sabato 7 marzo 2009

Usi e significati del termine globalizzazione (terza parte)


In relazione al tema dello sviluppo e dell'adeguatezza del nuovo modello di creazione e distribuzione della ricchezza, la globalizzazione presenta aspetti molto controversi, che sono oggetto di intensa discussione e contrapposizione sia tra gli studiosi che tra le forze politiche e sociali.

Come si è visto, essa non è il frutto di una precisa scelta politica o economica, ma piuttosto un processo in larga misura spontaneo e poco controllabile, che ha come epicentro i paesi occidentali. Per gli altri paesi, popoli e culture il problema è se e in quale misura partecipare a tale processo, o ad alcuni suoi aspetti.

Secondo alcuni studiosi, un serio problema è costituito dal fatto se esista la possibilità di sottrarsi alla globalizzazione. I principali sostenitori della partecipazione alla globalizzazione si rifanno alla visione liberista delle relazioni internazionali, imperniata, come abbiamo accennato, sui vantaggi del libero scambio.

Negli anni '80 e '90 tale visione è stata sostanzialmente fatta propria dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) e dalla World Bank (Banca Mondiale) nelle loro politiche di intervento.
Secondo questa visione, per i paesi in via di sviluppo (PSV), l'accesso alle risorse produttive e finanziarie dei paesi più ricchi è favorito dagli scambi commerciali e finanziari coi mercati dei paesi ricchi, in quanto essi potrebbero costituire un mercato di sbocco per le loro produzioni interne.
Così, anche l'integrazione economica nel sistema mondiale è un mezzo per ottenere, più rapidamente e a minor costo, nuove tecnologie e innovazioni tecnologiche;
In secondo luogo, la mobilità delle persone e l'accesso ai sistemi formativi di altri paesi accelerano la formazione e il miglioramento del capitale umano, favorendo anche per questa via l'innovazione tecnologica e il miglioramento delle condizioni di vita del paese.
Infine, sostengono i teorici del libero scambio, l'inserimento organico del sistema politico ed economico di un paese in quello internazionale rafforzerebbe la difesa dei diritti civili, limitando la capacità di controllo autoritario della società civile, vincolando i governi a comportamenti responsabili.

Come si vede, il modello proposto dal Fmi salda insieme libero commercio, libera circolazione e libertà civili e politiche, con un aumento dei processi di democratizzazione secondo il modello liberale occidentale.
Quanto questo “suggestivo” manifesto del liberismo si sia trasformato in aumento della democrazia e dei diritti nel mondo, lo lasciamo al libero apprezzamento dei lettori.
Comunque, a fronte di questi aspetti che si possono interpretare in modo divergente, il coinvolgimento nel processo di globalizzazione solleva numerosi problemi che richiedono interventi correttivi.

Alcuni importanti economisti, tra cui Joseph E. Stiglitz, premio Nobel per l'economia nel 2001 hanno sostenuto che dopo i vari processi di liberalizzazione avviati dai paesi industrializzati, i mercati internazionali, e in particolare i mercati valutari e i mercati finanziari, sono diventati molto instabili. Si è spesso verificato che le risorse economiche e finanziarie affluite in abbondanza a sostegno delle politiche di sviluppo possono essere sottratte in modo imprevedibile e disastroso in seguito a crisi valutarie o crisi finanziarie, come sta avvenendo anche in questo periodo. Inoltre, le risorse per lo sviluppo offerte dai mercati internazionali non solo non danno garanzie sufficienti di essere utilizzate in maniera economicamente e socialmente equilibrata ed equa, ma i paesi che più si sono giovati delle opportunità offerte dall'accesso ai mercati internazionali hanno avuto tassi di crescita elevati, ma a smentire i fautori del legame che vede un nesso causale tra aumento della ricchezza prodotta e diffusione della democrazia. anche un aumento delle disuguaglianze sociali.
Insomma, dicono i critici del pensiero unico del FMI come l'autorevole economista che abbiamo citato, la globalizzazione può offrire importanti opportunità per la crescita economica a patto che venga attuata una riforma del sistema monetario internazionale e vengano reintrodotti sistemi nuovi e più efficienti di regolazione dei mercati valutari e finanziari.

Un terzo gruppo di studiosi, che annovera al suo interno economisti come W. Sachs o S. Latouche, sulla base di un forte richiamo alle teorie anticapitalistiche sulle cause e sui rimedi alla povertà nei paesi in via di sviluppo, si schiera decisamente contro i processi attuali della globalizzazione e per un rifiuto degli attuali rapporti economici internazionali.
I principali argomenti a sostegno del rifiuto della partecipazione ai processi di globalizzazione per i paesi più poveri sono in sintesi i seguenti:

a) rischi autoritari: la partecipazione al sistema internazionale può limitare fortemente e in maniera incontrollabile la capacità di autodeterminazione dei popoli, la partecipazione democratica alle decisioni pubbliche, la libertà di scelta dei governi democratici;

b) rischio del pensiero unico: i vantaggi della globalizzazione hanno come riferimento il modello di vita occidentale e tutti gli obiettivi di sviluppo sono coerenti con questo modello. Si possono ipotizzare criteri di benessere economico diversi, che necessitano di mezzi diversi o alternativi da quelli offerti dalla globalizzazione. La celebre definizione della decrescita di Latouche e i vari interventi teorici e politici che ne sono seguiti, si inscrivono in questa critica di fondo alla centralità del PIL e al modello della crescita illimitata, dello sviluppo infinito e della inesauribilità delle risorse.

c) omologazione culturale: l'accesso alle risorse della globalizzazione – e al modello culturale che vi è sotteso - comporta sempre più dipendenza e omologazione al sistema di vita occidentale, con la conseguente distruzione dei modelli di vita locali e delle relative risorse umane, culturali e ambientali.

(continua)

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