eventi storici siano in qualche modo collegabili all'affermazione e all'accelerazione dei processi di interrelazione sistemica tra società ed economie sino ad allora differenziate:
- un ciclo politico-economico nei paesi capitalisti di forte ampliamento della sfera economica privata e un forte ridimensionamento dell'intervento diretto della mano pubblica sia per ciò che riguarda le economie nazionali che le relazioni economiche internazionali;
- la crisi irreversibile e la fine dei sistemi socialisti in Europa orientale, e in particolare del paese guida del sistema socialista mondiale, l'Unione Sovietica;
- la rapida crescita e diffusione di nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni sia nelle attività economiche che nella vita quotidiana, in grado di ridurre drasticamente i tempi, i costi e altri ostacoli tecnici delle comunicazioni a grande distanza.

Tuttavia, in senso strettamente economico-finanziario, la globalizzazione è più precisamente un processo di integrazione economica mondiale, e si manifesta con l'eliminazione di barriere di natura giuridica, economica e/o culturale, alla circolazione di persone, cose e beni economici.
Accanto all'eliminazione delle barriere materiali ed immateriali, con la globalizzazione si assiste, inoltre, all'ampliamento su scala internazionale delle opportunità economiche (aumento di investimenti, produzione, consumo o risparmio in altre realtà economiche), in particolare in relazione alle condizioni di prezzo o di costo.
I settori economici più strutturalmente modificati da questi processi sono quelli legati al commercio internazionale e ai mercati finanziari. In particolare proprio i mercati finanziari, per la loro forma organizzativa e per la particolare natura dei titoli trattati, sono maggiormente sensibili e facilitati nella ricerca di opportunità economiche vantaggiose, e nel contempo hanno potuto sfruttare al massimo grado le innovazioni telematiche per soddisfare queste esigenze.
Una delle conseguenze che i critici più radicali della globalizzazione hanno ritenuto pericolosa, riguarda proprio l'applicazione pedissequa dei principi del liberismo economico, cioè di quel principio che vede nei processi autoregolativi del mercato il miglior sistema di distribuzione della ricchezza, poiché esso porterebbe con sé il miglior rapporto tra fattori produttivi, costi e prezzi finali. Ma considerare il mondo come un unico mercato, in cui astrattamente calare le dottrine iperliberiste del laissez faire, interpretandolo appunto solo come un mercato e come fattore produttivo, significa non tenere conto della diversità delle legislazioni nazionali in tema di tutela del lavoro, della sicurezza, dell'ambiente, ecc.
Le conseguenze di questi processi di sfruttamento sono state un gioco al ribasso in termini di rispetto del lavoro e di salari dignitosi, la delocalizzazione massiccia verso paesi che offrono lavoro a basso costo, scarsi controlli ambientali, nessuna sindacalizzazione e regimi fiscali sgangherati o corrotti. In definitiva, un nuovo sistema di colonizzazione per via economica e non più per via militare; molto più conveniente in termini di accumulazione della ricchezza ma senza gli “effetti collaterali” dell'occupazione militare.

(continua)

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