sabato 28 marzo 2009

Economia sostenibile e nuovi lavori. Dalla Green Economy ai green works


Tra i primi atti della Presidenza Obama, una delle decisioni più importanti prese dal neo-Presidente riguarda l'avvio della cosiddetta green economy, l'economia verde.(1)

Benchè molti commentatori abbiano puntato la loro attenzione sull'immane quantità di aiuti al sistema produttivo industriale e bancario statunitense ormai al collasso, pochi si sono soffermati su quello che è possibile considerare un mutamento culturale strutturale di ciò che si intende per sviluppo e su ciò che, alla luce di una delle più grandi crisi economiche della storia recente, può costituire una strada percorribile per creare nuova occupazione.

Molte, troppe volte, gli ecologisti e gli ambientalisti sono stati considerati delle cassandre, iscritte di diritto al partito del no, partigiani irriducibili della natura e dell'ambiente di fronte all'avanzata dello “sviluppismo”, ideologia non riconosciuta dello sviluppo e dell'aumento della produttività a tutti i costi.
Dopo qualche decennio di battaglie culturali e politiche, forse si può convenire, con i sostenitori delle ragioni dell'ambiente e dei critici della crescita a tutti i costi del PIL, che non si può pensare in assoluto alle ragioni dell'economia senza tener conto dell'evoluzione delle tecnologie e della qualità della vita. (2)
Questo perché l'uso sconsiderato dell'ambiente ha un costo, che finora, tra l'altro, è stato sostenuto dalla collettività: ciascun cittadino, per la sua parte, ha pagato i conti dei disastri ambientali provocati da uno sviluppo incontrollato. E, come spesso accade, solo di fronte alle catastrofi e alle grandi crisi, c'è la possibilità, se si è capaci, di apprendere una così dura lezione.
E veniamo quindi ad alcuni dei cosiddetti nuovi lavori, come quello dei consulenti ambientali.

Negli ultimi decenni, per evitare il ripetersi di spaventosi errori e disastri ambientali, la normativa in questo campo è cresciuta sempre più, sotto la spinta dell'opinione pubblica e delle tecnocrazie europee, indicando via via nuovi obblighi per le imprese, che devono dotarsi di più stringenti sistemi di sicurezza, di riduzione dei consumi, di controllo delle emissioni.
Proprio per la complessità di queste normative – si stima che l'insieme delle norme in materia ambientale: dell'Ue, nazionali, regionali, norme tecniche, circolari e regolamenti sia di circa 40.000 provvedimenti – c'è sempre più bisogno di figure professionali ad hoc, come i consulenti ambientali. Il problema è che, come accade spesso per le nuove professioni, i percorsi formativi non sono ancora standardizzati e le specializzazioni universitarie e di alta formazione stentano a farsi riconoscere come adeguate.

Quali altre figure di tecnici possiamo trovare in questi nuovi settori, quali sbocchi occupazionali trovano?
Prima di tutto, troviamo figure professionali che, pur perfettamente integrate nell'industria più tradizionale, come la chimica o la meccanica, hanno un profilo professionale di stampo più ecologico:
- gli addetti alla sicurezza, tecnici o ingegneri, che verificano la sicurezza degli impianti e dei processi produttivi;
- i regulatory affaires, chimici o biologi che conoscono le normative che regolano le autorizzazioni e i controlli previsti per le nuove sostanze da immettere sul mercato;
- gli energy managers, ingegneri o chimici che ottimizzano i processi produttivi per ridurre le emissioni di CO2;
- il consulente per il trasporto di merci pericolose;
- i ricercatori che sviluppano processi a basso impatto ambientale e studiano la riduzione dei rifiuti e degli imballaggi.

Forse un cambiamento strutturale è avvenuto anche dal lato del consumo – e non solamente nel mondo produttivo che è stato costretto ad adeguarsi ad una normativa sempre più stringente in campo ambientale.

Secondo un recente studio della Coldiretti-Swg la green economy inizia a tavola, in virtù della richiesta crescente di cibi più sani e di chiara derivazione biologica. (3)
La spesa cosiddetta sostenibile, quella che ricerca prodotti con elevata sicurezza alimentare, rifiuta gli additivi chimici e i coloranti, è cresciuta, nonostante la crisi, del 23%. Tutto il mercato cosiddetto bio, nel nostro Paese, è cresciuto in modo imponente, con un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro e con più di 6000 imprese specializzate, con un milione di ettari coltivati, tanto da essere i primi produttori in Europa e quinti nel mondo. E visto che sono molte le famiglie attente alla sicurezza alimentare, soprattutto nei confronti dell'infanzia, ecco che un settore di nicchia si sposta verso settori di mercato con grandi numeri. Abbastanza significativo è il caso delle mense scolastiche che si stanno convertendo al cibo naturale; anche i grandi produttori stanno proponendo linee di prodotto biologico, modificando di conseguenza anche la grande distribuzione.
A queste richieste, che sono il frutto di un mutamento significativo negli stili di consumo, fanno riscontro quindi le nuove professioni, nate per fare fronte ad un mutamento della domanda e come evoluzione di un settore che si sta specializzando sempre più in produzioni attente alla qualità, alla tracciabilità alimentare, alla sicurezza.
Questo spiega la prevalenza delle nuove figure professionali riconducibili al settore agricolo, di elevata formazione e specializzazzione.
Altre forme di imprenditorialità sono invece legate a bisogni ricreativi e informatvi, come le fattorie didattiche o gli agriturismo, e anche queste esperienze stanno aprendo la strada a nuove occupazioni.

Più generalmente, quindi, in tutti i settori, dalla produzione ai servizi, dal terziario all’agricoltura, sono diffusi e impiegati i cosiddetti ecolavoratori.
Il Green Work, come abbiamo visto, è un tipo di lavoro con un livello medio-alto di retribuzione, che ha richiesto una formazione elevata, a forte specializzazione e contemporaneamente con competenze trasversali a varie discipline.
La più puntuale ricognizione e classificazione di figure professionali in questo settore è reperibile alla banca dati elettronica Ifolam, a cura dell'Isfol.
In questa Banca dati è possibile trovare un incrocio immediato tra le esigenze formative, i bisogni espressi e le offerte formative disponibili, dalla formazione curriculare all'alta formazione, suddivise per territorio e per ente erogatore. (http://www.ifolamb.isti.cnr.it/Ifolamb2008.html)

Le ricercatrici Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi, che studiano questi temi da molti anni, hanno condotto numerose ricerche sulle tendenze del mercato del lavoro ambientale e sulle sue peculiarità. (4)
L'integrazione virtuosa tra sistema produttivo e ambiente, passa anche attraverso una rivisitazione dell'offerta formativa, atttualmente in sofferenza per la proliferazione dei corsi di studio e degli insegnamenti.
Come ci hanno mostrato le ricerche dell'Isfol citate, spicca una certa autoreferenzialità dell'offerta a causa di una scarsa corrispondenza tra i percorsi realizzati e i bisogni espressi dal mercato del lavoro.
Inoltre, la formazione ambientale rischia di non svolgere il ruolo innovativo che le compete per la realizzazione di produzioni sostenibili, a causa di una ancora insufficiente integrazione e contaminazione dei saperi nelle pratiche formative.

Posto che l'aumento della sensibilità ambientale ha modificato il concetto delle politiche di sviluppo, modificando i modelli culturali e gli stili di consumo, è necessario che sia dedicata altrettanta attenzione alla costruzione di professionalità adeguate, in grado di configurarsi come agenti di cambiamento per lo sviluppo di società sostenibili.


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NOTE

1)Vedi il nostro intervento “Barack Hussein Obama. Un presidente nuovo nell'era della crisi globale" sul n° 55 di LPM dell'1/2/09. http://www.lavoropostmercato.org/rivista.php?art=495&arg=1
2)Cfr. Roberto Lorusso, Nello De Padova, DePiliamoci.Liberarsi del Pil superfluo e vivere felici, Editori Riuniti, Roma, 2007. Vedi anche il sito www.depiliamoci.it .
3)Vedi http://multimedia.coldiretti.it/Raccolta_Documenti_Forum_Cernobbio_2008/Cernobbio%20indagine%20Swg.pdf
4)Si veda il volume Isfol, Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi (a cura di), Formare per la complessità. Figure professionali e competenze sistemiche, Franco Angeli, 2005.
Segnaliamo che l'ultimo aggiornamento del sito http://www.ifolamb.isti.cnr.it/Ifolamb2008.html è del dicembre 2007. Sarebbe interessante sapere se queste ricerche e questi studi si sono interrotti e perchè.

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